di Luciano Assin
Fa bene alla pelle ed ai capelli, viene largamente usato in cosmetica, abbassa il livello del colesterolo e combatte le malattie cardiache, è un prezioso antiossidante e molto altro ancora, e come se non bastasse è saporito e utilissimo in cucina. Stiamo chiaramente parlando dei frutti e dei derivati dell’albero dell’olivo, una delle sette specie agricole ricordate nella Bibbia quali parte integrante della vegetazione di Eretz Israel.
L’olivo ed il suo olio sono stati da sempre parte fondamentale dell’agricoltura e della cucina locale sin dall’antichità, così come molte sono le simbologie a lui legate: il ramoscello d’ulivo portato dalla colomba sull’arca a testimonianza della fine del Diluvio Universale e divenuto così simbolo della pace; l’uso che se ne faceva per ungere i re d’Israele; lo stesso Messia che verrà unto con l’olio d’oliva al suo arrivo in questa terra.
L’olivo non è chiaramente tipico solo della zona di Israele, ma è presente in tutta la zona del bacino mediterraneo, dalla Spagna fino al Marocco passando per Francia, Italia, Grecia, Siria, Giordania e molti altri ancora sino ad arrivare ad un totale di 15 nazioni.
Da questa diffusione trasversale, multietnica e multiculturale, l’Unesco ha realizzato un progetto denominato “Le vie dell’olio del Mediterraneo”, un programma che sfruttando questo elemento comune favorisca la convivenza pacifica dei popoli della regione.
Il promotore di questa iniziativa in Israele è Itzhak Eldan, ex ambasciatore all’Unesco ed al Consiglio di Europa con base a Strasburgo. Eldan è stato coadiuvato in questa iniziativa dall’ex direttore dell’associazione dei coltivatori di Olivo israeliani, Amir Salman Hassan, deceduto pochi mesi prima di vedere la realizzazione del progetto. La storia di Hassan, israeliano di origine drusa, è particolarmente dolorosa, in quanto una delle sue figlie è morta in seguito ad un attentato suicida sull’autobus sul quale viaggiava. È quindi ancora più significativo il messaggio di pace e di convivenza fra i popoli che questo progetto assume in Israele.
Le vie dell’olio israeliane sono attualmente quattro: due in Galilea, una nella zona costiera del Paese e la quarta nella zona desertica del Neghev dove il clima e l’acqua presente nel sottosuolo producono un olio con un tasso di acidità particolamente basso.
Ogni anno vengono aggiunti ai percorsi esistenti villaggi drusi, arabi, kibbuzim e moshavim legati all’economia dell’olio e attivi nella coesistenza fra i diversi gruppi. Quest’anno anche Sasa è stato inserito in questa particolare lista, soprattutto grazie all’instancabile lavoro di Edna e Yehuda Calò-Livne, creatori della cooperativa teatrale Bereshit la Shalom, che fa del lavoro educativo multietnico il suo cavallo di battaglia.
(www.beresheetlashalom.org/)
Tutta la zona della Galilea sta aspettando le prime piogge per cominciare il periodo della raccolta, i frantoi sono stati ripuliti e visto che il Massik è soprattutto un avvenimento familiare, tutti sanno che dovranno tenersi liberi da incombenze professionali e no, e dedicarsi alla raccolta, per poter godere dell’oro verde, la vera spina dorsale della cucina locale.
Nei paesi della zona tutti gli abitanti, dagli ottanta in su, giurano che il merito della loro longevità e dovuto esclusivamente all’olio d’oliva, consumato qui in quantità industriali, e visto che si tratta di qualcosa di veramente buono e saporito non c’è alcun motivo di mettere in dubbio la loro parola.
Peccato per tutti quelli che non ne sopportano neanche l’odore…
Luciano Assin