Il Ministro dell’Interno Roberto Maroni martedì 26 luglio ha tenuto un’audizione davanti al Comitato d’Indagine sull’antisemitismo della Commissione affari costituzionale e affari esteri della Camera dei Deputati, sul problema della diffusione del pregiudizio e della discriminazione razziale attraverso i siti internet.
Per combattere questo fenomeno in crescita, secondo Maroni è necessaria una cooperazione a livello internazionale sul modello di quella messa in atto per i siti pedopornografici.
«La prevenzione e la repressione di ogni manifestazione di intolleranza, compresa quella antisemita – del resto – sono tra gli obiettivi prioritari del Ministero dell’Interno», ha sottolineato Maroni davanti al Comitato, al quale ha fornito una serie di dati: il numero di denunciati per episodi di antisemitismo – 1 nel 2009, 9 nel 2010, 1 nel primo quadrimestre 2011. Gli episodi di violenza, come per esempio gli atti vandalici nei cimiteri, pur se non da sottovalutare, ha detto, «sono poca cosa in Italia rispetto ad altri Paesi», anche grazie al «controllo sul territorio effettuato tramite le prefetture e i Consigli provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica – sensibilizzati sul tema – e la Digos con al sua attenta attività info-investigativa».
A differenza di altri paesi europei l’Italia «non deve fare i conti con frequenti episodi di intolleranza antiebraica o contro lo stato d’Israele» ha spiegato Maroni. Certo, ha aggiunto «nel Web proliferano siti e blog che alimentano spesso fra le giovani generazioni vecchi luoghi comuni, ma il nostro Paese ha anticorpi robusti per respingere inaccettabili forme di intolleranza».
In prima linea contro questo fenomeno c’è senz’altro la Polizia postale che ha rilevato un trend in crescita del numero dei siti web segnalati per antisemitismo e discriminazione razziale: 836 nel 2008, 1.048 nel 2009, 1.176 nel 2010, 581 nel primo semestre del 2011.
In Italia, ha proseguito il ministro nell’intervento conclusivo, «monitoriamo migliaia di siti ogni anno ma il problema è che spesso non possiamo oscurarli». Per questa operazione infatti è necessario la collaborazione e l’intervento dei gestori telefonici, che però, non di rado, si trovano all’estero e dunque non sono perseguibili dalla polizia postale italiana. A questo si aggiunge il fatto che, a differenza di quanto accade per altri reati informatici – la pedopornografia o il furto di dati on line – nel caso della diffusione via web di ideologie antisemite o discriminatorie, la Polizia postale può intervenire solo dopo la segnalazione dei casi all’autorità giudiziaria e alla loro identificazione come reati. Ad oggi, osserva Maroni, questa triangolazione “è l’unica possibile” – con tutte le lentezze e incertezze che si possono immaginare. Ritiene necessario un comportamento uniforme e perseguibile da parte di tutti gli Stati dell’Unione europea e per questo, a nome del governo, si è detto favorevole alla sottoscrizione di un protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sul cybercrime.