Rawabi: la città nuova

Israele

di Luciano Assin

Ottimisti si nasce e io, modestamente, “lo nacqui” tanto per parafrasare una famosa frase di Totò. Del resto anche Jovanotti ci dice di “pensare positivo” così che ogni settimana mi do da fare per trovare qualche spunto interessante che non faccia che rafforzare il mio irrimediabile ottimismo. E devo dire che gli argomenti non mancano, anzi. È il caso di Rawabi, la nuova città palestinese in fase di costruzione avanzata, situata all’interno dell’Autorità Palestinese a pochi minuti di macchina da Gerusalemme, Nablus e Ramallah. Rawabi è una città completamente nuova, la prima città palestinese pianificata fin nei minimi particolari completamente in antitesi con i conglomerati di case e la confusione che caratterizzano gli altri centri abitati.

La nuova città è progettata per ospitare 40 mila abitanti, prevalentemente accademici, liberi professionisti e ceto medio. I prezzi sono decisamente abbordabili, 60 mila euro per un appartamento di 115 metri quadri, una cifra ridicola rispetto ad un medesimo appartamento in Israele. Nonostante il target sia soprattutto composto da una famiglia composta da genitori e tre figli, una fetta non indifferente degli appartamenti, il 13 per cento, è stato acquistato da single, in prevalenza donne con un alto livello di istruzione.

Il promotore di un progetto così ambizioso è Bashar Masri, multimilionario palestinese in società con una società edilizia di Doha, la capitale del Qatar. Si parla per il momento di un investimento di 850 milioni di dollari destinato a crescere con l’aumento della domanda. La parte più interessante di tutto il progetto è costituita dalle migliaia di posti di lavoro che un’iniziativa del genere produce.

Il circondario di Rawabi è composto da villaggi con un livello di vita decisamente basso anche per gli standard palestinesi, i nuovi posti di lavoro non faranno che aumentare il tenore di vita e indirizzare la società palestinese verso un’economia più moderna e imprenditoriale, l’unica vera alternativa al fanatismo religioso e alla rassegnazione di chi considera il proprio destino immutabile e predeterminato, o come si dice da queste parti “maktub”.

Uno degli obiettivi più ambiziosi della nuova città è quello di diventare la capitale dell’Hi Tech palestinese sfidando così l’egemonia israeliana nel settore. Se queste sono le nuove guerre da combattere ben vengano.

Ottimista dicevo prima, ma anche realista. Un’iniziativa del genere non poteva non essere ostacolata dalle procedure burocratiche e dalla politica. Gli ostacoli principali da affrontare e da risolvere sono sostanzialmente due: la costruzione di una strada a scorrimento veloce che colleghi Rawabi con Ramallah e Nablus, e l’allacciamento alla condotta idrica palestinese. Entrambi i progetti devono in parte passare nella zona C, territorio sotto il pieno controllo israeliano, ed il fatto che non si sia ancora trovata una soluzione a dei problemi relativamente semplici la dice lunga sulla volontà politica dell’attuale governo.

Rawabi, “colline” in arabo, è il nuovo volto della realtà palestinese. Una realtà moderna, dinamica e giovane. È il volto di una borghesia sempre più vicina ai valori occidentali, una borghesia da incoraggiare e sulla quale puntare. La politica passa obbligatoriamente per l’economia, e chi ha tanto da guadagnare ha poca voglia di perdere. Il successo di Rawabi sarà anche il successo di chi ancora crede in una soluzione ragionevole e soddisfacente del conflitto in corso.

Inguaribile ottimista, l’ho già detto per caso?

Luciano Assin