di Anna Balestrieri
Quattro israeliani sono stati uccisi e altri quattro sono rimasti feriti nell’attacco di martedì 20 giugno ad Eli, Cisgiordania. I terroristi, identificati come Mohand Shahada e Khaled Sabah, sono entrati in un ristorante di una stazione di servizio (nella foto) e hanno ucciso quattro persone. Uno dei tiratori, Shahada, è stato colpito e ucciso da un civile armato, mentre Sabah è fuggito, ma è stato successivamente localizzato e ucciso dalle forze di sicurezza israeliane.
Questa sparatoria segue una serie di violenti incidenti in Cisgiordania negli ultimi giorni, tra cui un raid dell’esercito israeliano a Jenin in cui sei palestinesi sono stati uccisi e sette soldati dell’IDF sono rimasti feriti.
La situazione rimane tesa e si stanno prendendo misure di sicurezza, compreso il rafforzamento delle truppe nell’area. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che tutte le opzioni sono sul tavolo e Israele continuerà a combattere il terrorismo. L’attacco ha incancrenito la tensione già alle stelle nell’area da qualche mese. Il ministro della Difesa Yoav Gallant terrà una valutazione sullo stato della sicurezza e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha chiesto un’ampia operazione militare e la ripresa degli omicidi mirati in Cisgiordania. Ci sono state anche richieste per l’imposizione della pena di morte a coloro che sono stati condannati per terrorismo contro cittadini israeliani.
La sparatoria di martedì fa seguito a una serie di violenze in Cisgiordania nelle settimane precedenti.
Il 13 giugno i militari israeliani alla ricerca del militante palestinese Issam al-Salaj hanno fatto irruzione nel campo profughi di Balata, circondando un condominio di cemento. I militanti palestinesi hanno aperto il fuoco e lanciato ordigni esplosivi e pietre contro le truppe. Un diciannovenne, Fares Hashash, è stato ucciso. L’esercito israeliano ha ferito, secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, altri otto palestinesi, uno dei quali in gravi condizioni. Le forze di sicurezza israeliane si sono ritirate dal campo due ore dopo senza effettuare alcun arresto. Celebrazioni spontanee sono scoppiate nel quartiere colpito mentre i militari israeliani battevano in ritirata. Il presunto obiettivo del raid è stato inneggiato e portato in trionfo da una folla di uomini armati che inneggiavano “Allah haAkbar”!
Nello stesso giorno della sparatoria ad Eli, un ventenne palestinese è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco in scontri con l’esercito israeliano nella città di Husan, vicino a Betlemme.
Lunedì 20 giugno le forze di difesa israeliane hanno condotto un raid nella città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, dove sei palestinesi sono stati uccisi e sette soldati dell’IDF sono rimasti feriti.
Secondo l’esercito israeliano, le truppe erano entrate a Jenin per arrestare due sospetti, tra cui il figlio di un alto funzionario di Hamas in Cisgiordania, Jamal Abu al-Hija, al momento detenuto in Israele. Dopo che i sospetti sono stati arrestati, una bomba sul ciglio della strada ha preso di mira veicoli militari israeliani, mettendone fuori uso uno e spingendo gli elicotteri dell’esercito ad aprire il fuoco per evacuare le forze israeliane. L’operazione ha evocato negli abitanti di Jenin i ricordi delle incursioni delle forze di difesa israeliane (IDF) durante la seconda intifada. Haaretz ha confermato che il dispiegamento di elicotteri da combattimento di lunedì in Cisgiordania non si era verificato dalla seconda intifada nei primi anni 2000.
Il raid ha avuto luogo nel quartiere di Algabriyat, dove le truppe israeliane hanno preso il controllo dell’area e hanno appostato cecchini negli edifici. Due palestinesi sono stati arrestati, tra cui un ex prigioniero speciale e il figlio di un leader di Hamas. Anche i giornalisti che coprivano il raid sono stati presi di mira con colpi di arma da fuoco.
Giovedì 22 giugno un filmato ha immortalato coloni israeliani mascherati vandalizzare una moschea nel villaggio di Urif in Cisgiordania, paese natale dei due terroristi responsabili dell’attacco a fuoco nell’insediamento di Eli. Uno dei coloni, con un cane al guinzaglio, viene ripreso mentre fa a pezzi il Corano strappandone le pagine nelle immediate vicinanze della moschea. I coloni, entrati nel villaggio dall’insediamento di Yitzhar, avrebbero anche appiccato il fuoco a una scuola e tentato di appiccare il fuoco a delle case e ad una moschea.
Il sindaco di Urif ha affermato che hanno anche sabotato ed interrotto la corrente nel villaggio, causando disagi ai residenti. Ha criticato la revoca dei permessi di ingresso a chi ha lo stesso cognome dei terroristi, considerandola una punizione collettiva, in particolare in un villaggio in cui esistono solo tre grandi famiglie e l’omonimia è la prassi. Un simile incidente ha visto coloni appiccare il fuoco a case e veicoli nel villaggio palestinese di Turmus Aya.
Nell’evidente contraddizione tra gli sforzi per eliminare il terrorismo e l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, spicca la dichiarazione del deputato Simcha Rothman, che ha paragonato le rappresaglie squadriste dei coloni su cittadini innocenti ed inermi alle azioni dei manifestanti anti-riforma, equiparandone la legittimità in forma di protesta.
In seguito agli incidenti di Urif e Turmus Ayya, sono scoppiati scontri tra forze di sicurezza e palestinesi e una persona sarebbe stata uccisa a colpi di arma da fuoco. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Tom Nides ha condannato la recente violenza dei coloni e ha affermato che gli Stati Uniti non rimarranno a guardare, esortando Israele e le sue agenzie di sicurezza a prendere le misure necessarie per prevenire tali violenze.
Anche il ministero degli Esteri turco e il ministro egiziano per la religione hanno condannato la furia dei coloni, in particolare l’attacco al Corano, chiedendo che gli autori siano assicurati alla giustizia.
Hamas ha elogiato le azioni di Shahada ma non ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Hanno fatto riferimento alla sparatoria come una risposta a quelli che percepiscono come crimini israeliani, compresi i recenti eventi al campo profughi di Jenin e alla moschea di Al-Aqsa.
È di sabato 24 giugno, la notizia di una retata di dozzine di coloni, con identiche modalità operative, nel villaggio palestinese di Umm Safa, vicino a Ramallah. Secondo i testimoni, l’esercito israeliano avrebbe protetto gli assalitori senza contrastare la loro furia distruttrice. Il portavoce dell’IDF, al contrario, ha condannato esplicitamente le azioni dei coloni come “crimini nazionalisti”, affermando di aver arrestato uno dei partecipanti.