di Paolo Castellano
Gabriele Nissim non si ferma e con Gariwo sta cercando di instaurare un dialogo e una riflessione sul valore dei Giusti, e quindi sulla pace tra i popoli, in un mondo che mette al primo posto la comunicazione e i monologhi solipsistici da social network che tendono più a dividere che a unire.
Questa sua azione intellettuale si è consolidata e ha preso forma nel ciclo di eventi che si svolgeranno presso il Teatro Franco Parenti di Milano. Durante il primo appuntamento, intitolato La battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista islamico, che si è svolto il 14 febbraio sono intervenuti il politologo Olivier Roy; l’inviato de Il Sole24Ore Alberto Negri; la guida del Museo del Bardo di Tunisi Hamadi ben Abdesslem, e lo scrittore Hafez Haidar.
Il fondatore di Gariwo, Gabriele Nissim, ringraziando i numerosi presenti, tra cui c’erano molti ragazzi, ha ricordato loro che l’incontro a cui stavano assistendo fosse stato organizzato con l’intenzione di avviare un dibattito pubblico sui temi della responsabilità personale difronte alla crisi istituzionale, morale e culturale che si sta diffondendo in tutta l’Europa.
«Nell’era di Trump è molto importante discutere di terrorismo quando si sente qualcuno che associa il fenomeno terroristico a tutti i migranti. Noi allora abbiamo il dovere di capire i paradigmi culturali del terrorismo perché come diceva Primo Levi “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”».
Dopo Nissim ha preso la parola il politologo francese Olivier Roy che ha parlato delle sue ricerche sul terrorismo di matrice islamica in Europa dichiarando di averle raccolte in un libro che si chiamerà La Jihad e la morte.
«Il fenomeno del terrorismo non è un aspetto inedito per l’Europa, basti pensare alle operazioni delle Brigate Rosse in Italia. Il terrorismo islamico però presenta un elemento inedito: la dimensione kamikaze. Ci troviamo di fronte a dei giovani che si ammazzano in azioni in cui la morte dell’individuo non è necessaria. Ci sono infatti dei giovani che sono affascinati da una certa tipologia di morte».
Roy ha spiegato che la dimensione nichilista dei terroristi contribuisce a creare un effetto di terrore. In questi atti terroristici c’è una dimensione mortifera che crea angoscia e paura. Il professore francese ha detto che per noi europei è ancora necessario interrogarsi sull’origine del terrorismo. Per prima cosa si dovrebbe analizzare l’Islam e capire se ci sia un riferimento nel corano a queste azioni. Un altro punto da studiare dovrebbe essere anche il fenomeno dello Jihad.
«Ho analizzato, nell’area francese e belga, il profilo di 140 terroristi in un arco di tempo che va dal 1995 al 2016. Ho notato che la categoria è sempre la stessa. Si tratta di giovani che scelgono di radicalizzarsi in carcere o in club estremamente ristretti, possono incontrarsi perché abitano nello stesso quartiere o perché frequentano le stesse chat su internet. Questi terroristi sono i figli della prima generazione di immigrati e per ora non c’è un terrorista che faccia parte della terza generazione.
Cosa non funziona allora? Questi individui hanno subito una deculturizzazione religiosa perché non hanno avuto un’istruzione tradizionale. Inoltre queste persone non sono inserite all’interno della società, non c’è tra loro socializzazione religiosa e quindi in questo caso è meglio aprire le moschee piuttosto che chiuderle. Credo che stia avvenendo un lento distacco tra i fedeli e la società secolarizzata».
Dopo l’intervento del Prof. Roy, ha preso la parola Alberto Negri che ha parlato delle responsabilità delle grandi nazioni nell’aver finanziato per i propri interessi i terroristi che ora colpiscono l’Europa. «Le nostre politiche sono più rigide di qualsiasi testo sacro, noi stessi abbiamo scolpito sulla pietra che noi dovessimo dominare gli altri popoli, e questa è una forma di religione», ha dichiarato Negri.
Gli interventi di Hamadi ben Abdesslem e Hafez Haidar hanno chiuso l’incontro. Hamadi, la guida turistica che salvò 45 italiani durante l’attacco terroristico al Museo nazionale del Bardo di Tunisi, si è detto felice nel constatare che nel dibattito pubblico si stiano coinvolgendo anche quei musulmani che si oppongono al terrorismo e che non vogliono che la loro fede sia associata al male e alla follia omicida dell’Isis: «L’ignoranza e la mancanza di cultura creano le condizioni per manipolare le persone. Privare un popolo di capire da solo cosa sia bene e male, bisogna accettare la cultura degli altri. Bisogna combattere insieme il terrorismo. Dio è amore, tutti dobbiamo amarci. Le religioni ci aiuteranno a distruggere i totalitarismi»
Haidar, poeta libanese, ha infine invitato l’Italia a non demonizzare i migranti ma a prendere esempio dal suo Paese d’origine, la Libia, che in questi anni ha accolto milioni di profughi.