di Ilaria Ester Ramazzotti
«Nel nostro cammino comune, grazie alla benevolenza dell’Altissimo, stiamo attraversando un fecondo momento di dialogo. Va in questo senso il documento Fra Gerusalemme e Roma che avete elaborato e che oggi ricevo dalle vostre mani. È un testo che tributa particolari riconoscimenti alla Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che nel suo quarto capitolo costituisce per noi la “magna charta” del dialogo col mondo ebraico: infatti la sua progressiva attuazione ha permesso ai nostri rapporti di diventare sempre più amichevoli e fraterni». Lo ha detto Papa Bergoglio ricevendo in Vaticano lo scorso 31 agosto una rappresentanza della Conferenza dei Rabbini Europei, guidata dal rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt, insieme ai rappresentanti del Consiglio Rabbinico d’America e della Commissione del Gran Rabbinato d’Israele. Fra i presenti anche Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma.
Alla base dell’incontro interreligioso c’era la consegna a Papa Francesco del documento Fra Roma e Gerusalemme, che costituisce la risposta ufficiale e condivisa del mondo ebraico ortodosso alla dichiarazione Nostra Aetate scritta nel 1965 dal Concilio Vaticano II, che riguarda le relazioni Chiesa Cattolica con le religioni non cristiane.
Redatto in inglese nel febbraio 2016, Fra Roma e Gerusalemme è stato reso pubblico solo all’inizio del 2017. «Il cambiamento» della Chiesa nei confronti dell’ebraismo «è stato genuino e profondo» e «spero che la nostra fratellanza si rafforzerà ulteriormente», ha dichiarato a proposito il rabbino Goldschmidt, senza nascondere l’iniziale scetticismo con cui il mondo ebraico aveva accolto la Nostra Aetate. La ragione della diffidenza era dovuta alla “lunga storia tra la Chiesa e l’anti-giudaismo”, riporta chiaramente lo stesso documento Fra Roma e Gerusalemme, aggiungendo tuttavia che “nonostante le inconciliabili differenze teologiche, noi ebrei vediamo i cattolici nostri compagni, alleati vicini, amici e fratelli nella nostra comune ricerca per un mondo migliore, benedetto dalla pace, dalla giustizia e dalla sicurezza”. E ancora: “cattolici ed ebrei condividono credenze comuni” e “l’affermazione che le religioni devono utilizzare il comportamento morale e l’educazione religiosa per esercitare la propria capacità di influenzare e di ispirare”.
Goldschmidt ha anche sottolineato l’importanza di entrambe le comunità religiose e dei rispettivi leader che affrontano il flagello della violenza islamista, affermando che potrebbero aiutare le società ad adottare le giuste decisioni per assicurare che il futuro dell’Europa sia al sicuro senza divenire razzista o mettere in pericolo i diritti umani.
«Nostra Aetate ha messo in luce che gli inizi della fede cristiana si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti – ha dichiarato Papa Bergoglio nel corso dell’udienza – e che, essendo grande il patrimonio spirituale che abbiamo in comune, va promossa fra noi la mutua conoscenza e stima, soprattutto attraverso studi biblici e colloqui fraterni». «La Dichiarazione Fra Gerusalemme e Roma non nasconde, comunque, le differenze teologiche delle nostre tradizioni di fede. Tuttavia esprime la ferma volontà di collaborare più strettamente oggi e in futuro». E «possa l’Eterno benedire e illuminare la nostra collaborazione perché insieme possiamo accogliere e attuare sempre meglio i suoi progetti, “progetti di pace e non di sventura”, per “un futuro pieno di speranza” (Ger 29, II), ha aggiunto Bergoglio nel corso dell’incontro che ha segnato una tappa lungo il percorso del dialogo interreligioso ebraico-cristiano.