di Pietro Baragiola
Nel marzo 2024 la fondazione no profit Israel Innovation Fund ha lanciato Wines of Hope, l’iniziativa volta a diffondere la consapevolezza sulla crisi degli ostaggi attraverso una serie di bottiglie di vino che racconta la loro storia.
Questa iniziativa è nata dalla brillante intuizione di Samantha Sharon, una degli esponenti dell’organizzazione filantropica Wine On The Vine (WOTV). Sharon, ispirandosi ad un’azienda vinicola che dedicava le proprie bottiglie ai soldati caduti in guerra, ha deciso di promuovere le storie di tutti i 257 ostaggi catturati da Hamas, stampando i loro volti e l’appello dei famigliari sulle etichette di diverse bottiglie di vino.
“Sono le famiglie degli ostaggi che hanno garantito il successo di questa iniziativa e noi le coinvolgiamo sempre in ogni singola fase del processo” ha spiegato Adam Bellos, amministratore delegato dell’Israel Innovation Fund. “Non potremo mai capire appieno ciò che queste famiglie stanno affrontando ma, se riusciremo a far arrivare la storia degli ostaggi anche ad una sola persona in più, allora saremo sulla strada giusta.”
Oggi i vini di Wines of Hope sono venduti online e vengono prodotti all’interno di due specifici territori israeliani: la Valle di Jezreel e Ramat Hanegev.
Oltre a portare sollievo alle aree più colpite dalla guerra in corso, un terzo del ricavato è destinato all’organizzazione Bring Them Home Now e al Forum delle famiglie degli ostaggi, per contribuire al ritorno a casa dei prigionieri di Hamas.
Dei 22 ostaggi le cui foto sono attualmente stampate sulle bottiglie di Wines of Hope, due sono tornati a casa il mese scorso: Noa Argamani e Almog Meir Jan, entrambi soccorsi da un’operazione segreta condotta dall’IDF nei tunnel di Gaza.
“Questa notizia ci ha riempito i cuori di gioia e abbiamo immediatamente aggiornato entrambe le bottiglie con il timbro ‘Rescued’, stampato sulle loro etichette” ha affermato Bellos.
Il ritorno a casa di Noa
Noa Argamani, 26 anni, israeliana di origini cinesi, è stata rapita insieme al suo ragazzo, Avinatan Or, durante l’attacco al Supernova Music Festival.
Le immagini del suo rapimento si sono diffuse in ogni angolo del globo, rendendo Noa “il volto della crisi degli ostaggi”.
Dopo 250 giorni di prigionia, la ragazza è stata liberata sabato 8 giugno da un’operazione di soccorso dell’IDF che ha tratto in salvo anche Shlomi Ziv, Almog Meir Jan e Andrey Kozlov.
La notizia è stata motivo di celebrazione in tutto il mondo, specialmente nell’ospedale Ichilov dove Liora Argamani, madre di Noa e malata terminale di cancro al cervello, ha potuto riabbracciare la figlia e festeggiare insieme il suo ritorno a casa prima di venire a mancare.
Anche nei momenti più bui della malattia, Liora non ha mai abbandonato la speranza di rivedere Noa e questa stessa speranza guida ancora oggi tutti i famigliari che hanno aderito all’iniziativa Wines of Hope, inviando foto dei loro cari e una loro breve descrizione.
“Sono le famiglie a contattarci per diffondere la consapevolezza sulla loro situazione” ha spiegato Bellos. “Quando il padre di Noa ci ha chiesto di creare una bottiglia con sopra stampata la foto della figlia, ha promesso che l’avrebbe conservata fino al suo ritorno a casa ed è stato davvero incredibile e gratificante sapere che è riuscito a berla insieme a lei e agli amici della ragazza durante la festa di Shavuot.”
Questo ricongiungimento famigliare rappresenta l’obiettivo principale promosso da Wines of Hope sul proprio sito: “beviamo questi vini come simbolo di speranza e desiderio di ritorno dei nostri cari, fino al giorno in cui potremo brindare insieme per festeggiare la loro tanto agognata libertà.”
Consapevole dell’importanza di questa iniziativa, Noa ha chiesto di dedicare una bottiglia di vino al suo fidanzato, ancora prigioniero a Gaza, nella speranza di rivederlo presto.
Non tutte le storie però finiscono bene come per Noa e, infatti, diversi ostaggi sono stati confermati morti nei tunnel di Gaza. Le bottiglie che riportano le etichette con i loro volti sono però tutt’ora in vendita sul sito di Wines of Hope, dopo essere state modificate per acquisire un valore commemorativo.
“Anche in questo caso sono proprio le famiglie delle vittime a chiederci di continuare a stampare bottiglie con i volti dei loro cari caduti” ha spiegato Bellos. “È un modo di mantenerli vivi nei ricordi di tutti.”
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