di Fiona Diwan (ha collaborato Carlotta Jarach)
Da tre anni è a capo del Dipartimento Ricerca e Sviluppo di Teva, il gigante farmaceutico israeliano e primo produttore di farmaci al mondo con i suoi 1500 medicinali al giorno. Michael Hayden, nato a Cape Town in Sudafrica ma cittadino ebreo-canadese (vive tra Vancouver e Israele, sposato con quattro figli), genetista, specialista in medicina molecolare e considerato uno tra gli scienziati più influenti del pianeta, (oltre ad essere President Global Research&Development e Chief Scientific Officer di Teva), è certamente oggi uno degli uomini chiave dell’innovazione scientifica contemporanea e israeliana. Massimo specialista al mondo del morbo di Huntington (malattia genetica neurodegenerativa della coordinazione), un vasto medagliere di premi per la ricerca in fatto di brain disease, disturbi neurologici, Hayden ha dato il via in Teva a un cambiamento radicale di linea strategica, aprendo l’azienda alla ricerca e all’innovazione come mai prima d’ora. L’abbiamo incontrato a Milano, a casa di Roger Abravanel. Ecco l’intervista.
Malattie del sistema nervoso e neurodegenerative, la Teva è davvero all’avanguardia in questi campi…
Le malattie neurologiche sono generalmente sottostimate e sono molto più frequenti di quanto si creda. Ad esempio, una delle malattie che affligge milioni di persone è l’emicrania. Ora, noi abbiamo scoperto, direi per primi, da cosa si origina. In estrema sintesi, l’emicrania è dovuta dalla secrezione di un peptide nel cervello che provoca la costrizione di alcuni vasi. Stiamo quindi sviluppando qualcosa che blocchi la costrizione e che antagonizzi quel particolare peptide (ora siamo in fase 3 con fantastici risultati in fase 2). L’emicrania è una delle malattie più comuni e invalidanti al mondo. È considerata la quarta causa di disabilità, al di sopra della tetraplegia in termini di incidenza sulla vita delle persone. Il farmaco che stiamo progettando avrà un effetto risolutivo.
Su cosa state puntando oggi?
Ci stiamo aprendo alla ricerca anche se finora abbiamo soprattutto lavorato sull’esistente, su farmaci già noti. Oggi stiamo cercando nuovi approcci e, ad esempio, nuove posologie di un farmaco già in uso, per migliorarlo. Un’ area di indagine importante per noi è qualla delle malattie del movimento, Parkinson, Huntington, Distonia, ovvero malattie che comportano tremori e problemi di coordinazione. Per il Parkinson abbiamo sviluppato un approccio innovativo, che parte dai farmaci già in uso, come la L-Dopa. Stiamo studiando essenzialmente come dilatare l’effetto temporale del farmaco, che abitualmente dura solo per un certo arco di tempo, passato il quale il paziente ha un off-period. In fatto di malattie neurologiche, emicrania e del SNC (Sistema Nervoso Centrale, ndr), crediamo sia venuto il momento di agire proprio sulla posologia. Oggi, Teva possiede la leader drug per la sclerosi multipla e per la cura del Parkinson, il Copaxone e l’Azilect. Noi sappiamo che tutto ciò è stato possibile grazie alle università israeliane. Il Copaxone è stato scoperto all’Istituto Weizmann, e l’Azilect al Technion di Haifa. E una delle ragioni per cui mi trovo oggi in Italia è perché abbiamo molti trials con voi italiani ma ancora nessuna collaborazione vera per ricerca e sviluppo, e siamo molto interessati a nuove idee e a collaborazioni con industrie biotec.
Cosa intende con “agire sulla posologia”?
Ecco, vede, il normale processo di sviluppo di un farmaco prevede generalmente un investimento di 2 miliardi di dollari e 15 anni di ricerca. Troppo tempo, troppo costoso. Quindi, ci siamo chiesti, come possiamo trovare un modo per rivoluzionare e cambiare la maniera in cui sviluppiamo i farmaci? Come aggiungere valore e creare qualcosa di nuovo da quelli già esistenti? Molti pazienti sarebbero felici, ad esempio, di poter passare dalla “schiavitù” quotidiana di dover assumere una pastiglia al giorno, al “lusso” di assumerla una volta al mese, o addirittura magari soltanto una volta ogni tre mesi; o ancora fare una singola iniezione con la quale sei a posto tutto l’anno invece di doverla ripetere una volta la settimana col rischio di dimenticarti… Faccio un altro esempio ancora: il Risperidone è un farmaco usato per curare la schizofrenia e lo si assume una volta al giorno, alcune volte una volta alla settimana. Ma se si manifesta un episodio schizofrenico e il paziente si è dimenticato di assumere la sua dose giornaliera, si ha un relapse; e quindi sarebbe perfetto se si riuscisse, per esempio, a somministrarlo solo una volta ogni 3 mesi. Ecco cosa si intende per cambiare la posologia. Significa cambiare il modo di assumere i farmaci al fine di offrire maggiori opportunità ai malati.
In Teva lavorano solo israeliani?
No, assolutamente. Abbiamo 3000 persone che lavorano per Teva, e 1200 in Israele per il dipartimento di Research&Development. Molti vengono chiamati dall’estero in Israele, – come accadde per colui che tra i primi sviluppò un farmaco anti HIV: era di Roma, nato a Vienna, con un PhD in Israele-. Ma a Boston vivono 15 mila israeliani disperatamente desiderosi di tornare in Israele se solo riuscissero a trovare un lavoro che valga. Perché allora non creare un’opportunità per farli tornare costruendo una reale R&D capability? Gli israeliani sanno essere incredibilmente creativi e innovatori.
Hayden, in tre anni lei ha fatto una vera e propria rivoluzione in Teva.
La mission era quella di creare una R&D organization molto creativa e per fare ciò bisognava cambiare il modo di pensare. Una delle cose più importanti è dare alle persone la possibilità di esprimersi. Non sai mai da dove possono venire le idee più innovative. Perciò devi creare un clima aperto, in cui le persone possano esprimersi liberamente. Non può quindi esserci una gerarchia troppo forte, bisogna va creare una flat organization structure, un modello piatto.
Prima che lei arrivasse, Teva non aveva legami con le università israeliane.
Creare una rete di relazioni con le università era fondamentale. Sa, quando trovi dell’oro, e guardi nella porta accanto, è facile che tu possa trovare ancora altro oro. Fino a ieri siglare un accordo legale con le università era qualcosa di impensabile.
Per la prima volta abbiamo messo in piedi dei meeting annuali con tutti i più importanti neuroscenziati provenienti da ciascun programma universitario di Medicina, i migliori che operano in Israele ma che magari non si erano mai incontrati. Per questo oggi forse, Teva è considerata un catalizzatore di innovazione e creatività in Israele. E non stiamo facendo ciò perché siamo filantropi, ma perché nelle università c’è davvero molto potenziale, che certo ha bisogno di tempo per essere sviluppato ma che è unico. Non vedremo forse risultati immediati ma nei prossimi 20 anni è probabile avvenga una vera rivoluzione nell’ambito delle malattie neurodegenerative e del sistema nervoso. Stiamo vivendo, in fatto di neuroscienze quello che negli anni Novanta è avvenuto per il cancro, ossia una rivoluzione nella cura. E anche se siamo leader nella cura del Sistema nervoso, non siamo mai voluti entrare nella ricerca contro il cancro perché in verità non potremmo mai essere realmente competitivi con le conoscenze e le strutture di aziende come Novartis Glaxo, Roche e altri: spenderemmo miliardi senza avere le conoscenze interne.
L’unico italiano nel Board di Teva: parla Roger Abravanel:
«Israele è una grande opportunità di sviluppo professionale»
«Vorrei che i giovani ebrei italiani imparassero dalla mia esperienza: Israele può rappresentare una straordinaria occasione di sviluppo professionale e personale, e non solo la riscoperta di radici ebraiche o meta di turismo».A parlare così è Roger Abravanel, ex top manager McKinsey e unico europeo e italiano a sedere dal 2007 nel Board del gigante farmaceutico, chiamato dal leggendario capo della Teva Eli Hurvitz, considerato, all’epoca, tra gli uomini più influenti di Israele. «Sono passati 9 anni, e se li aggiungo ai 6 precedenti, quando andavo a Tel Aviv per seguire da Milano la filiale della Mckinsey che avevo aperto nel 1999, sono stati 15 anni tra i più esaltanti della mia vita. Essere nel Board di Teva è un grande onore perché non è solo la più grande azienda israeliana, ma un vero leader globale del settore farmaceutico. Teva è in piena espansione da 20 anni anche grazie a un numero impressionante di acquisizioni in USA , Europa, Giappone e America Latina In questi giorni stiamo finalizzando l’acquisizione della Actavis per 40miliardi di dollari (il totale delle acquisizioni italiane è di 35 miliardi di dollari!)». Considerata tra le più grandi case farmaceutiche al mondo, una capitalizzazione di borsa che vale 50 miliardi di dollari, quotata alla Borsa di New York e leader nei farmaci generici – e anche innovativi con in catalogo il Copaxone (sclerosi multipla), concepito dall’Istituto Weizmann, e l’Azilect per il Parkinson, ideato al Technion di Haifa, Teva oggi è un vero colosso, uno dei pochi in Israele, visto che in genere, appena un’azienda ha successo, viene subito venduta a colossi globali, non riuscendo quindi mai a crescere troppo. «Sui generici, Teva è la numero uno: quando un farmaco va off patent, fuori brevetto, Teva lo ripropone come generico, contribuendo ad abbatterne il costo e a renderlo più socialmente accessibile. Siamo una azienda farmaceutica unica nel suo genere, facciamo i farmaci degli altri a costo più basso e innoviamo con farmaci solo nostri. In passato eravamo forti nella sclerosi multipla e nel Parkinson, ma oggi, con uno scienziato-imprenditore come Hayden, stiamo aprendo nuovi fronti: ad esempio, stiamo sviluppando farmaci per l’emicrania, per i disordini del movimento e per migliorare l’utilizzo degli oppiacei. Teva è una delle poche aziende che possa vantare di avere avuto nel proprio consiglio di Amministrazione, la presenza di un premio Nobel figlio di un altro premio Nobel -ci sono stati solo tre casi finora-: si chiama Roger Kornberg, Nobel per la Chimica mentre suo padre lo ricevette per la Medicina. E anche imprenditori farmaceutici come Sol Barer un ebreo Usa che ha creato Cellgene una azienda che vale in borsa 100 miliardi di dollari». Alla domanda se il BDS è un problema per Teva , Abravanel risponde che sino ad oggi non lo è ancora stato a parte poche situazioni. Alla domanda se bisogna essere ebrei per far carriera in Teva, Abravanel conclude: «no, assolutamente, qui è tutto rigidamente meritocratico, abbiamo gente che viene da tutto il mondo. Ovviamente per un giovane ebreo è più facile avere una esperienza professionale in Israele. Magari non si finisce subito in Teva o in un Venture capital di successo, ma ci si avvicina a un contesto imprenditoriale mille volte più innovativo».