Yair Golan: caduta e rinascita di un generale coraggioso, oggi nuovo eroe e leader di Avodà

di David Zebuloni

La tortuosa storia del neo capolista dello storico partito laburista di Itzhak Rabin. A 62 anni, è il nuovo leader dei Laburisti israeliani: ha vinto le primarie del partito con oltre il 95% dei voti. Ex deputato del Meretz – il partito della sinistra israeliana che non è entrato alla Knesset nelle ultime elezioni – si rimette in gioco dopo anni di marginalità e inciampi. Una storia incredibile di morte e resurrezione, politica e civile

 

Cominciamo dalla fine: Yair Golan ha vinto, con oltre i 95% dei voti, le primarie dello storico partito laburista di Itzhak Rabin, Avodà, che ha quattro seggi alla Knesset. Ora torniamo all’inizio: chi è Yair Golan? Forse, uno dei personaggi più controversi e interessanti della politica israeliana. Nato a Rishon LeZion il 14 maggio 1962, studi ad Harvard e all’Università di Tel Aviv, Golan diventa noto al grande pubblico quando, nel 2015, diventa Vice Capo di Stato Maggiore e viene indicato come favorito al ruolo di Capo di Stato Maggiore (o, più semplicemente, Capo dell’IDF) dopo Gadi Eisenkot.

Poi, una frase infelice pronunciata in un momento particolarmente sbagliato, interrompe drammaticamente la sua carriera militare. Nel 2016, infatti, durante il discorso tenuto alla cerimonia del Giorno della Memoria, Yair Golan ha dichiarato: “Se c’è qualcosa che mi spaventa nella memoria della Shoah è l’identificazione dei processi inquietanti che hanno avuto luogo in Germania ottant’anni fa, e trovarne testimonianza qui, tra noi, oggi”. La sua affermazione, secondo molti allusiva rispetto all’operato dell’esercito israeliano sotto il governo Netanyahu di allora, ha suscitato grande scalpore nello Stato ebraico.

“Non avevo alcuna intenzione di paragonare l’IDF e lo Stato d’Israele ai processi avvenuti in Germania”, ha precisato Golan l’indomani, ma ormai era troppo tardi: le sue parole avevano bloccato la nomina a Capo di Stato Maggiore. Il suo dispiacere sembrava sentito e sincero. Tuttavia, più recentemente, Golan ha confessato di non essersi mai pentito veramente di aver pronunciato quelle parole. Ad ogni modo, pentito o no, dispiaciuto o meno, la frase incriminata ha cambiato il destino del generale per sempre. Da personaggio osannato e glorificato per l’importante servizio prestato allo Stato, Golan è diventato uno degli uomini più odiati del paese. Una persona non grata. Un nemico.

La sua immagine pubblica, ormai macchiata in modo indelebile, sembrava del tutto insalvabile. Così, dopo aver deposto l’arma e la divisa, forse anche alcune ambizioni professionali, l’ormai ex generale ha deciso di reinventarsi. Come? Così come hanno fatto molti suoi predecessori, ovviamente: entrando in politica. Nel 2019, infatti, Golan si è aggregato al nuovo partito del vecchio Ehud Barak. Poi, in seguito alla sua fusione con gli altri partiti di sinistra (Avodà-Ghesher-Meretz), è entrato nella lista di Amir Peretz. Infine, per un pelo, è riuscito ad aggiudicarsi l’ultimo seggio della Knesset. Una piccola soddisfazione dopo un lungo periodo di mortificazioni.

Ma non finisce qui. Appena un anno dopo, in vista del nuovo girone elettorale e in seguito allo scioglimento del partito di Amir Peretz, Golan ha preso posizione in Meretz, considerato in Israele il più radicale dei partiti di sinistra. Poi, nel 2022 è stato nominato Vice Ministro dell’Economia: una nomina prestigiosa, per sua sfortuna durata troppo poco. Naftali Bennett e Yair Lapid, infatti, hanno deciso di sciogliere il loro governo e Golan si è presto ritrovato di fronte ad un bivio. Lasciare la politica? Passare al partito dell’Avodà? Continuare nel partito di Meretz? Provare a candidarsi come capolista?

L’ex generale, abituato agli scontri frontali, ha deciso di tentare il tutto per tutto e si è candidato alle primarie di Meretz con l’intento di diventarne capolista. Il risultato è stato a dir poco pietoso. Golan ha perso contro Zehava Galon, si è posizionato al quinto posto della lista e, come se ciò non bastasse, Meretz alle elezioni non ha nemmeno passato la soglia di sbarramento. Così, Golan si è ritrovato in un attimo fuori dalla Knesset. Forse, ancora più umiliato di quanto non fosse quando è stato allontanato dall’IDF. “Non mi rende felice la caduta di Meretz, ma almeno posso dire ‘ve lo avevo detto’. Dovevamo cambiare il DNA del partito e non lo abbiamo fatto. Il risultato è la sua estinzione”, ha dichiarato Golan in seguito alla doppia sconfitta, prima di ritirarsi dalla vita politica. Nell’anno successivo, l’ex Vice Ministro si è fatto vedere e sentire poco.

Poi, una volta cominciate le manifestazioni contro l’attuale governo di Netanyahu e la sua riforma giudiziaria, il veterano è tornato all’azione, partecipando attivamente alle proteste nelle piazze di Tel Aviv. Un discreto come-back alla vita pubblica, ma ancora non abbastanza incisivo e significativo da farlo tornare ufficialmente alla vita politica.

 

Il 7 ottobre cambia tutto

Poi, il 7 ottobre. Poi, il giorno che ha modificato le sorti di Israele e del popolo ebraico nel mondo. Poi, tutto è cambiato. Quando Yair Golan ha saputo dell’attacco di Hamas, non ha esitato. Ha preso la sua arma da fuoco, è entrato in macchina e si è diretto verso il luogo del Nova Festival. L’ormai non più giovane generale è stato tra i primi ad entrare nel luogo della strage. Prima ancora che l’IDF desse l’ordine di attaccare, lui era già lì.

Così, Golan è riuscito a mettere in salvo decine e decine di giovani partecipanti al Festival, rischiando la propria vita più e più volte. L’indomani, era già tornato ad essere un eroe. Tutti gli israeliani, di destra e di sinistra all’unisono, hanno elogiato il suo straordinario coraggio. “Probabilmente conoscete la mia storia con Yair Golan. Diciamo che non c’è mai stato un grande amore tra noi – ha scritto Amit Segal, il più importante opinionista politico del paese, nonché instancabile nemico ideologico di Golan – . Pensavo, e oggi ne sono ancora più convinto, che la sua affermazione sul processo nazista che la società israeliana sta attraversando fosse infelice, così come lo era il soprannome che diede ad alcuni coloni, quando li definì ‘subumani’. Gli ultimi giorni ci hanno mostrato chi sono i nazisti e chi sono i subumani. Non noi, ma Hamas. Allo stesso tempo, l’eroismo di Yair Golan, che si è offerto volontario e si è letteralmente gettato nel fuoco per salvare i civili, non verrà mai dimenticato. Grazie Yair”.

 

Ancora una volta, il destino del veterano è cambiato in un attimo. Così com’era diventato nemico del paese in una notte, Golan è diventare l’eroe d’Israele in un giorno. Parole, parole soltanto parole? No. Non questa volta. L’entusiasmo degli israeliani non si è limitato ai social, ma ha oltrepassato gli schermi e le tastiere, arrivando fino alla Knesset. I sondaggi da capogiro hanno spinto l’ex politico a ricandidarsi. Questa volta, però, come capolista del partito Avodà, il partito che ha reso Rabin leggenda. Il partito storico del centro sinistra. Una mossa saggia e astuta, quella di Golan: cavalcare l’onda per ridefinire la propria immagine. Non più un radicale estremista, ma un legittimo leader centrista. Il risultato non ha deluso le sue aspettative e le aspettative dei suoi elettori. Yair Golan ha vinto le primarie con il 95% dei voti. Un risultato senza precedenti, che lo rende uno dei grandi favoriti nelle prossime elezioni. D’altronde, è ancora troppo presto per giudicare il cambiamento umano e politico del tanto discusso candidato, ma una cosa è certa: non è mai troppo tardi per rimettersi in gioco.