di Anna Balestrieri
Yom Yerushalaim è trascorso senza scontri eccessivamente violenti quest’anno, nonostante la tensione alle stelle a seguito dell’ultima guerra lampo tra Israele e la jihad islamica di Gaza facesse temere il peggio. Non sono purtroppo mancate le provocazioni da parte della destra ultranazionalista che hanno urlato insulti a reporter arabi e fatto gestacci ai passanti.
I media israeliani hanno dato poco spazio agli eventi della tradizionale “marcia delle bandiere” che celebra la riconquista di Gerusalemme da parte israeliana a seguito della vittoria della guerra dei Sei giorni.
È stata piuttosto la stampa internazionale a sottolineare l’intenzione provocatoria della marcia. Le Monde ha riportato come i commercianti palestinesi della città vecchia siano stati costretti a chiudere i propri negozi e sia stato negato loro l’accesso dalla Porta di Damasco per permettere il passaggio della manifestazione. Le Figaro ha individuato nella volontà di “colpire i sentimenti” dei palestinesi il reale obiettivo della marcia, ricordando quanto la stessa sia stata la miccia scatenante dei disordini di due anni fa, che hanno trascinato Israele in una guerra di undici giorni con più di settanta morti da entrambe le parti. Nonostante i cori inneggianti a “morte agli arabi”, “che il tuo villaggio bruci” e “Mohammad è morto” (Washington Post) e l’atteggiamento provocatorio tenuto dai manifestanti capeggiati dal gruppo reazionario Beyadeinu di Tom Nissani, il New York Times ha voluto dar voce anche ai gesti di solidarietà di attivisti ebrei israeliani di sinistra, che hanno cercato di bloccare la penetrazione della marcia nel quartiere musulmano della città vecchia ed hanno offerto fiori ai palestinesi.
È nella giornata di venerdì, tuttavia, che la situazione è degenerata. Due gruppi in preghiera, uno al muro occidentale per l’annuale preghiera per il giorno di Gerusalemme, l’altro presso la moschea di Al Aqsa per l’abituale preghiera del venerdì, si sono scontrati rendendo inevitabile una reazione violenta della polizia di confine.
Il sito Behadrei haredim ha sottolineato gli sforzi della polizia nel gestire un apparentemente ingiustificato scoppio di violenze da parte degli arabi, “che hanno iniziato a lanciare pietre sulle forze dell’ordine alla Porta dei Leoni”. Israel Hayom riporta il ricovero di due ventenni israeliani all’ospedale di Shaarei Tseder per l’urto delle pietre. Srugim pone il dubbio che l’atteggiamento sfacciato dei giovani delle yeshiva che ballano posso aver urtato la sensibilità dei fedeli in preghiera alla moschea. Solo Haaretz menziona la versione araba, che vuole che degli ultranazionalisti israeliani abbiano danneggiato delle auto vicino al Lion Gate, scatenando così la reazione di esasperazione degli abitanti.
Aleggiano su Gerusalemme, vivide come non mai, le parole del poeta Yehuda Amichai:
Sul terrazzo, nella città vecchia, pende il bucato
all’ultima luce del giorno. Il velo bianco di una mia nemica,
il fazzoletto di un mio nemico
che lui ha usato per asciugarsi il sudore della fronte.
E nel cielo della città vecchia sta un aquilone
ma all’estremità del filo c’è un bambino
che non vedo per colpa del muro.
Abbiamo fatto sventolare molte bandiere
Hanno fatto sventolare molte bandiere
perché pensassimo che fossero felici
perché pensassero che fossimo felici.
Shire Yehuda Amichai
1, p. 230
Dalle immagini traspare in primo luogo
(Foto: The Real Jerusalem Street)