di Giovanni Panzeri
Nel corso di una seduta plenaria la Corte Suprema di Israele ha votato per abrogare il decreto sul principio di “ragionevolezza” emanato lo scorso luglio dal governo dello Stato ebraico.
Un emendamento alle leggi fondamentali di Israele fortemente voluto dal primo ministro Netanyahu e, finora, l’unico elemento del suo progetto di riforma giudiziaria ad essere stato tradotto in legge.
Il voto, tenuto nella giornata di lunedì 1 gennaio, ha visto la corte dividersi quasi a metà, con 8 giudici favorevoli e 7 contrari, e rappresenta il culmine di un conflitto politico che ha polarizzato l’opinione pubblica israeliana nel corso del 2023, per passare in secondo piano solo dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre.
Come riporta il Times of Israel, il risultato del voto ha assunto un’importanza storica visto che “per la prima volta nella storia del paese, la Corte ha deciso di abrogare una delle leggi fondamentali d’Israele, che hanno valore quasi-costituzionale”.
Nonostante le divisioni sul decreto la netta maggioranza dei giudici, 13 su 15, si è espressa chiaramente a favore del diritto della Corte Suprema di sottoporre a revisione le leggi fondamentali d’Israele e di intervenire per abrogarle, seppur solo nel caso, come riporta ancora il ToI, “che queste ultime rappresentino una minaccia per la natura ebraica e democratica dello Stato d’Israele”.
Ciò è importante perché conferisce un chiaro precedente legale a posizioni che fino ad allora erano state espresse da una parte della Magistratura, in particolare l’ex presidente della Corte Suprema Ester Hayut, secondo cui il diritto della Corte di preservare l’inviolabilità del carattere ebraico e democratico dello stato contro eventuali eccessi del governo è riconosciuto non solo dalle leggi fondamentali già esistenti ma dagli stessi principi alla base della Dichiarazione d’Indipendenza del 1948.
“Mi sembra chiaro che questo emendamento alle leggi fondamentali sul sistema giudiziario sia incompatibile con alcuni dei principi fondamentali del nostro sistema democratico: la separazione dei poteri e il primato della legge- ha affermato la giudice Hayut – Non possiamo permetterlo. (…) Per questo oggi compiamo un passo in più e decretiamo il diritto della Corte Suprema di intervenire sulle leggi fondamentali i cui effetti eccedono l’autorità della Knesset”.
A questa visione si oppongono le posizioni dei giudici tendenzialmente più conservatori, come Noam Sohlberg e David Mintz.
Mintz in particolare ha a sua volta accusato la giudice Hayut di minare la democrazia e di stravolgere il principio della separazione dei poteri, sostenendo che il decreto sulla ragionevolezza “non garantisce al governo una completa impunità”.
“Annullare una legge fondamentale sulla base di una dottrina senza fondamento- ha affermato inoltre Mintz – rappresenta un serio pericolo per la democrazia, soprattutto se, come in questo caso, la Corte stessa si trova in un chiaro conflitto di interessi istituzionale”.
Le conseguenze della decisione, scrive il Guardian, potrebbero riaprire la crisi interna mentre “ combatte a Gaza e fronteggia una possibile escalation regionale del conflitto”.
Netanyahu si è per ora rifiutato di rilasciare dichiarazioni sull’argomento, ma il suo partito, Likud, e il ministro della Giustizia Levin hanno accusato la Corte di andare contro “lo spirito di unità nazionale”.
Un altro membro del governo, il ministro per la Sicurezza Ben-Gvir, ha definito la decisione “un evento pericoloso e anti-democratico” che potrebbe minare il morale dei soldati israeliani.
Il leader dell’Opposizione nella Knesset Yair Lapid, ha invece dato pieno appoggio alla decisione. “La Corte ha fatto il suo dovere- ha affermato – ha protetto i diritti dei cittadini israeliani. Se il governo ricomincia ad attaccare i giudici, è chiaro che non ha imparato nulla dal 7 Ottobre”.