di Carlotta Jarach
Una notizia che non ha fatto molto scalpore quella del ritrovamento di un cimitero ebraico del 1500 a Bologna ma che, con le sue oltre 400 sepolture, è il più grande finora noto in tutta la penisola.
L’eccezionale scoperta del cimitero ebraico, come riporta anche l’ufficiale magazine dell’Università di Bologna, sarà il fulcro di un progetto di studio e valorizzazione del patrimonio culturale e della storia della comunità ebraica bolognese a cui partecipa anche l’Alma mater.
L’area si trova più specificatamente presso il Monastero di San Pietro Martire, tra via Orfeo, via de’ Buttieri, via Borgolocchi e via Santo Stefano: rinvenuto grazie agli scavi del 2014, era noto come “Orto degli Ebrei” per secoli, e fu per oltre 150 anni il principale luogo di sepoltura, finché non ne fu autorizzata la distruzione, dalle bolle papali di metà Cinquecento.
Una damnatio memoriae che non è riuscita appieno. Il gruppo di lavoro composto da Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna, Università di Bologna, Comunità Ebraica di Bologna e da ricercatori indipendenti, con il supporto del Comune di Bologna, ha così avviato un lungo quanto interessante progetto di ricerca che mira allo studio di tutti quegli elementi d’ornamento personale in oro, argento, bronzo, pietre dure e ambra rinvenuti nell’area. “Si cercherà di ricomporne le vicende storiche”, dicono dall’Università, “ricostruendo le dinamiche insediative e l’evoluzione topografica e sociale dell’area. Uno degli obiettivi primari del progetto è l’elaborazione di un piano di recupero della memoria”.
Martedì 7 novembre si è tenuta la conferenza stampa nella quale il sindaco Virginio Merola ha sottolineato l’unicità della scoperta e il grande arricchimento che conferisce in termini culturali e storici alla stessa Bologna. Il Rabbino capo Alberto Sermoneta, anche lui presente, ha inoltre espresso l’importanza, per i resti rimasti, di una degna sepoltura.
Un po’ di storia
Se si vanno a spulciare gli archivi cittadini, si scopre che l’intera area fu acquistata, a ridosso del ‘400, da un ebreo della famiglia Da Orvieto, e lasciata poi in uso alla comunità ebraica bolognese quale appunto luogo di sepoltura. Fino al nefasto 1569 quando, per le citate Bolle papali di Pio V, gli ebrei furono costretti a lasciare le città dello Stato pontificio: tale area fu così donata alle suore della vicina chiesa di San Pietro Martire, autorizzando le monache stesse “di disseppellire e far trasportare, dove a loro piaccia, i cadaveri, le ossa e gli avanzi dei morti: di demolire o trasmutare in altra forma i sepolcri costruiti dagli ebrei, anche per persone viventi: di togliere affatto, oppure raschiare e cancellare le iscrizioni ed altre memorie scolpite nel marmo”. E sebbene dalla storia non siano riusciti a cancellare l’antica presenza ebraica, lo scavo archeologico ha riportato purtroppo alla luce le manomissioni di oltre 150 tombe, dove non sono più presenti le lapidi che indicavano i defunti, probabilmente, secondo le ricostruzioni, vendute o riutilizzate.