di Ilaria Myr
Una settimana fa avevamo dato la notizia che circa 1200 giovani, ebrei beduini e arabi, hanno partecipato alla festa organizzata dall’azienda israeliana Sodastream contro ogni forma di razzismo e di intolleranza e contro il crescente terrorismo che colpisce vittime civili.
Ora, invece, solo sei giorni dopo, la fotografia di un’azienda in cui dominano convivenza e dialogo sembra sbiadire davanti al licenziamento degli ultimi 74 impiegati palestinesi dello stabilimento di Rahat, che hanno lasciato in lacrime i colleghi israeliani.
Una decisione, questa, dovuta al rifiuto del governo israeliano di prolungare il permesso di lavoro a queste persone e che, come emerge dai media israeliani, rientrerebbe nella volontà delle istituzioni di contenere la politica di immigrazione, dando maggiore lavoro agli israeliani. Il tutto, in un contesto reso ancora più difficile dalla crescente ondata di atti terroristici quotidiani, che vedono palestinesi della Cisgiordania protagonisti di attacchi contro ebrei israeliani.
Il primo a essere furioso, però, è lo stesso ceo dell’azienda, Daniel Birnbaum, che aveva fortemente voluto creare una “isola di pace“, fatta di collaborazione e uguaglianza, nello stabilimento di Mishor Adumim in Cisgiordania, dove su 1300 lavoratori 500 erano palestinesi della zona, 350 ebrei israeliani e 450 arabi israeliani. E che ora promette di non rinunciare ai suoi lavoratori, cercando di aiutarli a creare la loro fabbrica.
Ma è difficile non considerare anche il forte impatto della feroce campagna di boicottaggio iniziata nel 2014 dal movimento BDS contro l’azienda. Dal 2014, infatti, SodaStream è diventata l’obiettivo di una feroce campagna, che ha portato l’azienda a chiudere la propria fabbrica in Cisgiordania e a trasferirsi nel sud del Paese, a Rahat (e che ha colpito anche la testimonial pubblicitaria Scarlett Johansson). Qui hanno potuto continuare a lavorare solo 74 professionisti palestinesi, a fianco di 400 beduini del Negev.
Al momento di rinnovare i permessi ai lavoratori palestinesi, dunque, sotto la pressione del boicottaggio da un lato e del terrorismo dall’altro, il governo ha posto il suo rifiuto.
Inevitabile chiedersi, come fa il Times of Israel, quali siano gli effetti benefici del boicottaggio sui lavoratori palestinesi in israele. Per dirla con il giornalista David Horovitz: “I sostenitori di BDS dicono di agire per l’interesse dei palestinesi, soprattutto per la loro indipendenza. Ma è improbabile che le centinaia di impiegati palestinesi rimasti a casa senza lavoro la pensino in questo modo”.