di David Fiorentini
“Vogliono farci credere che il cuore sia solo un muscolo e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra religione ci dettano”. Così il giovane questore Giovanni Palatucci esprimeva il suo dissenso di fronte all’atrocità delle Leggi Razziali.
Inviato a Fiume nel 1937, Palatucci escogitò un sistema per risparmiare gli ebrei fiumani dalla furia nazista. Compilando carte false, riuscì a trasferire numerosi perseguitati, invece che in Germania, al campo di internamento di Campagna a Salerno, dove questi avrebbero potuto godere della protezione di suo zio, Vescovo della città. In questo modo, il questore di Fiume riuscì a salvare numerose vite.
Le sue gesta, ricordate nel Giardino dei Giusti tra le Nazioni del Museo Yad Vashem di Gerusalemme, sono state riconosciute nel 1995 dalla Repubblica Italiana con la Medaglia d’oro al merito civile, oltre che da Papa Giovanni Paolo II con il titolo di Servo di Dio.
Il 9 febbraio, in occasione dell’anniversario della sua morte, avvenuta al campo di concentramento di Dachau, il 10 febbraio del 1945, si è tenuta una commemorazione presso la Scuola Primaria G. Palatucci di Roma. Idealmente di fronte ai 300 alunni, si sono riuniti il Capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli, la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, il Consigliere dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Bruno Sabatello, il Presidente del Keren Kayemet LeIsrael – Fondo Nazionale Ebraico Sergio Castelbolognesi, la Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello e il Rabbino capo di Roma Rav Riccardo Di Segni, in una cerimonia all’insegna del ricordo di un esemplare momento di fratellanza, solidarietà e coraggio.
“Quello di Palatucci, non è solo un semplice atto di solidarietà, ma è un monito alle prossime generazioni contro le angherie imposte dai gerarchi totalitari”. “In un momento così precario – continua il Consigliere UGEI Bruno Sabatello – non è affatto scontato trovare la lucidità per adoperarsi per il bene altrui.” Del rischio, infatti, Palatucci era perfettamente al corrente, ma ha continuato nella sua opera di protezione.
La vicenda di Giovanni Palatucci lega profondamente la Polizia di Stato e l’ebraismo italiano, che tutt’oggi si ritrovano fianco a fianco per ribadire l’importanza dell’educazione delle prossime generazioni all’amore per il prossimo.