di Paolo Castellano
Il 6 dicembre è stata una giornata memorabile per lo Stato ebraico. Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di rispettare la sua promessa elettorale di spostare l’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme e di applicare il Jerusalem Embassy Act, approvato nel 1995 dal Congresso americano. La storica decisione del governo statunitense è stata spiegata in un discorso presidenziale, pronunciato alla Casa Bianca, basato sul ritorno della pace in Medio Oriente, partendo dalla risoluzione dell’annoso conflitto israelo-palestinese.
Trump ha iniziato il suo discorso dicendo che è giunto il momento di utilizzare un nuovo sguardo per affrontare i problemi del mondo: «Non possiamo risolvere i nostri problemi facendo gli stessi ragionamenti e ripetendo le stesse fallimentari strategie del passato. Tutte le sfide richiedono nuovi approcci». Egli ha poi chiarito i termini del Jerusalem Embassy Act, ricordando che tale legge venne approvata nel 1995 e aveva lo scopo di riconoscere la capitale di Israele: «Questa legge passò al Congresso con un’acclamata maggioranza trasversale, ed è stata ulteriormente confermata dal voto unanime del senato solo sei mesi fa. Per 20 anni, ogni precedente presidente americano ha esercitato la rinuncia nell’applicare questa norma, rifiutando di spostare l’ambasciata USA a Gerusalemme o di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele», ha affermato Trump.
L’errore dei predecessori
Il presidente degli Stati Uniti ha poi continuato la propria dichiarazione, aggiungendo che i suoi predecessori hanno sempre rinunciato a trasferire l’ambasciata perché credevano che la loro scelta potesse aiutare il processo di pace tra gli israeliani e i palestinesi: «Dopo due decadi di rinunce, non ci siamo avvicinati ad un accordo di pace tra Israele e i palestinesi. Sarebbe folle continuare a ripetere la stessa formula che non ha prodotto nessun risultato. Pertanto, ho deciso che è tempo di riconoscere ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele».
«Ho giudicato che questa azione rientri nei migliori interessi degli Stati Uniti d’America e nella ricerca della pace tra Israele e i palestinesi. Questo è un lungo passo indietro per far avanzare il processo di pace e lavorare verso un definitivo accordo. Israele è uno stato sovrano con dei diritti, come quello di ogni nazione legittima, di determinare la propria capitale. Considero questo fatto come una condizione necessaria per giungere alla pace», ha argomentato il presidente degli Stati Uniti.
Gerusalemme, da sempre capitale di Israele
Trump ha poi illustrato per quali motivi Gerusalemme sia “la capitale del popolo ebraico, fondata nell’antichità”: «Oggi, Gerusalemme è la sede del moderno governo israeliano. È la casa del parlamento israeliano, la Knesset, come anche della Corte suprema israeliana. È il luogo di residenza dei rappresentanti israeliani come il primo ministro e il presidente dello stato. È la sede centrale di molti ministeri governativi. Per decenni, i presidenti americani, i segretari di stato, e i leader militari hanno incontrato le loro controparti a Gerusalemme, come io ho fatto giungendo in Israele nei primi mesi di quest’anno. Gerusalemme non è solo il cuore delle tre grandi religioni, ma oggi è anche il cuore di una delle più floride democrazie del mondo. Per tutti questi 70 anni, il popolo israeliano ha costruito un Paese dove gli ebrei, i musulmani e i cristiani – e le persone di altre religioni – fossero liberi di vivere e stare insieme secondo la loro coscienza e le loro credenze. Gerusalemme è oggi – e sempre rimarrà – un luogo dove gli ebrei possano pregare al Muro del pianto, dove i cristiani possano camminare attraverso le stazioni della via Dolorosa e dove i musulmani si riuniscano in preghiera nella moschea di Al-Aqsa».
Al via i preparativi
Dopo aver elencato le peculiarità della capitale israeliana, Trump ha spiegato di aver già incaricato il Dipartimento di stato di organizzare i preparativi per la nuova costruzione dell’ambasciata americana a Gerusalemme. Un edificio che sarà “un magnifico tributo alla pace”. Il presidente americano ha poi sottolineato che tale decisione non influenzerà le negoziazioni di pace tra gli israeliani e i palestinesi: «Noi vogliamo che ci sia un ottimo accordo sia per gli israeliani che per i palestinesi», egli ha aggiunto. Per questo motivo Trump ha chiesto alle due parti di mantenere lo status quo dei luoghi sacri di Gerusalemme, incluso il Monte del Tempio, anche conosciuto come Haram al-Sharif. Egli ha inoltre fatto un appello, chiedendo a coloro che sono in disaccordo con la sua decisione di non cedere ad un dissenso violento ma di cooperare per rendere più efficace il processo di pace: «Così oggi vi chiedo di mantenere la calma, la moderazione e le voci di tolleranza e non far prevalere atteggiamenti d’odio. I nostri figli dovrebbero crescere nel nostro amore, non nei nostri conflitti».
Trump ha infine concluso la sua perorazione con il seguente invito: «Così oggi, dedichiamoci di nuovo a un patto di reciproca condivisione e rispetto. Rimettiamo in discussione le vecchie istanze e apriamo i nostri cuori e menti al possibile e alle possibilità. E per concludere, chiedo ai leader della Regione – politici e religiosi, israeliani e palestinesi, ebrei e cristiani e musulmani – di unirsi nella nobile ricerca di una pace definitiva».
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