Erano proprio tanti, anzi tantissimi. Erano più di ottanta partecipanti.
Più di venti famiglie provenienti da molte comunità italiane come Milano, Genova, Roma, Torino, Firenze, Venezia, ma anche da Israele e da altri stati europei. Oltre una quarantina di bambini e una quarantina di adulti.
Nella realtà ebraica italiana, forse una piccola o media Comunità, certamente più grande di tante altre esistenti, purtroppo, oramai quasi solo sulla carta.
Giunto al sesto anno, questo appuntamento di famiglie, è stato rinnovato anche quest’estate nelle verdissime vallate della Valmasino una valle laterale della Valtellina. Presso la Casa delle Guide, una struttura unica, bellissima, davvero molto adatta all’occasione, gli ospiti hanno potuto apprezzare a fondo le doti di disponibilità e capacità di accoglienza sia dal punto di vita organizzativo che da quello dell’atmosfera, dei gestori.
L’incredibile e straordinaria suggestione offerta dallo scenario delle montagne circostanti ha visto per quasi due settimane un successo di partecipazione davvero imprevedibile. Nella più totale libertà e autonomia dei singoli, ma anche nel rispetto delle regole comuni condivise, è stato un susseguirsi di attività e di piacevoli momenti di riflessione che sono riusciti a soddisfare le esigenze di quasi tutti (va considerato che la fascia d’età dei bambini andava dai 2 mesi ai 14 anni e quella degli adulti dai 30 ai 45 anni).
Sulle tracce di uno storico campeggio della Fgei svoltosi ai Bagni di Masino negli anni ’50, la nuova F.G.E.I. (acronimo per alcuni, di Figli e Genitori Ebraicamente in Italia) o per altri il “Gruppone” si è inerpicato in gite su sentieri e mulattiere, nel sottobosco e lungo i torrenti, a mezza costa o in quota. Piccoli e grandi hanno potuto fare più volte palestra di roccia con un istruttore del CAI, c’è stata una caccia al tesoro e diversi momenti canori (dal repertorio di montagna a quello ebraico tradizionale ed israeliano) e mentre nel tardo pomeriggio un intenso torneo di calcetto certificava quasi quotidianamente le frustrazioni calcistiche di molti adulti, la sera dei bambini si concludeva con l’attesissima “novella ebraica di paura” che teneva incollati al pavimento per oltre un’ora i 40 bambini, già in pigiama, prima della buonanotte. Immancabili poi le chiacchierate notturne fino ad ore impossibili, che spaziavano dai temi sull’ebraismo istituzionale o sul “modello ebraico italiano” sino a quelli etilici, raggiungendo, come ovvio, i livelli più alti o interessanti solo quando si intrecciavano a dovere.
Un primo momento di rilievo è stato l’incontro del primo giorno che alcuni partecipanti hanno avuto con una coppia di Morbegno (piccola città all’inizio della Valtellina) che aveva ricevuto pochi anni fa la medaglia dei “Giusti” dallo stato d’Israele per aver salvato una famiglia ebraica nel 1944.
Un’altra giornata indimenticabile è stata la gita sul Trenino Rosso: due pullman hanno portato i gitanti a Tirano, dove sono saliti tutti sull’intera carrozza riservata. Una volta passato il confine svizzero, dopo aver costeggiato laghetti e vallate che sembravano dipinte, il “Gruppone” si è diviso per alcune ore: una parte è andata a St. Moritz e un’altra in funivia è salita fino ai 3000 mt. per ammirare dal rifugio Diavolezza lo spettacolo del ghiacciaio del Bernina.
E infine lo Shabbat. Uno shabbat davvero speciale, iniziato con la preparazione delle hallòt, subito dopo il pic nic, lungo le rive di un torrente: approfittando del fuoco acceso per le patate al cartoccio, i bambini hanno a lungo impastato acqua lievito e farina e sotto la supervisione degli adulti hanno cotto il pane in un rudimentale forno costruito al momento con le pietre del torrente. Rientrati dalla gita, il salone, trasformato per ventiquattro ore in una calda Sinagoga e risultato davvero piccolo per il grande numero di partecipanti, ha ospitato la tefillà e il kiddush recitati dal più giovane adulto della compagnia.
Immancabili a cena i riferimenti costanti all’imminente Giornata Europea della Cultura Ebraica sui “Saperi &Sapori”, in particolare per il dolce dello Shabbat, per il quale i suggerimenti culinari si sono superati per l’enorme dolce di mirtilli (raccolti direttamente dai bambini) preparato per l’occasione.
Con la speciale sensibilità di un altro “giovane”, questa volta non solo genitore, ma anche rabbino, sabato mattina s’è potuto aprire e leggere il Sefer (“miracolosamente” arrivato in montagna), in un’atmosfera davvero emozionante, ma soprattutto rara da trovare in un tempio delle nostre abituali latitudini. La parashà di Devarim è stata seguita da tutti i bambini raccolti intorno al Sefer e la Berachà recitata in forma solenne, ma davvero molto famigliare, ha colpito i sentimenti più profondi di tutti i presenti.
Insomma una bella vacanza, una conferma nel tempo, ma per riuscire a mettere nella lista anche un altro “Dayenu”, sarebbe interessante, se questa occasione potesse essere lo stimolo anche a qualche riflessione più approfondita, non solo da parte dei partecipanti, ma anche di coloro che hanno qualche idea da esprimere su questi temi:
– Quali sono i valori comuni a questi genitori che decidono di investire parte delle loro vacanze per provare a trasmetterli insieme e in comune ai figli
– Famiglie così lontane geograficamente e così vicine nel vivere quest’esperienza cosa trovano in queste due settimane che non trovano abitualmente in Comunità e che corrisponde così bene alle loro esigenze
– Perché questa vacanza “non istituzionalizzata” funziona
– Perché merita tanta eco attenzione e successo
– Quali elementi rendono interessante questa scelta e quali invece la penalizzerebbero
– Questo modello potrebbe insegnare qualche cosa al modello delle nostre Comunità tradizionali
– L’apertura e l’accoglienza di questa formula sono da considerare validi e in qualche maniera “riciclabili” all’interno delle nostre istituzioni.