Dialogo ebraico-cristiano per il Giubileo. Rav Arbib: “È un momento di crisi per il dialogo interreligioso”

Italia

di Nathan Greppi
Nell’introdurre la serata, dopo i saluti dell’Arcivescovo di Milano Mario Delpini, il Presidente del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano Traian Valdman ha sottolineato l’importanza “del dialogo tra cristiani ed ebrei per superare certe tensioni create da alcuni gruppi, anche nella nostra Europa”.

In generale, è stato un evento molto sentito quello che si è tenuto giovedì 16 gennaio presso la Fondazione Culturale Ambrosianeum, in occasione del Giubileo e della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cristiani ed ebrei. Un evento in cui non sono mancate le discussioni sulla situazione che si è venuta a creare dopo il 7 ottobre.

Il significato del Giubileo

Il primo relatore a parlare è stato Daniele Garrone, docente presso la Facoltà Valdese di Teologia e Presidente della FCEI (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia). Ha fatto notare come “noi ormai ragioniamo in tutti gli ambiti in termini di individuo, mentre nel Deuteronomio il concetto fondamentale è quello della famiglia e della discendenza”. Parlando invece del tema della libertà, ha detto che “noi oggi siamo tutti appassionati di libertà”, aggiungendo tuttavia che la libertà non è solo un diritto, ma comporta anche dei doveri.

Ricollegandosi a Garrone, il Rabbino capo della Comunità Ebraica di Milano Rav Alfonso Arbib ha parlato della libertà rifacendosi ad una citazione dello scrittore di lingua yiddish Isaac Bashevis Singer, per cui “nell’ebraismo bisogna essere liberi, non abbiamo scelta”. Il senso fondamentale del Giubileo “è legato alla libertà” da ogni forma di schiavitù, comprese quelle che oggi si legano alle crescenti disuguaglianze economiche nella nostra società. Per Rav Arbib, il Giubileo “è un tentativo di aggiustare le cose dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista spirituale”.

Rav Arbib: dopo il 7 ottobre le relazioni ebraico-cristiane sono peggiorate

Passando invece all’attualità, Rav Arbib ha voluto parlare di quello che sta succedendo nell’ultimo periodo: “Ci sono una serie di precetti, nella Torah, che riguardano la Terra d’Israele”, e “questo ci dice molto sul legame fortissimo tra il popolo ebraico e la Terra d’Israele”. Ha spiegato che “uno dei fenomeni a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno in maniera eclatante, è stata la negazione di quel legame”, il che equivale a negare qualcosa che è stato alla base della cultura ebraica per millenni. “Significa delegittimare non lo Stato d’Israele, ma tutta la tradizione ebraica”.

Ha aggiunto che “siamo davanti ad un momento di crisi del dialogo interreligioso”, perché “quest’anno c’è stata una scarsa empatia e una sottovalutazione della questione dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo”. Per scarsa empatia, Rav Arbib si è riferito in particolare alla questione degli ostaggi, verso la quale c’è stata “una insensibilità di fondo da parte del mondo intero. Abbiamo visto le foto degli ostaggi venire strappate dal giorno dopo il 7 ottobre”. Secondo lui, “se anche il mondo religioso avesse fatto una pressione maggiore per la liberazione degli ostaggi, forse oggi saremmo ad un punto diverso da tutti i punti di vista”.

Un’altra questione affrontata da Rav Arbib è stata la “solidarietà per Gaza. Non c’è stata un’empatia paragonabile per quello che è successo in Israele, che nell’ultimo anno è stata colpita da 40.000 tra missili e droni. Sia il sud che il nord d’Israele sono stati evacuati”, con migliaia di persone che risultano sfollate e che non possono ancora tornare nelle loro case. Inoltre, è rimasto impressionato dal fatto che Papa Francesco ha attaccato Israele parlando con i rappresentanti dell’Iran, “dove la situazione dei diritti umani è quella che conosciamo tutti. Ma soprattutto è un paese che da quarant’anni dice che dev’essere distrutto lo Stato d’Israele. Nella piazza principale di Teheran, c’è un orologio che conta i giorni che mancano alla distruzione dello Stato d’Israele”.