Riforma giudiziaria: mentre le proteste scuotono il paese, la Knesset passa un ddl che limita il potere della corte suprema su “ufficiali eletti”

Israele

di Giovanni Panzeri
Migliaia di cittadini israeliani sono scesi in strada durante la giornata di martedì 11 luglio, per manifestare in quella che si può definire la ventisettesima settimana di proteste contro il tentativo del governo di riformare il sistema giudiziario.

Le proteste si sono svolte in modo prevalentemente pacifico, e solo verso la fine della giornata si sono verificati alcuni scontri con la polizia, che ha deciso di usare cannoni ad acqua e maniere forti per disperdere i partecipanti, causando una dozzina di feriti e arrestando oltre 70 persone su tutto il territorio nazionale.

I manifestanti hanno bloccato diverse strade e piazze, cercando di circondare l’aeroporto di Ben Gurion, per protestare contro il disegno di legge che la Knesset ha approvato, nella prima di tre votazioni, durante la seduta di lunedì.

La proposta di legge eliminerebbe il diritto della Corte Suprema di revocare o discutere, secondo il ‘principio di ragionevolezza’, le decisioni del governo, di ministri o di altri, non ben specificati, ufficiali eletti.

Il principio di ragionevolezza

Il principio di ragionevolezza è uno strumento legale che consente alla corte di abrogare decisioni o nomine governative e amministrative se ritiene che le implicazioni di quelle decisioni non siano state considerate a dovere, anche se queste ultime non violano leggi particolari o provvedimenti presi in precedenza.

Il principio è sempre stato oggetto di un acceso dibattito: gli oppositori, soprattutto tra i conservatori, lo considerano un appropriamento arbitrario del potere politico da parte dei membri di un’istituzione non eletta, che non preserva in nessun modo i diritti più importanti, già difesi dalle leggi fondamentali di Israele.

I sostenitori del principio affermano, al contrario, che è un baluardo contro la corruzione, contro la volontà del governo di rivalersi su ufficiali pubblici ritenuti scomodi, ed è fondamentale per la protezione di alcuni diritti non riconosciuti espressamente dalla legge israeliana: ad esempio l’equità nella pianificazione della costruzione di edifici e la salvaguardia ambientale.

Grazie a questo principio lo scorso gennaio la corte ha costretto Netanyahu a congedare Aryeh Deri, leader del partito politico Shas, dal ruolo di ministro della Salute e dell’Interno a causa delle sue passate condanne per corruzione ed evasione fiscale.

Un altro punto ferocemente dibattuto del recente disegno di legge è la vaghezza del riferimento ad “altri ufficiali eletti” che, secondo l’opposizione, potrebbe includere sindaci e ufficiali locali, nonostante le dichiarazioni di segno contrario del governo. Lo stesso Netanyahu, riporta il Times of Israel, avrebbe ordinato a Simcha Rothman, il parlamentare della coalizione a capo del comitato responsabile della preparazione del testo, di chiarificare i termini. Tuttavia Rothman si è espressamente rifiutato di farlo, affermando che la vaghezza del riferimento faciliterebbe il ruolo del governo in caso si volesse modificare la legge per includere altre categorie di ufficiali.

La protesta dei riservisti

L’opposizione alla proposta di legge non si è tradotta solamente in proteste e in dibattiti parlamentari. Come negli scorsi mesi centinaia di riservisti hanno minacciato di lasciare i loro posti in protesta contro la riforma giudiziaria. 300 riservisti dedicati alla guerra informatica hanno firmato una lettera dichiarando che avrebbero cessato il loro servizio volontario.

“Il governo oggi ha dimostrato di voler distruggere lo stato d’Israele. Vuole trasformarlo in uno Stato debole, arretrato e corrotto” afferma la lettera “non possiamo affidare le nostre capacità informatiche ad un governo intenzionato a distruggere i fondamenti della democrazia”.

Altri riservisti, soprattutto piloti, hanno incontrato lunedì il capo dell’aviazione Tomer Bar, avvertendolo di un possibile sciopero di massa da parte dei volontari dell’aviazione in caso il governo continuasse a promuovere la riforma giudiziaria. “Abbiamo giurato di servire il regno” hanno affermato, secondo alcuni rapporti non confermati, “non il re”.

L’esercito israeliano fa molto affidamento sui suoi riservisti, ma molti di loro prestano servizio in maniera assolutamente volontaria, e non sono quindi direttamente perseguibili dall’esercito in caso si rifiutino di presentarsi.

Secondo il Times of Israel, durante un meeting la scorsa domenica, il ministro della Difesa Joseph Gallant ha chiarito ai suoi sottoposti che se un certo numero di riservisti in settori chiave avesse rifiutato il servizio, l’esercito israeliano non sarebbe stato più in grado di reggere la situazione.