Quarant’anni dall’Operazione Entebbe, una missione impossibile

Israele

di Nathan Greppi

I passeggeri del volo Air France dirottato a Entebbe dopo il slavataggio
I passeggeri del volo Air France dirottato a Entebbe dopo il salvataggio

“Una missione impossibile”: questo il titolo in prima pagina del Daily Mail il giorno dopo l’Operazione Entebbe. “Nessun paese al mondo avrebbe osato tentare una simile operazione, in quanto era veramente impossibile. Ma Israele ha osato, e ha vinto”. Non è un caso che il premier Benjamin Netanyahu, anche per dare inizio a un tour per rafforzare i legami con i paesi dell’Africa orientale, è atterrato Lunedì 4 Luglio in Uganda, dove suo fratello Yonatan perse la vita.

Tutto ebbe inizio il 27 Giugno 1976, quando un aereo Air France partito dall’Aeroporto Ben Gurion fece scalo ad Atene per poi dirigersi verso Parigi. A bordo si erano imbarcati 248 passeggeri di 12 nazionalità diverse, oltre a 12 membri dell’equipaggio. Purtroppo l’aereo non arrivò a destinazione: infatti, verso le 12:35, esso fu dirottato da quattro terroristi, due palestinesi e due tedeschi imbarcati ad Atene, affiliati a organizzazioni comuniste quali l’FPLP e la Revolutionare Zellen.

I dirottatori fecero atterrare l’aereo dapprima a Bengasi, in Libia, dove godevano dell’appoggio di Gheddafi. Dopo una sosta di sette ore, durante le quali ottennero rifornimenti e liberarono una donna incinta, ripartirono per atterrare, alle 3:15 del 28 Giugno, all’Aeroporto di Entebbe, in Uganda. Qui il commando terrorista godeva del sostegno dell’allora dittatore Idi Amin Dada, e trovò altri complici ad aspettarlo. Il 29 Giugno i terroristi procedettero a separare tutti i passeggeri ebrei (israeliani e non) dai non ebrei, permettendo a questi ultimi di ripartire. Un dettaglio che vale la pena di ricordare fu che, durante la separazione degli ostaggi, un superstite della Shoah mostrò al terrorista tedesco Wilfred Bose il numero tatuato sul braccio, al che quest’ultimo urlò: “Non sono un nazista! Sono un idealista!”.

Nel frattempo, già il 28 Giugno i dirottatori avevano comunicato le loro condizioni: Israele doveva liberare 40 terroristi palestinesi e filopalestinesi detenuti nelle proprie carceri entro il primo di Luglio, altrimenti avrebbero iniziato a uccidere gli ostaggi. Tra il 30 Giugno e l’1 di Luglio vennero liberati quasi tutti gli ostaggi non israeliani, che vennero messi su un volo per Parigi. In questo modo, a Entebbe rimasero circa 94 ostaggi, per la maggior parte israeliani, assieme all’equipaggio dell’Air France che si era rifiutato di abbandonarli al loro destino.

Il vecchio terminal dove vennero tenuti gli ostaggi
Intanto le autorità israeliane avevano tentato di far liberare gli ostaggi attraverso la diplomazia, chiedendo sia al segretario di stato americano Henry Kissinger sia al presidente egiziano Anwar Al Sadat di fare da intermediari, ma ottenendo solo di posticipare la data prima che i terroristi iniziassero le esecuzioni. Quando capirono di non poter liberare gli ostaggi con il dialogo, gli israeliani cercarono di elaborare un piano per liberarli con un’operazione militare. Per poterlo attuare chiesero aiuto all’allora presidente kenyota, Jomo Kenyatta, per consentire loro di far atterrare gli aerei in Kenya per i rifornimenti. Come racconta il Jerusalem Post, Kenyatta si fece convincere dal suo Ministro dell’Agricoltura Bruce MacKenzie, che per questo venne ucciso due anni dopo da una bomba piazzata sul suo aereo privato per ordine di Amin.

Un altro fattore senza il quale forse l’operazione non avrebbe avuto successo fu che il terminal dov’erano tenuti gli ostaggi era stato costruito dalla Solel Boneh, un’azienda edilizia israeliana che negli anni 60’ e 70’ aveva operato in molti paesi africani. Utili furono anche le testimonianze dei passeggeri che erano stati già liberati, che fornirono informazioni al Mossad riguardo al numero dei terroristi e delle loro armi.

E infine arrivò il giorno dell’operazione. La task force era formata da oltre 100 soldati, di cui la maggior parte erano divisi in due gruppi: le truppe d’assalto guidate da Yonatan Netanyahu e facenti parte dell’unità speciale nota come Sayeret Matkal; truppe di paracadutisti e della fanteria Golani per difendere le posizioni, rifornire gli aerei ad Entebbe ed evacuare gli ostaggi. Gli aerei atterrarono ad Entebbe alle ore 23 del 3 Luglio. Fecero scendere una Mercedes nera volendo far credere che fosse quella di Amin, e due Land Rover identiche a quelle della sua scorta (dove erano anche travestiti con le uniformi ugandesi); quando le sentinelle videro le macchine arrivare si insospettirono e ordinarono alle auto di fermarsi, al che il gruppo d’assalto li eliminò. Una volta arrivati al terminal i soldati uscirono dalle macchine ed entrarono gridando agli ostaggi “State giù! State giù! Siamo soldati israeliani!” in inglese e in ebraico. Uno degli ostaggi, che forse non aveva capito, si alzò, e i soldati lo uccisero scambiandolo per un terrorista. Inoltre, altri due ostaggi morirono nello scontro a fuoco che ne seguì. In seguito i soldati uccisero prima Bose poi tutti gli altri dirottatori, e distrussero i jet ugandesi per evitare eventuali inseguimenti.

yonatan-netanyahuIl comandante Yonatan “Yoni” Netanyahu
Una volta usciti dal terminal, i soldati iniziarono a far imbarcare gli ostaggi; tuttavia, in quest’occasione dovettero difendersi dai soldati ugandesi che sparavano dalla torre di controllo. Gli israeliani ne uscirono vincitori, ma non senza un prezzo: il comandante Yonatan rimase ucciso, e altri cinque soldati rimasero feriti. Inoltre un quarto ostaggio, Dora Bloch, che era stata ricoverata in ospedale prima del raid, venne uccisa dai militari ugandesi per vendetta.

Anche se negli anni successivi sono stati compiuti tanti gesti eroici simili in Israele e nel mondo, dopo 40 anni l’Operazione Entebbe (detta anche Mivtsa Yonatan in memoria del comandante caduto) viene ancora ricordata in modo speciale, tanto da ispirare molti film, per ricordarci che non bisogna mai perdere la speranza, nemmeno nelle situazioni più critiche.