Sono passati due giorni dalla risoluzione che ha ammesso la Palestina come 195° stato membro dell’Unesco. I giornali di tutto il mondo hanno dato grande rilevanza al fatto, anche per via della reazione americana che ha disapprovato su tutti i fronti il voto a favore della maggioranza degli stati membri dell’UNESCO (107 paesi a favore, 14 contro e 52 astenuti). Reazione che si concretizzerà con il congelamento dei fondi che gli Stati Uniti prevedevano di elargire all’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. ovvero il 22% dei contributi complessivi; più il 3% di quelli israeliani. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che i 60 milioni previsti per il mese di novembre non saranno versati.
“E’ stato un voto volto a proteggere il patrimonio artistico e archeologico dei territori occupati da Israele, ha detto il ministro degli esteri palestinese Riad Al-Malki, il quale è convinto che “l’ingresso della Palestina nell’Unesco sarà il miglior passo verso la pace e la stabilità”. L’amministrazione americana come anche quella israeliana sono convinte invece del contrari. “Se uno stato palestinese sorgerà, essa sarà frutto dei negoziati con Israele e non dell’azione di parti terze o gruppi internazionali” si dice a Washington.
L’ambasciatore israeliano Nimrod Barkan ha dichiarato che l’Unesco con la sua decisione “ha fornito un grande disservizio” agli sforzi che sul piano internazionale si stanno compiendo per riavviare i negoziati di pace fra Israele e i palestinesi. “L’Unesco- ha aggiunto – ha agito da soggetto politico, ovvero in un campo che è al di fuori delle sue competenze”.
Nethanyahu ha fatto sapere che questo voto avrà pesanti ripercussioni sui negoziati di pace. E in questo senso la notizia riportata oggi su tutti i giornali israeliani ne è in qualche modo una conferma. In risposta al voto Unesco, infatti, Israele bloccherà i finanziamenti all’ANP e darà avvio a nuovi insediamenti nelle aree di Gerusalemme, Gush Etzion e Ma’ale Adumim – aree che, ha detto Netanyhau, dovranno rimanere all’interno del territorio israeliano al di là di qualsiasi futuro assetto della Palestina. Oltre a ciò il governo sta prendendo in esame l’ipotesi di bloccare le attività dell’Unesco in Israele.
La ferma reazione al voto dell’Unesco, si dice già che avrà gravi riflessi su Israele, per la sua posizione sulla scena politica internazionale e per la sua immagine nel mondo. Un’immagine che in queste ore sembra ulteriormente deteriorarsi per la notizia – riportata stamattina dal quotidiano Haaretz – di un possibile attacco militare contro l’Iran. In questo senso, si legge su Haaretz, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Ehud Barak, stanno cercando l’appoggio del Ministro degli Esteri Avigdor Lieberman.
Un attacco all’Iran secondo Netanyahu sarebbe giustificato dalla sempre maggiore potenza e influenza che gli iraniani stanno acquisendo in Medio Oriente. “L’Iran dotato di armi nucleari costituirebbe una grave minaccia per il Medio Oriente e per il mondo intero”, ha detto il primo ministro. “E naturalmente si tratterebbe di una minaccia grave e diretta su di noi”.
Secondo Barak “Israele potrebbe essere distrutto dall’Iran”, mentre il ministro per gli affari strategici, Moshe Ya’alon, ha detto che nell’ipotesi di un attacco preferirebbe un’iniziativa americana piuttosto che israeliana. Dello stesso parere si è detto il ministro per l’intelligence e l’energia atomica, Dan Meridor. “E ‘chiaro a tutti che un Iran nucleare costituisce un grave pericolo; e il mondo intero, guidato dagli Stati Uniti, deve compiere sforzi costanti per impedire all’Iran di fabbricare armi nucleari. La nuclearizzazione dell’Iran non è solo una minaccia per Israele, ma per molti altri stati occidentali, e l’interesse internazionale deve riunirsi qui”.
L”intelligence occidentale conferma che in effetti l’Iran sta portando avanti a pieno ritmo il suo programma nucleare, tuttavia gli analisti sostengono che “è praticamente impossibile che Israele decida un attacco all’Iran per questo inverno”. Le condizioni atmosferiche sarebbero del tutto sfavorevoli all’aviazione militare israeliana.
Interpellato sulle voci di un possibile attacco all’Iran, l’ex ministro della difesa Benjamin Ben Eliezer si è detto molto preoccupato; teme, dice, “uno scenario di orrore” e per questo “spera che alla fine prevalga il buon senso”. Da parte di tutti.