di Luciano Assin
Nonostante viva in Israele da quasi quarant’anni difficilmente riesco a ricordare qualcosa di simile alla formazione del presente governo Netanyahu approvato qualche giorno fa dal parlamento israeliano.
Non è che non ci siano già stati dei governi con una maggioranza così risicata, 61 seggi su 120, come quella attuale, ma se pensiamo che Netanyahu ha anticipato queste ultime elezioni per poter avere una coalizione stabile e governabile allora ci si può rendere conto delle dimensioni delle difficoltà da fronteggiare.
Bibi si trova con un gruppo di alleati agguerriti, affamati di potere e di finanziamenti, ma soprattutto pienamente consapevoli del loro peso politico, enormemente superiore ai risultati ottenuti in questa ultima tornata elettorale. Ancora adesso non sono pienamente in grado di spiegare a me stesso come sia stato possibile che il “mago” Netanyahu, assoluto vincitore delle elezioni appena trascorse, sia riuscito a commettere tutti gli errori possibili in questi ultimi due mesi, il periodo concesso dalla legge israeliana per presentarsi dinnanzi al Presidente dello Stato con una coalizione di governo. Bibi è riuscito a fallire in tutti i fronti possibili: ha pagato in modo esagerato piccoli partiti settoriali consegnando loro ministeri e commissioni chiave, è riuscito a scontentare i principali leader del suo partito garantendosi così un folto gruppo di deputati ostili e insoddisfatti all’interno delle sue proprie file. Ciò che più mi ha sorpreso è il fatto che non abbia minimamente tentato di intavolare delle trattative con i laburisti, se non altro per lanciare ai suoi potenziali alleati di destra un chiaro avvertimento: esiste un’alternativa politica a chi tenda troppo la corda.
Se pensiamo solo al lato pratico di cosa significhi gestire una maggioranza di 61 seggi possiamo arrivare velocemente alle seguenti conclusioni: i deputati della coalizione, i ministri del governo e lo stesso Netanyahu sono diventati praticamente dei segregati in casa. Qualsiasi viaggio all’estero diventerà un dilemma, la maggior parte del lavoro parlamentare si effettua all’esterno della Knesset così che anche una semplice visita ministeriale al di fuori di Gerusalemme comporterà un grosso rischio nel caso venga presentata nello stesso giorno una proposta di legge contraria alla politica governativa o peggio ancora una mozione di sfiducia.
In definitiva Netanyahu ha formato un governo troppo di destra, anche per i suoi standard, che nell’immediato futuro dovrà confrontarsi con una comunità internazionale sempre più sfiduciata nei riguardi del leader israeliano.
Anche gli alleati tradizionali di Israele cominciano a stufarsi della sterile politica estera di Bibi, ed i recenti riconoscimenti di uno Stato palestinese da parte di quasi tutti i parlamenti europei, Italia e Vaticano compresi, sono solo l’anteprima di una politica sempre più impaziente e più pressante nei riguardi di Gerusalemme. L’unica possibilità di durata per il quarto governo Netanyahu consisterà nel riuscire a formare una coalizione insieme ai laburisti. L’opzione è attualmente irrealizzabile, anche Netanyahu e anche Herzog hanno affermato pubblicamente di escludere una possibilità del genere, ma ci sono diversi indizi che lasciano intravedere che una simile possibilità non sia per niente remota.
Netanyahu mantiene sotto il proprio controllo diversi dicasteri, il più importante fra tutti è quello degli esteri, una dote in serbo per Herzog e compagni. Soltanto stamane una dichiarazione di Shelly Yahimovich, una dei principali leader dei laburisti, ha aperto più di uno spiraglio su una possibile collaborazione con il governo per tutto quello che sia collegato ad una migliore politica sociale. Herzog afferma quotidianamente che i laburisti “non faranno parte dell’attuale governo” vale a dire che un allontanamento del partito di Bennet, giudicato estremamente di destra, possa creare le condizioni per formare una nuova maggioranza.
Come ho già accennato in apertura ci sono stati non pochi governi con una maggioranza minima, è successo a Begin, a Shamir e a Rabin. Ma erano tutti governi guidati da leader politici con delle idee chiare, in grado di prendere decisioni chiare e nette. Ma questo non è il caso di Netanyahu.