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Un altro, ennesimo, successo per il movimento BDS, che chiama al boicottaggio di Israele. Dopo mesi di campagna fra chiese, aziende, università e organizzazioni di vario tipo, oltre cantanti e artisti, il movimento si è conquistato il sostegno della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti, che ha deciso ufficialmente di cancellare il proprio sostegno economico a tre aziende americane che lavorano con realtà situate in Cisgiordania.
Con 310 voti favorevoli, contro 303 contrari, la Chiesa ha eliminato gli investimenti alla Caterpillar, Hewlett-Packard e Motorola, per un valore totale di 21 milioni di dollari. Contro di loro, l’accusa di vendere agli israeliani materiale per costruire gli insedimaneit nei territori e violare così i diritti dei palestinesi.
Nonostante la decisione irrevocabile, la Chiesa ha ribadito il proprio impegno al dialogo interreligioso e al sostegno alla pace nella Regione. “Riconosciamo la complessità della questione, della guerra decennale, del dolore sofferto e inflitto dalle politiche e dalle pratiche di entrambi i governi palestinese e israeliano – si legge nel comunicato che spiega la decisione -. Ribadiamo anche la nostra solidarietà alla sofferenza di entrambi i popoli per i quali desideriamo giustizia e riconciliazione”.
Immediata la reazione indignata di Israele, che tramite il suo ambasciatore a Washington l’ha definita “vergognosa”. “Votare per misure simboliche marginalizza la possibilità per questa Chiesa di essere un partner costruttivo per promuovere la pace in Medio Oriente”, si legge in una nota.
Dura anche la reazione del World Jewish Congress (WJC). “Il fatto che la chiesa abbia votato questa ingiuriosa risoluzione proprio mentre Israele sta cercando fanaticamente i tre ragazzi rapiti – di cui uno è anche americano – manda un segnale terribile al pubblico americano e internazionale – ha dichiarato il segretario generale Robert Singer -. Chiaramente, la Chiesa presbiteriana è dalla parte sbagliata nel conflitto in medio oriente”
Quella Presbiteriana, che in America conta circa 1,8 milioni di seguaci, non è la prima chiesa americana a cancellare investimenti connessi a Israele. Ma è sicuramente il gruppo religioso più prominente negli Usa a cancellare il proprio sostegno in segno di protesta contro la politica israeliana nei confronti dei palestinesi.