di Francesca Olga Hasbani
Essere ebrei, spesso e volentieri, ci ha portato ad affrontare le realtà storiche più svariate, a prendere una posizione tra i radicali cambiamenti sociali e storici cui numerose nazioni si sono sottoposte nel passare dei secoli. E’ senza il dubbio il caso dell’Unità d’Italia, e in particolare del periodo risorgimentale ove la presenza ebraica nella penisola era all’incirca uguale a quella attuale. Il 16 marzo nella serata “Gli ebrei e l’Unità d’Italia. Ebrei per caso, per necessità o per scelta?” organizzata dalla Comunità ebraica di Milano e dal Dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei, si è così discusso di quale fosse il ruolo ed il significato che può assumere tale ricorrenza per ciascun ebreo italiano. Con la partecipazione del direttore del Dec, Rav Roberto Della Rocca, di Dario Calimani, professore di Letteratura inglese all’Università di Venezia, e di Ugo Volli, professore di Semiotica all’Università di Torino, si è aperto un dibattito, moderato dal direttore del Dipartimento informazione e cultura dell’Ucei, Guido Vitale.
Rav Della Rocca partendo da una riflessione sull’imminente festa di Purim, ha spiegato l’importanza del ruolo degli ebrei della diaspora all’interno della storia di uno Stato; attraverso il racconto della storia di Mordechai ha sottolineato in particolare il ruolo politico dell’ebreo.
La storia cambia, e gli ebrei con essa. Ed è così che arriviamo al Risorgimento, all’epoca dell’emancipazione degli ebrei, ovvero all’epoca di un modernismo che tramuta e affascina persino gli ebrei. Oggi, a 150 anni di distanza, abbiamo la testimonianza di come noi ebrei italiani abbiamo avuto l’occasione di confonderci in un popolo diverso dal nostro, ha concluso Rav Della Rocca.
Ugo Volli ci ricorda che gli ebrei risorgimentali furono fedeli politici, militari, scienziati. Convinti nei valori unitari, alcuni liberali, irredentisti e garibaldini. Cittadini di una neonata nazione. Una continuità che non si è però mai interrotta, nonostante i noti disastri della Seconda Guerra mondiale. “E’ stato grazie all’Unità d’Italia che si è formato il primo congresso delle Comunità Ebraiche Italiane, nel 1863” racconta Guido Vitale.
Dario Calimani infine, si è interrogato a fondo su cosa significasse essere ebrei italiani, nel particolare della Shoah. La storia, non deve portare all’esistenza di un’ambiguità tra l’essere ebreo e l’essere cittadino di un Stato. Abbiamo il dovere di essere “buoni cittadini e di contribuire al benessere del paese in cui viviamo” sottolinea Rav Della Rocca, senza però dimenticare e difendere il nostro ebraismo.