di Avi Shalom
Qualcosa di profondo e’ cambiato in Abu Mazen, il presidente palestinese serafico ed accondiscente, quello che sembrava ‘il buon zio di Ramallah’.
Schierato nell’ultimo decennio con le forze pragmatiche – in particolare con Stati Uniti, Egitto e Giordania – ed efficiente nella stabilizzazione della Cisgiordania in cooperazione con Israele, il presidente dell’Anp cambia adesso cavalli. Forse e’ stata una scelta obbligata, alla luce dei sommovimenti regionali.
Questa settimana dunque Abu Mazen ha sotterrato l’ascia di guerra con Hamas in una cerimonia orchestrata dall’intelligence militare dell’Egitto. Nella sala del Cairo, attorno a lui, c’erano nuovi ‘compagni di viaggio’: oltre al filo-iraniano leader di Hamas Khaled Meshal, i dirigenti dell’Egitto post-Mubarak, ed il ministro degli esteri turco.
Una lista di invitati eloquente. Anche senza sentire l’audio della trasmissione televisiva di al-Jazira si comprendeva perfettamente che con una squadra cosi’ ogni ipotesi di futuro negoziato di pace con Israele e’ sepolta anch’essa, assieme con i passati rancori con Hamas. Abu Mazen ora vuole mettere Israele di fronte a un fatto diplomatico compiuto: una dichiarazione all’Onu a favore di uno Stato palestinese indipendente, entro le linee armistiziali in vigore fino al 1967.
Di fatto e’ il requiem degli accordi di Oslo, che prevedevano il ripudio definitivo della violenza (e l’intesa con Hamas va giusto nella direzione opposta) e il raggiungimento di un accordo definitivo di pace solo e soltanto mediante trattative.
In un’intervista a Newsweek Abu Mazen ha anche spiegato quando, in lui, si e’ rotta con precisione la molla filo-americana: quando a gennaio ha visto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama indicare la porta di uscita al presidente Hosni Mubarak. In precedenza anche Abu Mazen stesso si era sentito tradito dagliUsa, che gli avevano consigliato di condizionare la ripresa di trattative con Israele ad un congelamento totale delle colonie. ‘Poi gli Stati Uniti si sono rimangiati le loro parole, e mi hanno lasciato in cima ad un albero, senza una scala con cui scendere. Mi hanno detto: Ora salta a terra…’.
L’uscita di scena di Mubarak lo ha costretto a cercare nuovi appoggi con la giunta militare egiziana, che mostra grande animosita’ nei confronti di Israele. Intanto le rivolte arabe hanno eccitato i giovani palestinesi nei Territori che hanno inscenato manifestazioni popolari a sostegno di una riunficazione fra Hamas ed al-Fatah. Infine a Damasco i dirigenti di Hamas hanno visto con grande apprensione che il loro ‘padrino’ Bashar Assad era impegnato alla spasimo per tenere in vita un regime ormai apertamente odiato dal suo popolo. Anche Hamas e’ stato allora costretto a ‘balzare a terra dalla cima del suo albero’.
Se questa riconciliazione forzata fra Hamas e al-Fatah prendera’ quota, non e’ chiaro. Quello che e’ certo che le relazioni fra Israele e Anp sono adesso messe a dura prova.