di Nathan Greppi
“Sono figlio di Doron e Talia, che si sono salvati dal massacro di Kfar Aza. Io sono fratello maggiore di Idan, e anche lui si è salvato. Sono fratello di Ziv e Gali, che il 7 di ottobre sono stati presi in ostaggio dai terroristi di Hamas e portati a Gaza”. È cominciata così la testimonianza di Liran Berman, i cui fratelli, i gemelli Ziv e Gali, sono stati rapiti il 7 ottobre nel Kibbutz Kfar Aza e sono tuttora nelle mani di Hamas.
“Ziv e Gali sono i miei fratelli minori, e sono la luce della nostra casa”, ha spiegato Liran Berman. “E non è casuale che lavorino proprio nel mondo delle illuminazioni musicali. Da quando sono nati, Ziv e Gali sono sempre stati amici del cuore: tifosi della stessa squadra di calcio, amanti della stessa musica, sono i migliori nipoti per i propri nonni. Sono i figli migliori dei nostri genitori. Sono i miei fratelli migliori, e gli zii migliori per i miei figli”.
“Il 7 ottobre, in tutta Israele ci siamo svegliati alle 6:29 con le sirene che suonavano in tutto il paese. Pensavamo che fosse il solito attacco missilistico, a cui abbiamo fatto l’abitudine. Man mano che passavano le ore, dalla mattina presto, abbiamo cominciato a capire che era molto più grande di quello che pensavamo. Abbiamo capito che i terroristi si sono infiltrati in molte città al confine con Gaza”.
“L’ultimo contatto che abbiamo avuto con i miei fratelli”, ha raccontato, “è stato alle 10 del mattino. Più tardi, poi, abbiamo scoperto che questa è stata l’ora in cui sono stati portati a Gaza. I miei genitori sono stati portati in salvo, intorno a mezzanotte dello stesso sabato, e mio fratello Idan, invece, è stato messo in salvo solo l’indomani. E da quando ho capito che sono stati presi in ostaggio, la mia missione è quella di riportare a casa tutti gli ostaggi”.
Ha infine dichiarato: “Gli ostaggi vivi devono tornare a casa, e anche quelli che non sono più vivi e che sono tenuti in ostaggio devono tornare a casa per ricevere una degna sepoltura”. Ha concluso dicendo: “Non sono io qui l’eroe, il protagonista, ma sono i miei fratelli minori, e insieme a loro gli altri ostaggi che da più di un anno vengono tenuti nei tunnel di Hamas. Sono loro i veri eroi di questa storia, e loro vanno riportati a casa. A voi voglio dire che non ci fermeremo finché tutti gli ostaggi non torneranno a casa, fino a quando mia madre non potrà riabbracciare e baciare Gali e Ziv, fino a quando i miei figli non potranno di nuovo giocare con loro, e finché io non potrò riabbracciarli nuovamente. E a voi tutti, chiedo di cambiare terminologia: la liberazione degli ostaggi porterà il cessate il fuoco”.
Spizzichino (Ugei): “Preoccupa la normalizzazione dell’antisemitismo mascherato da antisionismo nelle università”
“L’anno passato è stato segnato da eventi che hanno profondamente scosso la nostra comunità in modi che non avremmo mai potuto immaginare”, ha dichiarato sul palco Luca Spizzichino, presidente dell’UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia). “Il 7 ottobre ha ferito profondamente l’intero popolo ebraico. La brutalità di quel giorno ha scosso ciascuno di noi e ha risvegliato un odio antico, che ha trovato terreno fertile ed è tornato a manifestarsi con forza e pericolosità, persino nelle università italiane”.
Ha continuato spiegando che “quello che oggi ci preoccupa di più non è solo la violenza fisica, ma la normalizzazione di questo odio, che si infiltra nei luoghi di formazione e cultura, nelle aule che dovrebbero essere spazi di tolleranza e libertà. È proprio qui che affrontiamo la forma più insidiosa di antisemitismo, che si mimetizza tra le aule e le discussioni. L’antisemitismo, oggi, si presenta con un volto più subdolo, quello dell’antisionismo, che ci rende bersagli, che ci isola”.
“In questi mesi, ci siamo sentiti esposti, vulnerabili, persino soli. Ma non ci siamo arresi, e non lo faremo ora. Siamo consapevoli delle minacce, come quella di una nuova ‘intifada universitaria’, ma non ci lasceremo intimidire. Non permetteremo che l’odio prevalga nei luoghi dove dovremmo sentirci liberi di studiare e crescere. Abbiamo fatto, stiamo facendo, e continueremo a fare tutto il necessario affinché ogni studente ebreo si senta protetto e al sicuro”.
Spizzichino ha spiegato che “fortunatamente non siamo soli. Negli ultimi mesi, abbiamo trovato preziosi alleati lungo il cammino. Il dialogo ha aperto nuove porte, e ci ha permesso di costruire ponti. Il sostegno che abbiamo ricevuto, specialmente grazie all’adesione di tante associazioni studentesche al Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio, è stato cruciale. Questo manifesto non è solo una dichiarazione, ma un impegno concreto per garantire che ogni studente, indipendentemente dalle proprie origini, possa studiare in un ambiente sicuro e libero da discriminazioni. Ora è il momento di farlo applicare”.
Ha concluso dicendo che “in questo senso, noi giovani ebrei italiani abbiamo la responsabilità di essere protagonisti del nostro futuro. Continueremo a far sentire la nostra voce, a rivendicare il rispetto dei nostri diritti, sia nelle università che nella società in generale. Siamo consapevoli che le sfide saranno difficili, ma non perderemo mai la speranza. Con il coraggio che ci ha sempre contraddistinto, continueremo a lottare per un futuro fondato sul rispetto, la libertà e la sicurezza. L’Unione Giovani Ebrei d’Italia è qui e abbiamo bisogno di tutti vuoi per costruire un futuro migliore”.
Il coro finale
La serata si è poi conclusa con il coro Kol haShomrim insieme ai ragazzi dei movimenti giovanili Hashomer Hatzair e Benè Akiva, che hanno intonato la canzone israeliana HaBaita, e gli inni italiano e israeliano.