di Ludovica Iacovacci e Pietro Baragiola
Non è bastata un’incessante pioggia per fermare la volontà di ricordare una tragica data che verrà scritta nei libri di Storia e che ha cambiato gli assetti del Medio Oriente segnando un prima e un dopo per Am Yisrael e per l’umanità intera. Centinaia e centinaia di persone in fila fuori dal Tempio Centrale di Milano, ombrelli alla mano, sono state ospitate nella Sinagoga per commemorare le vittime del pogrom del 7 ottobre 2023, perpetrato dai terroristi palestinesi di Hamas a danno degli ebrei nel sud di Israele. Il 7 ottobre rappresenta la data in cui il più alto numero di ebrei sono stati uccisi dai tempi della Shoah. Come ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Solo il fatto che un evento che della storia contemporanea possa essere accostato alla Shoah dovrebbe turbare ognuno di noi”.
Ad un anno esatto dal massacro, diverse sono state le voci che si sono distinte come amiche del popolo ebraico, di Israele, e alcune tra loro appartengono all’ambito del giornalismo italiano e della comunicazione.
Dopo l’intervento di Giuliano Ferrara, è stata la volta della tavola rotonda fra giornalisti e intellettuali, moderata dal giornalista del Corriere della sera Paolo Salom. Sono intervenuti: Mario Sechi, Pietro Senaldi e Daniele Capezzone (Libero), Iuri Maria Prado, Klaus Davi e Ilaria Borletti Buitoni.
Mario Sechi: “le parole dei giornalisti che influenzano l’opinione pubblica”
“La difesa principale di Israele in questo conflitto consiste in una narrazione accurata e precisa. Per questo servono giornalisti e mezzi di informazione eticamente responsabili che si attengano alla realtà dei fatti.”
Queste sono le parole di Mario Sechi, direttore responsabile del quotidiano Libero, che durante il suo intervento, si è soffermato sul valore delle parole utilizzate dai media e sulla loro capacità di influenzare, spesso negativamente, l’opinione pubblica nei confronti di Israele.
Il direttore di Libero si è dichiarato sconvolto dal modo in cui molti giornali continuano a stravolgere la verità, usando termini come ‘politici’ e ‘pragmatici’ per descrivere terroristi e criminali di guerra: “Nasrallah, il leader di Hezbollah, è stato quasi definito un ministro del Welfare, un benefattore e non il capo di una gang di criminali assassini.”
Parole come ‘genocidio’ ed ‘escalation’ sono sempre più presenti negli articoli contro Israele, come critica nei confronti del suo governo e del suo esercito.
“Sono parole usate in modo scandaloso e inappropriato in quanto, l’unico popolo che abbia subito un tentativo di genocidio nella nostra storia recente è stato proprio il popolo di Israele” ha dichiarato Sechi, invitando il pubblico in sala a fare attenzione a dove legge o ascolta le notizie.
Secondo il direttore di Libero, infatti, gran parte delle agenzie internazionali riportano i dati del Ministero della Sanità di Gaza con la stessa gravità di quelli forniti dal governo d’Israele: “un minuto si parla di ciò che afferma Israele e quello dopo di ciò che dice Hamas, come se fossero sullo stesso piano. È una cosa inaudita!”
I dati stessi forniti da Gaza dovrebbero far riflettere, in quanto continuano a sostenere che non ci siano mai morti terroristi ma solo vittime civili, nonostante vi siano prove schiaccianti del contrario.
Sechi ha voluto soffermarsi anche tanto discusso invito al ‘cessate il fuoco’, un appello che è sempre utilizzato contro l’esercito israeliano e mai quando a partire sono i missili di Hamas. Missili a cui, secondo il direttore di Libero, la stampa darebbe poco valore per via del loro esiguo numero di vittime.
“Proprio qui notiamo l’ennesima dimostrazione del fatto che abbiamo bisogno di un’informazione attenta e dettagliata” ha affermato Sechi. “Non sono i missili di Hamas ad essere meno pericolosi, bensì è solo grazie all’efficienza del sistema di difesa aereo israeliano che il Paese non conta migliaia di morti. Ma di questo nessuno ne parla.”
(P.B.)
Pietro Senaldi e l’antisemitismo italiano
“Purtroppo oggi nelle redazioni c’è ancora tanta paura di allontanarsi dalla maggioranza e la maggioranza in questione ha opinioni contro Israele” ha affermato Pietro Senaldi, co-direttore di Libero.
Senaldi ha spiegato che il problema più ricorrente della cultura italiana di oggi sta nel segregare l’antisemitismo come un fenomeno nato con le leggi razziali mentre invece ha una tradizione secolare, esistita nel nostro Paese da molto prima che l’Italia diventasse una nazione.
“Mi è stato detto che il credito della Shoah si sta esaurendo” ha raccontato l’opinionista. “Questa è una frase che mi spaventa molto in quanto allude ad un possibile ritorno dell’antisemitismo violento e spietato che abbiamo visto con il nazismo.”
L’unico modo per sconfiggere questo clima d’odio, secondo Senaldi, è parlando apertamente di incidenti antisemiti ovunque essi accadono: “l’antisemitismo va fermato sul nascere. Non ha un colore politico, bensì è un problema che riguarda tutti noi, in quanto mette a repentaglio i diritti basilari dell’umanità.”
(P.B.)
Daniele Capezzone: “L’unico piano di pace è cancellare Hamas, Hezbollah e far implodere l’Iran”
“Anche i forti hanno bisogno di amici. Cosa succederebbe se questo amico dimostrasse amicizia solo il 27 gennaio e il 7 ottobre?” domanda retoricamente Daniele Capezzone, giornalista e saggista italiano, direttore editoriale del quotidiano Libero. “Ogni anno dura 365 giorni l’anno, non solo due. Non è possibile cavarsela con una lacrimuccia solo in due date. Hamas ha dimostrato di essere ciò che sapevamo già fosse, ma è forse meno pericoloso di Hamas chi finge di non capire? Si sente: “Condanniamo ogni forma di violenza e terrore”. Ma il 7 ottobre c’è stata solo una forma di violenza: quella dell’islamismo terrorista. La matrice è chiara, la mano è chiara, chi ha voluto versare il sangue è chiaro. Sento parlare di piani di pace e preoccupazione umanitaria e penso sia sacrosanto, ma non devo citare io l’Ecclesiaste: “Per ogni cosa c’è il suo momento”. L’unico piano di pace che Israele può donare al mondo è cancellare Hamas ed Hezbollah dalla faccia della terra, e mettere il regime iraniano in condizione di non nuocere ulteriormente a sé stesso e agli altri – o distruggendo il programma nucleare iraniano, di cui sappiamo ancora poco, o causando un’implosione dall’interno. In Siria, in Libano, in Iraq abbiamo visto uomini e donne che festeggiavano perché moriva Nasrallah: un uomo con le mani sporche di sangue. Qui invece c’erano facce luttuose di analisti ed esperti”, conclude Daniele Capezzone. (L.I.)
Klaus Davi: “Cosa aspetta la politica a fare leggi chiare contro l’incitamento all’odio?”
“Milano deve andare orgogliosa di questa comunità e dobbiamo essere orgogliosi di essere sionisti: non è una parolaccia” inizia così intervento del giornalista ed espero di comunicazione Klaus Davi: “Ci tengo a sottolineare la straordinarietà delle donne della Comunità ebraica di Milano. La lotta delle parole è importante, soprattutto sul web. Molto prima che le élite abbandonassero Israele, noi abbiamo consentito che in questi 25 anni l’odio dell’antisemitismo germogliasse. Da questo punto di vista la politica è mancata. Questo continua nonostante il 7 ottobre: se oggi si va in giro con la kippah o con la stessa di David, si deve temere per quello che può succedere. Questo non è possibile, non è accettabile che una persona non possa identificarsi. Nessuno è razzista ma dobbiamo stare attenti alle moschee: alcune di esse sono incubatrici dell’odio antiebraico. Cosa aspetta la politica a fare delle leggi chiare sul fatto che non si possa odiare né alimentare l’odio? Questo non è esprimere il libero pensiero. Non credo che gli antisemiti siano la maggioranza del Paese, sono tali solo nella rappresentazione. Eden Golan, la cantante israeliana andata all’Eurovision a rappresentare Israele, è stata boicottata, nessun Paese le ha dato pieni voti: è ovvio che c’era un pregiudizio. C’è una manipolazione in atto ad opera di certe élite contro lo Stato di Israele che alimenta l’antisemitismo. Vedo un parallelismo con il funzionamento delle organizzazioni criminali. Dobbiamo intervenire sui giovani perché li stiamo perdendo: non possiamo permetterci di perdere le nuove generazioni”.
(L.I.)
Chi può dire cos’è l’antisemitismo? Gli ebrei. L’intervento di Iuri Maria Prado
“L’andazzo antisemita ha assunto forme inedite con parole come genocidio, pulizia etnica, punizione collettiva, apartheid. Puntualmente sono parole già usate per l’antisemitismo puro” afferma l’avvocato Iuri Maria Prado sottolineando il rovesciamento dell’utilizzo delle parole: quei termini con cui si descriveva la discriminazione subita dagli ebrei, oggi sono gli stessi vocaboli usati proprio contro di loro. “Queste formule che coprono l’andazzo antisemita trovano puntualmente l’intervento dell’esperto di antisemitismo che spiega cosa sia questo fenomeno. È ora di dirlo chiaramente: gli esperti sono coloro che ne hanno fatto esperienza, coloro che lo subiscono, non gli intellettuali. Gli esperti di antisemitismo sono gli ebrei che hanno subito le leggi razziali. Oggi loro si sentono dire in televisione e sui giornali che a Gaza si uccidono i bambini. Questa narrazione è una schifezza” afferma in conclusione Iuri Maria Prado. (L.I.)
Borletti Buitoni e l’errore dei movimenti femministi
Ospite dell’incontro è stata anche l’ex membro della Camera dei deputati della Repubblica Italiana, Ilaria Borletti Buitoni. Come unica opinionista femminile presente alla tavola rotonda, Borletti ha affrontato il problema dei movimenti femministi che hanno perso grande credibilità non sostenendo Israele dopo il 7 ottobre.
“In questa guerra i valori delle donne sono in prima linea e molti gruppi autoproclamatisi ‘femministi’ hanno preferito non schierarsi con Israele per opportunismo o vigliaccheria” ha affermato l’opinionista, delusa da questo comportamento.
Molti movimenti femministi risentono ancora dell’influenza del cattolicesimo e del comunismo italiano e considerano Israele e i suoi valori un’élite nociva che va combattuta senza porsi troppe domande.
“In questo modo però ci si dimentica di quello che le donne israeliane hanno subito durante il 7 ottobre” ha proseguito Buitoni. “Questi movimenti femministi non si rendono conto che i Paesi che intendono eliminare Israele dalle mappe sono gli stessi che vogliono l’espansione di un radicalismo religioso che reclude le donne ad un ruolo minoritario della società, che le ferisce e le umilia.”
Borletti ha concluso il suo intervento invitando gli italiani, ebrei e non, a tenere testa insieme a questo radicalismo dilagante. “Io sono cristiana e, ciononostante, questa situazione mi coinvolge direttamente perché se non ci ergiamo a fianco delle comunità ebraiche delle nostre città, non sarà solo Israele a perdere, saranno tutte le donne che credono nei valori dell’Occidente. (P.B.)