Antisemitismo in Italia: nel 2022 crescono gli episodi nelle scuole

Italia

di Michael Soncin
I casi di antisemitismo in Italia hanno registrato lo scorso anno un lieve aumento, episodi che generalmente si esprimono sotto forma di insulti e minacce online, a differenza di paesi come Francia, Belgio o Germania, dove invece si manifestano nel mondo reale, con fatti di violenza. Questo è quanto è emerso complessivamente dagli studi condotti a cura dell’Osservatorio Antisemitismo, che nella giornata di lunedì 6 marzo, a Milano, nella sede del CDEC, ha presentato la Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia 2022.

 “Per la prima volta la relazione annuale, che stiliamo da circa un quarantennio, ha anche una versione cartacea, che è possibile acquistare. La relazione di quest’anno è strutturata in 4 parti: una introduttiva, che fa un profilo della situazione sociale ed economica italiana; una seconda, più specifica agli episodi di antisemitismo registrati dall’Osservatorio; una terza, che entra più nel dettaglio dell’antisemitismo diffuso attraverso i social; mentre la parte conclusiva è dedicata alle buone pratiche, ovvero quello che fanno gli enti governativi per contrastare il fenomeno dell’antisemitismo”. Ad esporre i risultati ottenuti dalle ricerche è stato il dottor Stefano Gatti.

Attualmente, come è stato spiegato, non esiste un metodo standardizzato e accettato a livello globale relativo alla raccolta dei dati sull’antisemitismo, anche se si sta pensando di costituirlo. Le analisi condotte a cura dell’Osservatorio Antisemitismo seguono le metodologie dei principali centri studi britannici e israeliani. “Noi rubrichiamo come episodio di antisemitismo quello che viene segnalato attraverso il nostro canale che si chiama Antenna antisemitismo, una sezione del nostro sito web, in cui chi assiste ad un episodio ci manda una segnalazione compilando un formulario, che verrà poi vagliata ed inserita all’interno di un database, per poi analizzarla”, ha spiegato Gatti.

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Il picco durante il 27 gennaio

Una costante a cui si assiste, è che l’antisemitismo riemerge quando si presentano dei problemi nel tessuto sociale, politico ed economico, oggi come in passato. Il 2022 che come già detto ha visto una piccola crescita del fenomeno rispetto agli altri anni, con episodi registrati all’interno del mondo della scuola. Ci sono poi picchi che coincidono il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, o quando gli ebrei sono al centro di alcune situazioni, come le vicende dell’Ucraina o quelle del Coronavirus.

Ma come sottolinea Gatti, la vittima è generalmente un ebreo indefinito, immaginato secondo degli schemi precisi, frutto di una natura ideologica nazifascista o addirittura con radici ancora più antiche. È un meccanismo che si ripete: di fronte ad un evento di cui spesso non si riesce a comprendere, la tendenza è quella di incolpare gli ebrei. Ci sono anche ebrei o presenti tali, che vengono bersagliati come singolo individuo, com’è il caso della senatrice Liliana Segre o del politico Emanuele Fiano.

Non mancano nemmeno le teorie della cospirazione, che vedono attualmente un’ampia diffusione, non più appannaggio di gruppi radicali come avveniva in passato, anzi, spesso vengono anche riproposte da politici di spicco, che rispolverano queste false notizie, animando i sentimenti della popolazione. Sulle teorie cospirazioniste è uscito anche un libro, dove si parla di Covid-19 diventato addirittura o un best seller. Ed in alcuni casi, nelle tesi dei propagandisti la parola ebreo non compare, ma al suo posto si parla di aschenaziti o di khazari.

Diverso è il social e differente è la forma di antisemitismo

Nella seconda parte il dottor Murilo Cambruzzi, ha spiegato che nei social ci sono molti utenti che fingono di essere ebrei, usando nomi falsi, con foto di meme antisemita. Questo si è visto su Facebook, la piattaforma che l’Osservatorio monitora maggiormente. “Addirittura, quando vengono bloccati, per loro è come ricevere un badge d’onore, perché è un riscontro che quello che dicono è stato notato. Spesso dopo essere stati bannati migrano sul social russo VK, dove la moderazione non esiste, infatti, è pieno di contenuti fascisti e nazisti, in cui gli utenti pur venendo segnalati, non verranno mai bloccati”.

Quello che e poi emerso è che ogni social utilizza un linguaggio proprio, con utenti tra loro differenti. Su Twitter, come si evince dall’esposizione di Cambruzzi, sono presenti molti contenuti di incitazione alla violenza, un fenomeno che è peggiorato dopo l’acquisto di Elon Musk, che ha sbloccato molte delle persone a cui era stato chiuso il profilo.

Telegram, che non si può definire un social, ma una sorta di ibrido tra un sistema di messaggistica e un social, è molto pericoloso, poiché quello che viene pubblicato nei loro canali pubblici, che a volte hanno anche 200.000 iscritti, non viene moderato, perché considerato privato. Abbiamo trovato un canale italiano con persone con meno di 18 anni. È stato da noi segnalato, ma non è stato fatto nulla”.

È stato poi ricordato TikTok, che a paragone di altri social, pur non avendo un numero alto di contenuti, stupisce per la giovane età degli utenti, che è in media inferiore ai 24 anni, dove li si vede relazionarsi con contenuti relativi alla Shoah: dalle battute naziste, a ragazzi che si travestono da ebrei deportati. “Li si vede andare spesso oltre i limiti del black humour. Manca in loro una consapevolezza delle loro azioni. Abbiamo trovato dei video che superano 1 milione di visualizzazioni dopo solo 3 giorni, con 200.000 like. Non c’è contenuto antisemita che abbia un impatto così alto”.

(Nella foto, da sinistra Stefano Gatti e Murilo Cambruzzi)