“Dal fiume al mare”, storie di solidarietà interetnica. I mille volti di Israele

Italia

di Anna Balestrieri

Il 7 ottobre 2023 è stato uno spartiacque per l’identità israeliana. Da allora, non solo la sua componente ebraica ha dovuto fare i conti con negazionisti, detrattori e nemici. Dall’inizio dell’operazione “Iron Swords” (Spade di Ferro), i cittadini arabi in Israele si sono trovati sottoposti ad un esame quotidiano. Costretti a dichiarazioni ufficiali sui posti di lavoro, vittime di attacchi xenofobi nei loro quartieri di residenza. Specialmente nella fase iniziale della guerra, il dubbio serpeggiante che gli arabi-israeliani potessero rivelarsi una “quinta colonna” che supporta il nemico ha incupito le esistenze dei cittadini di Israele.

 

Nessuna quinta colonna, il paese è unito

Non è dalla popolazione arabo-israeliana, tuttavia, che sono giunte le negazioni del massacro e degli stupri del 7 ottobre, le accuse di genocidio e di apartheid, gli appelli alla liberazione della terra “dal Giordano al Mediterraneo”.

Un sondaggio dell’Israel Democracy Institute dello scorso mese ha attestato che “Circa due terzi dei cittadini arabi di Israele si sentono parte dello Stato e dei suoi problemi. Più della metà (56%) concorda con l’affermazione del deputato Mansour Abbas secondo cui l’attacco di Hamas del 7 ottobre non riflette la società araba e i valori islamici, e l’86,5% sostiene l’aiuto con gli sforzi di volontariato civile durante la guerra. Allo stesso tempo, il 71% non si sente a proprio agio nell’esprimersi liberamente sui social media, l’84% è preoccupato per la propria sicurezza fisica e l’86% è preoccupato per la propria sicurezza economica.”

Un quadro completamente diverso da quello osservato durante gli scontri della primavera del 2021, legati alla contestazione degli immobili di Sheikh Jarrah, quando gli arabi israeliani erano insorti a supporto dei cittadini del quartiere gerosolimitano generando un’ondata di interetniche per tutto il paese.

 

La difficoltà di posizionamento ideologico degli arabi israeliani

Le statistiche e la cronaca dimostrano la fedeltà dei cittadini arabi. E testimoniano il disagio di un settore demografico poco rappresentato dai media internazionali.

Un progressivo allontanamento dalle tendenze storiche secondo le quali gli arabi-israeliani si schieravano prevalentemente con le cause palestinesi durante i conflitti è stato evidenziato anche nello studio condotto da Nimrod Nir e dal dottor Mohamed Khalaily, in cui si afferma che una maggioranza significativa di arabi-israeliani non solo si oppone all’attacco a sorpresa di Hamas, ma sostiene il diritto di Israele all’autodifesa.

Ma quanti di loro vogliano esprimere sconforto o desolazione per le vittime civili nei bombardamenti a Gaza dovranno valutare se la posizione espressa possa mettere in discussione il loro attaccamento allo Stato.

 

Il messaggio televisivo della conduttrice Lucy Aharish

Un posizionamento difficile per cittadini cui pare non sia concesso vivere senza una chiara definizione e autodeterminazione. La giornalista ed attrice Lucy Aharish, prima teleconduttrice arabo-israeliana in prima serata, alla domanda su come si identificasse si è detta, in questo ordine,  “israeliana, donna, araba musulmana”.

In un messaggio emotivo di unità lanciato nel suo programma dopo l’attacco terroristico, Aharish ha esordito: “Mi dispiace di usare il mio microfono per inviare un messaggio al mondo. Come giornalista, questa è la mia unica arma”. Sottolineando la natura “terroristica, brutale, barbara e disumana” dell’attacco, la conduttrice televisiva ha concluso ricordando ai telespettatori ed al mondo: “Non credete, viviamo difficoltà, disaccordi e grandi controversie come qualsiasi altro paese del mondo. Ma ciò non significa che non proteggeremo noi stessi e i nostri figli, la nostra patria”.

Aharish, sposata con l’attore di Fauda Tzachi Halevy, è stata impegnata nel salvataggio delle famiglie intrappolate dai terroristi e si è esposta anche sui media internazionali per stigmatizzare gli attacchi terroristici di Hamas, ricordando di esserne stata vittima in prima persona nella sua infanzia.

La coppia ha tenuto lungamente segreta la propria relazione nel timore di ripercussioni e minacce da parte di gruppi estremisti.

 

Il tweet del video blogger Nas Daily

Anche altre figure di spicco nella società israeliana, come il celebre vlogger Nas Daily, al secolo Nuseir Yassin, si sono esposte pubblicamente per condannare la barbarie perpetrata da Hamas. Così si è intervenuto il trentenne nel tweet del 9 ottobre:

 

“Un bambino palestinese nato in Israele. Tipo… che c***o.

Molti dei miei amici si rifiutano ancora oggi di pronunciare la parola “Israele” e si definiscono solo “palestinesi”.

Ma da quando ho 12 anni, per me è diventato privo di senso.

Così ho deciso di mescolare le due cose e diventare un “palestinese-israeliano”

Pensavo che questo termine riflettesse chi ero.

Innanzitutto palestinese. In secondo luogo, israeliano.

Ma dopo gli eventi recenti, ho iniziato a pensare.

E pensare.

E pensare.

E poi i miei pensieri si sono trasformati in rabbia.

Mi sono reso conto che se Israele fosse stato nuovamente “invaso” in quel modo, non saremmo stati al sicuro. Per un terrorista che invade Israele, tutti i cittadini sono obiettivi.

Finora sono morti 900 israeliani. Più di 40 di loro sono arabi. Uccisi da altri arabi. E sono morti anche 2 tailandesi.

E non voglio vivere sotto un governo palestinese.

Ciò significa che ho una sola casa, anche se non sono ebreo:

Israele.

È lì che vive tutta la mia famiglia. È lì che sono cresciuto. Questo è il paese che voglio vedere continuare ad esistere così che io possa esistere.

Anche la Palestina dovrebbe esistere come Stato indipendente. E spero di vedere il Paese prosperare, diventare meno estremista e più prospero. Amo la Palestina e ho investito in Palestina.

Ma non è casa mia.

Quindi da oggi in poi,

Mi considero un “israelo-palestinese”.

Innanzitutto israeliano.

In seconda istanza, palestinese.

A volte ci vuole uno shock come questo per vedere così chiaramente.”

 

I mille volti di Israele e la solidarietà interetnica

Negli ultimi mesi, i rischi affrontati da coloro che sostengono apertamente Israele all’interno della comunità araba non sono forse aumentati, ma hanno avuto maggiore rilevanza.

Si sono verificati casi di attacchi a singoli, come l’incendio di un negozio di biciclette a Tayibe. Il suo proprietario, Alaa Amara, aveva sostenuto con una donazione di circa 50 biciclette i bambini evacuati dai kibbutz vittime dell’attacco nella cittadina a maggioranza ebraica di Tzur Yitzhak, nei pressi di Tayibe.

La preoccupazione risiede nell’esistenza di una minoranza estremista nascosta all’interno della società arabo-israeliana, che sostiene Hamas e cerca di mettere a tacere le voci dissenzienti.

Nonostante quest’ombra, cresce l’ottimismo.

Il colonnello druso Lt. Col. Alim Abdallah (IDF)

Gli ultimi mesi hanno messo in mostra l’impegno condiviso per l’unità tra diverse comunità nel paese, con cittadini arabi a prestare servizio nelle Forze di Difesa Israeliane. Nonostante i tentativi di Hamas, Hezbollah e Jihad islamica di creare divisioni, le comunità ebraica, araba, beduina e drusa in Israele continuano a lavorare insieme e a condividere obiettivi comuni.

Un’immagine di Israele più diversificata, che rappresenti fedelmente la sua realtà identitaria variegata e ricca di sfumature, potrebbe, più di qualsivoglia propaganda istituzionale, aiutare a contrastare la narrazione monolitica tanto in voga in Europa e oltreoceano Israele-oppressore bianco VS Palestina oppresso nero dei nuovi antisemiti ed antisionisti.

Cominciando con il riconoscimento del ruolo degli arabi-israeliani nel plasmare il volto pubblico di Israele.