di Ludovica Iacovacci
Gerusalemme si è svegliata il 5 giugno (28 Iyar) sin dall’alba con l’aria di festa mista alla necessità di sicurezza. Yom Yerushalayim, il Giorno della Capitale nel quale si celebra la liberazione e riunificazione della città sotto il controllo israeliano a seguito della Guerra dei Sei Giorni nel 1967, quest’anno assume un significato ancora più nitido a causa della guerra a Gaza, del fronte nord del Paese che brucia per mano di Hezbollah e per l’architettura di guerra iraniana che orchestra i disordini in Medio Oriente.
Fin dalla mattina si odono gli allarmi delle sirene della polizia che risuonano per la città, fortemente militarizzata per una festività divisiva solo per pochi. Appena prima dell’inizio della Parata delle Bandiere, la tipica sfilata dove i partecipanti sventolano bandiere di Israele e di Gerusalemme per l’intera città, nei pressi della Porta di Damasco, all’ingresso della Città Vecchia, c’è qualche tumulto. Qualche decina di israeliani inneggia contro gli arabi. Si tratta di un momento di tensione che non ha causato né morti né feriti gravi ma questo minoritario accadimento, soprattutto fuori dal Paese, ha determinato la narrazione mediatica dell’enorme evento ancora prima che iniziasse.
La Parata delle Bandiere, infatti, è iniziata nel primo pomeriggio fuori dalla Città Vecchia, seguendo il percorso prestabilito. La manifestazione si è soffermata a lungo davanti al Beit HaKnesset HaGadol: giovani, adulti, anziani, famiglie, israeliani di ogni fascia d’età hanno cantato a squarciagola e ballato insieme. Un’ondata oceanica di bandiere di Israele e di Gerusalemme sventolava all’unisono accompagnata da canzoni in onore della città e del Paese, melodie intonate da giovani danzanti in spaziosi girotondi scoppiettanti di felicità. Non c’era via nel centro di Gerusalemme dove non si respirasse aria di festa.
“Yom Yerushalaim è il giorno in cui dopo 2000 anni abbiamo ricevuto Gerusalemme, la città santa ed eterna per tutto il popolo d’Israele. È un momento di gioia non solo per il popolo israeliano ma per tutto il mondo” racconta Sion, un israeliano padre di famiglia. “I nostri chachamim dicono che Gerusalemme è il cuore del mondo e senza cuore il mondo è malato. Oggi nel mondo e nel Medio Oriente ci sono diversi problemi, ma aggiustare Gerusalemme significa aggiustare il mondo. Mi auguro, se Dio vuole, che saremo padri di figli che possano convivere in un mondo di pace e che possa essere ricostruito presto il Bet Hamikdash”. Per questo motivo varie persone portano in spalla una bandiera sulla quale si auspica: “Terzo Tempio”. Durante il giorno corrono virali per la rete frammenti filmografici della conquista da parte di Tzahal della Città Vecchia in quel lontano giugno del 1967, momento storico che a Yom Yerushalayim 2024 sembra essere accaduto la mattina stessa data l’allegria che caratterizza la città.
Più che celebrare il ricordo di un evento passato, camminando per le strade sembra essere appena iniziata una nuova era. Diversi soldati passeggiano tenendo per mano i loro bambini e non c’è neanche un gruppo di persone sprovvisto di una qualche bandiera. Nella Città Vecchia la polizia israeliana ha predisposto la percorrenza per raggiungere il Kotel: bisogna fare un giro largo, neppure il quartiere ebraico è accessibile quindi non si può tagliare per il centro. Lungo il tragitto, due giovani israeliani decidono di arrampicarsi ai bordi delle mura della città per sedersi uno di fronte all’altro; portano con loro una chitarra e una bandiera di Gerusalemme e mentre parlano volgono lo sguardo verso la parte orientale della capitale liberata decenni prima dall’occupazione dell’esercito giordano.
Nel tardo pomeriggio il Kotel è un tappeto di persone. Il piazzale è così colmo di giovani che si fatica a camminare. La musica suona a tutto volume mentre le ragazze cantano prendendosi mano per la mano e gioiose danzano formando grandi girotondi. Un piccolo bambino indossa una corona di carta sulla testa, seduto sulle spalle del papà sventola fieramente una bandiera israeliana molto più grande di lui. Una ragazza bionda sulle spalle del fidanzato ride a crepapelle mentre i due girano su sé stessi rischiando di cadere. Melodie ebraiche rimbombano sotto le antiche mura della città di Gerusalemme, scenario spirituale di un concerto umano dall’animo eterno.
La festa non finisce neanche quando cala il sole. In una delle piazze principali, Piazza Zion, c’è una gara di freestyle e di capriole per aria, dove volteggiano anche kippot e zizzit indossati dagli acrobati di strada. “Gerusalemme è una città santa da quando c’era il Tempio quindi noi veniamo qui ad ogni ricorrenza per celebrare la connessione tra noi e Dio. Quando Gerusalemme fu presa dagli arabi non potevamo farlo. Dopo la guerra c’era molta allegria nell’aria perché noi eravamo tornati nella nostra terra, nella nostra città, nei nostri luoghi sacri” spiega Ana, un’israeliana di 15 anni. “Noi non potevamo celerare tutto questo, così adesso lo facciamo ogni anno a Yom Yerushalayim: perciò questa festa è così importante”.
Il Giorno di Gerusalemme è una giornata di festa, di felicità, di allegria, di musica, di danze. Non è solo un’occasione per stare insieme bensì è un evento nel quale ci si ricorda dell’importanza di essere israeliani, di essere ebrei e si celebra a gran voce l’importanza di avere Gerusalemme, unica e indivisibile. Si respira un forte senso di identità e di appartenenza ad una stessa Nazione. Yom Yerushalayim è una festa impossibile trovare da qualsiasi altra parte del mondo tanto per spirito quanto per partecipazione, soprattutto giovanile. Al di là delle appropriazioni, l’unico messaggio politico che regalano le persone che vi partecipano è la fierezza di essere figli di un unico popolo: Am Yisrael. Questa forte identità e il senso di appartenenza spiegano come lo Stato di Israele, un piccolo fazzoletto di terra circondato da nemici che vogliono distruggerlo, continui a esistere nonostante le innumerevoli e continue minacce.
La sera dopo l’attacco dell’Iran contro Israele avvenuto il 13 aprile, Khamenei, la Guida Suprema del Paese sciita, aveva detto che Gerusalemme sarebbe stata dei musulmani. Durante Yom Yerushalayim i negozi dei musulmani in Città Vecchia erano tutti chiusi e per l’intera giornata è stato pressoché impossibile notare qualche velo islamico che coprisse i volti delle donne ma che testimoniasse la presenza musulmana alla celebrazione. Il Giorno di Gerusalemme non è festa per tutti ma sotto il controllo israeliano nella capitale i diversi culti possono essere seguiti liberamente, le minoranze sono rispettate, rappresentate e possono serenamente aderire alla fede nella quale credono. Le moschee presenti in tutta la città sono innumerevoli e i musulmani prendono parte alla vita della città senza dover nascondere la loro appartenenza religiosa.