di David Zebuloni
Il ricordo della Shoah è stato messo duramente alla prova negli ultimi decenni. I rigurgiti antisemiti in Italia e in Europa ne hanno confermato l’importanza, la minaccia del negazionismo ne ha aumentato il valore. I testimoni ci hanno insegnato che ricordare il passato è necessario per vivere un presente migliore, per costruire un futuro privo di odio.
Così la Memoria nel tempo è stata ridimensionata, attualizzata, contestualizzata e decontestualizzata. Il rischio di snaturarla è sempre altissimo, ma la minaccia dell’oblio tuttavia si rivela essere ancora più forte. Le nuove tecnologie e i social network sono stati accusati di aver generato (o perlomeno alimentato) il problema e Facebook si è presto trasformato in arena di combattimento in cui i negazionisti sono scesi in campo muniti di tastiera. Scopriamo tuttavia l’importanza di queste piattaforme virtuali nella preservazione del ricordo stesso, a tal punto da rivelarsi fondamentali per arrivare agli utenti più giovani.
La storia di Eva, ovvero il profilo Instagram di una ragazza ebrea ai tempi delle deportazioni naziste, l’anno scorso è riuscito ad attirare a sé l’attenzione di tutto il web, suscitando non poche polemiche, ma al contempo ottenendo anche un grande consenso. La domanda che Eva ci ha posto è semplice: bisogna davvero cambiare il modo di ricordare?
La stessa domanda ce la siamo posti quest’anno, a causa del Covid-19. Come si ricorda, se non insieme? Come si commemora, se non presenziando ad una cerimonia? Le risposte non hanno tardato ad arrivare. Zikaron ba Salon (in italiano, Un ricordo in salotto) è stata la prima iniziativa a reinventarsi. Si tratta di un ambizioso progetto ideato nel 2011 che vede la distribuzione dei superstiti al genocidio nei salotti di casa dei cittadini israeliani. Una famiglia adotta dunque un nonno o una nonna per un giorno e attraverso un’applicazione le persone interessate possono iscriversi e andare a sentire la sua testimonianza a casa della famiglia adottiva. Date le circostanze, Zikaron ba Salon ha deciso di trasferirsi momentaneamente su Zoom e di trasmettere così le testimonianze online.
Anche la cerimonia statale che ogni anno a Yom haShoah trova sede nel museo di Yad VaShem a Gerusalemme e alla quale presenziano solitamente centinaia di persone, quest’anno si svolgerà diversamente. La sala che ospita la cerimonia sarà completamente vuota. Presenti sul palcoscenico vi saranno solamente i rappresentati della Knesset, sei testimoni che accenderanno le fiaccole della memoria e alcuni artisti che si esibiranno. Tra loro anche Eden Alene, la cantante etiope che doveva rappresentare quest’anno Israele all’Eurovision Song Contest a Rotterdam, prima che l’evento venisse annullato a causa dell’emergenza sanitaria.
L’imperativo di Primo Levi “Vi comando queste parole, scolpitele nel nostro cuore” si è dunque evoluto negli anni, ma vige ancora. Si è spostato dal cuore al telefonino, è vero, ma non ha mai perso la sua rilevanza. Persino quando il virus sembra ostacolare il ricordo, la fiamma della memoria non smette di ardere.