Dopo una notte di ricerche intense, la polizia israeliana sta ancora cercando l’arabo israeliano che venerdi 1 gennaio ha sparato fuori da un caffè di Tel Aviv, uccidendo due persone, Alon Bakal (28 anni) e Shimin Ruimi (30 anni) e ferendone altre sette di cui due gravi.
Poco dopo le ore 14, prima dell’inizio dello Shabbat, il killer è entrato in un negozio, ha guardato con calma gli scaffali. Poi ha posato lo zainetto, ha estratto un fucile automatico Falcon di produzione italiana, è uscito nella centralissima via Dizengoff e ha cominciato a sparare verso un pub, dove si stava festeggiando un compleanno: a terra sono rimasti due morti, e sette feriti, due in gravi condizioni.
Poco dopo l’attentato, un tassista, Amin Shaban, è stato ucciso nel nord di Tel Aviv, e tutto fa pensare che l’assassino sia l’attentatore.
L’attentatore sarebbe Nashate Melhem, un arabo israeliano di 31 anni di Arara, un villaggio nel Wadi Ara nel nord di Israele, con precedenti esperienze nelle carceri israeliane; a identificarlo è stato il padre che lo ha riconosciuto dal video trasmesso alla televisione, e ha chiamato la polizia. Ed è lo stesso padre a dire alla polizia israeliana, come riportano i media locali: “Prendetelo prima che uccida ancora. E’ ancora armato, e cosi come ha già ucciso due persone puo ucciderne altre”.
“Sono preoccupato e voglio sentire che è nelle mani della polizia”, ha aggiunto.
Per il suo avvocato, e anche parente, l’aggressore è «mentalmente instabile e non aderente allo Stato islamico» e nemmeno radicalizzato. Di sicuro le modalità sono completamente diverse dagli attacchi che hanno caratterizzato negli ultimi quattro mesi la «Terza intifada» palestinese. L’aggressore non ha usato un coltello ma una vecchia arma automatica, identificata attraverso un caricatore lasciato sul posto. I clienti del pub Hasimità lo hanno descritto come «calmo, sicuramente ben addestrato, con uno strano sorriso sulla faccia». Sparava senza fretta, senza che il rinculo alzasse troppo la canna, «da professionista». Tutti elementi che avvicinano l’azione a quella di uno jihadista. Come anche la copia del Corano trovata nello zainetto.
Intanto è di domenica pomeriggio la notizia che è stato trovato il cellulare dell’attentatore a Ramat Aviv.