di Carlotta Jarach
“La violenza aveva solo un nome: nazifascismo”: così si esprime Roberto Cenati,
Presidente del Comitato Permanente Antifascista, il 26 gennai
o, all’ex Albergo Regina, comando delle SS e quartiere generale della Gestapo negli anni ’43-45, a pochi passi da piazza Duomo. L’Italia e l’Europa tutta, seppur in crisi, devono far fronte ai rigurgiti neofascisti e neonazisti, dice Cenati, e Milano soprattutto, medaglia d’oro alla Resistenza, deve farsi portabandiera in tale senso.
Stamattina in molti hanno partecipato alla manifestazione organizzata da ANPI, in via Silvio Pellico, ai piedi della lapide in onore di tutti coloro che, partigiani e dissidenti, si ribellarono al fascismo prima e al nazismo poi. Tra i personaggi illustri, il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris: “Questo per Milano è il luogo da cui iniziare la memoria, dà prova di cosa la nostra città è stata in grado di fare. Qui sono passati tanti uomini della Resistenza: siamo stati i primi in Europa ad istituire con una legge la Giornata della Memoria, e come Milano siamo sempre in prima linea contro ogni razzismo”.
Si sono susseguiti poi vari altri interventi, tra cui quello del Vicepresidente della nostra
Comunità, Daniele Cohen: “I miei più vivi ringraziamenti vanno a tutti coloro che
rendono possibile questa celebrazione e a Marco Cavallerin, colui che ormai cinque anni fa ha combattuto per l’affissione della lapide alle nostre spalle. La responsabilità civile e morale è il fulcro dell’incontro di oggi”.
Non dobbiamo far sì, continua Cohen, che una data straniera come il 27 gennaio, che ricorda la liberazione di un campo lontano, in Polonia, ci faccia dimenticare ed estraniare: certamente ci sarebbero altre date più italiane, basti pensare al 17 novembre, quando furono promulgate le leggi razziali, o al 16 ottobre, data del rastrellamento del Ghetto di Roma. E si rivolge agli studenti liceali presenti: “Non siate indifferenti“.
Come infatti dirà poi Gino Morrone, Presidente regionale FIAP, Federazione Italiana Associazioni Partigiani, “la collaborazione servile dei fascisti fu fondamentale per la Gestapo”. Prende poi la parola Giuliano Banfi, Vicepresidente di ANED, Associazione Nazionale Ex Deportati, rifacendosi in parte a ciò di cui parlava Cohen. Banfi infatti focalizza il suo intervento sulla necessità di una precisione nella scelta delle date e dei luoghi per ricordare e portare avanti la memoria: propone per il
prossimo anno, di spostare la ricorrenza a San Vittore, punto nevralgico e storicamente
significativo.
È poi la volta di Roberto Jarach, che in qualità di Vicepresidente dell’UCEI
ricorda ai giovani la grande sfida che sono chiamati a compiere: “un percorso di
conoscenza per aprirci alla speranza”.
Il tema dell’educazione dei giovani studenti è caro anche a Carla Bianchi Iacono, dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani, che torna con forza sull’importanza di scacciare il caldo problema di una ritualità imposta che consuma il significato: “La scuola fallisce quando non riesce a trasmettere questa appartenenza e i valori che la fondano: valori che sono scritti, chiari e inequivocabili, nella Costituzione, in quel patto fra tutte le parti politiche da cui è nata la nostra Repubblica”.
Chiude la manifestazione un esponente dell’Unione italiana del Lavoro, Antonio Albrizio: “La Shoah è una ferita aperta. Sarebbe troppo facile e semplicistico affermare che si è trattato di una spirale di follia omicida; nulla accade per caso.E’ necessario indagare in senso profondo e le cause storiche per poter davvero raccontare come la colta Germania, terra di artisti e di poeti, abbia potuto dare inizio a tutto ciò”.
Il virus dell’intolleranza può rinascere sotto altre forme e bisogna stare attenti. Conclude citando Primo Levi: se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.