di Redazione
“La Comunità ebraica di Milano esprime solidarietà al sindaco di Milano Giuseppe Sala per le parole scandite contro di lui durante il corteo di ieri. Purtroppo a essere ragionevoli e riconoscere quello che dovrebbe essere ovvio – cioè che lo Stato di Israele ha diritto di esistere – si arriva a essere tacciati addirittura di “terrorismo” dai soliti fanatici. I numeri esigui dei manifestanti di ieri non devono comunque farci dimenticare che esistono ancora dei luoghi dove si propaga odio e contro i quali non smetteremo di attivarci in tutte le sedi. Non importa da quale parte politica o religiosa venga l’odio, saremo sempre vigili sugli incubatori di intolleranza”.
“La Comunità Ebraica di Milano guarda con preoccupazione alla manifestazione del 25 novembre che ricorda nei toni della convocazione e nelle sigle dei partecipanti quella del 9 dicembre 2017: quando a Milano si udirono grida antiebraiche in lingua araba. Invitiamo le istituzioni, dal ministro Salvini al sindaco Sala, a prendere una dura posizione contro tale evento e unirsi a noi nel rappresentare alle forze dell’ordine tali preoccupazioni. Non vorremmo che oltre agli insulti di ogni 25 aprile si aggiungesse un altro appuntamento periodico dedicato all’odio antiebraico”. Questo il comunicato emesso dalla CEM dopo l’annuncio della manifestazione del 25 novembre, che ricordava nei toni quella del 9 dicembre 2017, in cui arabi e sostenitori pro-Palestina avevano minacciato gli ebrei: “Khaybar, oh ebrei, l’armata di Maometto ritornerà”. L’occasione era quella di protestare contro la decisione di Trump di annunciare lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme “capitale di Israele”, ma lo slogan urlato dai manifestanti aveva un destinatario più specifico: noi, gli ebrei.
In arabo suona così: “Khaybar, Khaybar, ya yahud, jaish Muhammad saya’ud!” e si riferisce, nella tradizione islamica, alla strage di Khaybar perpetrata dall’esercito di Maometto nel 628, quando quasi tutti gli ebrei maschi dell’oasi di Khaybar furono trucidati e le donne e i bambini presi come schiavi.