di Ester Moscati
L’importanza di rappresentare le ragioni di Israele da dentro il PD, il più grande partito della Sinistra italiana
Essere ebrei di sinistra non è facile. Non lo è da molti anni, da quando per ragioni di geopolitica dopo la guerra dei Sei giorni i due schieramenti USA e URSS hanno “adottato” gli uni Israele e l’altro gli Stati arabi e la causa palestinese. Non lo è oggi, quando la guerra tra Israele, Hamas e Hezbollah (leggi Iran) ha ingenerato a Gaza una crisi umanitaria che la sinistra vuole denunciare. “Abbiamo condannato con fermezza il brutale attacco di Hamas, che non è il popolo palestinese. Ma quello che stiamo vedendo sul popolo palestinese è una punizione collettiva, una risposta del tutto sproporzionata”: lo ha detto Elly Schlein alla Camera, intervenendo sulle mozioni sul Medio Oriente.
Abbiamo chiesto a Emanuele Fiano com’è oggi stare all’interno del PD, volendo mantenere una posizione di sostegno a Israele. «Io non mi sento affatto solo; il Manifesto della Sinistra per Israele, che è stato firmato da centinaia di persone, è stato sottoscritto da altissime personalità del PD come Quartapelle, Fassino, Zingaretti, Cuperlo, Violante e tanti altri. Difendiamo il diritto di Israele ad esistere, a difendersi e contestualmente si chiede la liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Nessuno dei dirigenti del PD ha mai pronunciato la parola “genocidio” riguardo a quello che succede a Gaza e nessuno ha mai partecipato con le bandiere del PD alle manifestazioni Propal; è vero che c’è una frangia ristretta di giovani che ha partecipato alle manifestazioni per la Palestina, ma con Daniele Nahum siamo andati a denunciare le parole di odio pronunciate nel corso di queste manifestazioni. Poi Daniele stesso lo ha fatto anche con la Presidente del Consiglio comunale Buscemi che è del Partito Democratico. Quindi non condivido la scelta di Nahum di uscire dal partito, perché certe battaglie bisogna condurle dall’interno, proprio per non creare un vuoto nella sinistra. Per quanto riguarda la polemica con l’ANPI dopo le dimissioni di Roberto Cenati, c’è stata una riunione alla quale ho partecipato con il presidente della Comunità Walker Meghnagi, Ilan Boni e Davide Romano, presidente del museo della Brigata Ebraica, con il nuovo presidente dell’ANPI Primo Minelli per parlare del corteo del 25 Aprile. Sicuramente le polemiche seguite alle dimissioni di Cenati hanno fatto riflettere sulla deriva che poteva essere generata dalle parole malate e dalla superficialità a trattare questi temi, che avrebbe potuto portare – come difatti è successo – anche a un aumento dell’antisemitismo nel Paese. Mi sembra però che oggi, proprio per l’attenzione che è stata riservata alla discussione con i vertici, ci sia più consapevolezza e più attenzione alle battaglie che, ripeto, vanno fatte all’interno perché sono più produttive. È importante che ci siano all’interno del PD persone motivate a portarle avanti».
I giovani del PD sono però più allineati alle posizioni pro-palestinesi e partecipano alle manifestazioni, anche se non con la bandiera del PD. Che cosa può fare, diciamo così, la “vecchia guardia” del partito, la generazione di Fassino e la tua più giovane per confrontarsi con questi ragazzi e far capire anche le ragioni di Israele?
Bisogna parlare, incontrarsi e confrontarsi; lo faccio personalmente, quotidianamente, da anni. Fabio Nicolucci, autore del libro Sinistra e Israele. La frontiera morale dell’Occidente, verrà a parlare ai giovani del PD a Milano, in un incontro con Massimo Cacciari. È un lavoro che la Sinistra per Israele fa da anni e oggi più che mai sta facendo un enorme lavoro; ci sono stati incontri che hanno raccolto 500 persone di cui molti militanti ed elettori del PD. Alla prima convention di Energia Popolare, l’area politico-culturale che fa riferimento a Stefano Bonaccini che si è tenuta a fine ottobre a Firenze, con il titolo L’Europa di domani, Bonaccini ha invitato come ospiti stranieri due leader della sinistra israeliana, Tomer Reznik, segretario del Meretz, ed Efrat Rayten-Marom, deputata del Labour israeliano, che hanno avuto modo di spiegare a oltre 1000 persone come sia vivere con il nemico alle porte, vivere con qualcuno che vuole semplicemente ucciderti. Hanno parlato con una durezza assolutamente necessaria contro Hamas e hanno spiegato che non si capisce abbastanza in Occidente che cosa significhi avere a pochi metri da casa un nemico irriducibile che ha il solo scopo statutario di ucciderti. La Sinistra per Israele sta crescendo, sta moltiplicando le sedi; oltre a Milano e Roma siamo a Genova, Bologna, Firenze… e non è stato un lavoro inutile. Con Peppe Provenzano, Responsabile Esteri del PD, sono stati organizzati dei viaggi in Israele ai quali hanno partecipato anche esponenti della sinistra PD come Arturo Scotto e Roberto Speranza, dove abbiamo incontrato i rappresentanti di tutti i partiti oltre al presidente dello Stato. Il lavoro da fare è grande e non posso dire che vada tutto bene, perché ovviamente la situazione è grave. Però stiamo facendo di tutto per fermare la deriva antisemita, l’uso delle parole malate. È una situazione da cui bisogna uscire; e si può farlo solo attraverso la parola, gli incontri. Io ho fatto da quando è scoppiata la guerra circa 25 incontri in diverse sedi, in diversi contesti, uno anche con una palestinese che è stata anche membro del consiglio comunale di Milano, Sumaya Abdel Qader, all’Ordine degli psicologi di Milano, perché volevano capire che cosa a livello psicologico il trauma del 7 ottobre e della guerra significasse per i rispettivi popoli. È importante rimanere, credo, quindi all’interno del più grande partito della sinistra per portare la propria voce.