7 ottobre 2023-7 ottobre 2024. Giuliano Ferrara: “Israele non ha scelta: difendersi per esistere”

Italia

di Ludovica Iacovacci
“Il dolore si affronta in mille modi diversi ma nella sua essenza, nella sua natura, è indicibile. Questo dolore talmente forte, dinnanzi alla fine e all’insulto della pietà, è molto difficile da mettere a tema”. Parole di Giuliano Ferrara, giornalista, conduttore e politico italiano, che ha partecipato il 7 ottobre all’evento della Comunità ebraica di Milano per commemorare un anno dai massacri del 7 ottobre perpetrati da Hamas in Israele. Un discorso atteso, chiaro e appassionato, che ha catalizzato l’attenzione e l’entusiasmo dei presenti.

“È stato detto con cura morale che difronte a quello che è accaduto non ci si può chiedere perché è successo, ci si può limitare a descriverlo nella realtà oggettiva: come è successo, come si è sviluppato, come è cresciuto. Da piccolo agente sionista e giornalista italiano, devo dire qualcosa a cui credo fortemente: questa non è una manifestazione politica, non siamo qui per discutere il punto di vista politico. Noi dobbiamo ricordare un massacro, qualcosa che non ci abbandonerà mai nella vita e al tempo stesso cercare una speranza non retorica. Oggi voglio ricordare tutti i soldati e le soldatesse di Tzahal che in questo anno hanno combattuto con valore nonostante il dolore di questa drammatica circostanza nella quale tutti siamo stati messi. Per un anno, ancora una volta, dopo la Guerra di Indipendenza, la Guerra dei Sei giorni, quella dello Yom Kippur, ci troviamo nuovamente intorno un cerchio di fuoco, dalla Siria, allo Yemen, al Libano. Certo, adesso abbiamo la certezza che nessuno vuole diventare il capo di Hezbollah” suscita ilarità tra il pubblico la battuta di Giuliano Ferrara, scherzando sul fatto che più leader dell’organizzazione terroristica siano stati fatti fuori, anche l’ultimo, Hashem Saffedine, dichiarato morto appena 5 giorni dopo essere succeduto a Hassan Nasrallah.

“La guerra è un’offesa a chi la fa, oltre a chi la subisce. I terroristi di Hamas hanno telefonato a casa loro dicendo: ‘Mamma, ho ucciso gli ebrei!’. Questa è la follia del fanatismo politico dell’Islam. Questa follia reclama da parte di Israele, che difende l’Occidente, un’innocenza che non perdona. Lo dico da cristiano: il perdono segue la giustizia, non la precede né la costruisce. Questa guerra che ha comportato decine di migliaia di civili uccisi nasce da un senso di giustizia: la sopravvivenza di Israele. Se dovessi parlare con uno dei giovani che in questi giorni è sceso in piazza direi che il sionismo è un movimento per l’esistenza, la difesa e l’emancipazione di un grande popolo. Bisogna capire che gli ebrei non sono quelli che sparano col mitra ai “nuovi proletari”, identificati nei palestinesi. Gli ebrei sono stati una benedizione per la musica, per la letteratura, per la scienza, per la medicina. Gli ebrei sono un miscuglio di caratteristiche diverse che ha fissato una delle radici più importanti della storia del mondo e della civiltà. Il problema vero è che si ha bisogno di un dirimpettaio: la frase “due popoli, due Stati” va bene, ma il problema è che il mondo anziché chiedere agli arabi di costruire le condizioni per la caduta dell’Iran, ha chiesto ad Israele di cessare il fuoco. Io, per natura, sono per il cessate il fuoco, ma non si può chiedere ad Israele di contenersi. Il presidente francese, Emmanuel Macron, non può dire di non dare le armi a Israele. Israele è un Paese straordinario, che ha saputo costruire qualcosa con altri arabi – anche loro vittime del fanatismo – e ha cercato di far emergere un simulacro di statualità. Israele ha cercato in tutti i modi di costruire un equilibrio internazionale affinché non ci fosse la guerra in Medio Oriente: non ce l’ha fatta. Ci vorrà il lavoro di generazioni. Finché pace e giustizia non saranno fatte: “Mi difendo, dunque, sono” conclude Giuliano Ferrara citando il cantante Herbert Pagani per esprimere cosa stia provando lo Stato ebraico.