L’eccidio nazista del 24 marzo 1944, è stato ricordato tre giorni fa, alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Oggi il ricordo delle vittime della rappresaglia tedesca è stato celebrato da Papa Benedetto XVI, accolto dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni sul luogo della strage dove morirono 335 tra civili e militari italiani, fra cui 76 ebrei. Insieme ad essi, anche il cardinale Agostino Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma; il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, il generale Vittorio Barbato, Commissario generale per le onoranze ai caduti in guerra; il capitano Francesco Sardone, direttore del mausoleo. Un’occasione che ha permesso di commemorare anche Marco Moscati e Salvatore La Rosa, le due vittime delle Fosse Ardeatine i cui nomi sono riemersi dopo lunghi mesi di indagini da parte dei Ris dei Carabinieri.
Il Papa, invitato dall’Associazione nazionale tra le famiglie italiane dei martiri caduti per la libertà della patria (Anfim) , ha recitato una preghiera insieme al Rabbino Di Segni.
Quell’eccidio, ha dichiarato Benedetto XVI, fu “l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione”.
«Le Fosse Ardeatine sono un luogo di memoria condivisa e dolorosa per tutti, in particolare per i cittadini romani», ha aggiunto il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. «Qui sono morti 76 ebrei ma la maggioranza delle vittime era di fede cristiana. L’incontro di oggi ha perciò un significato del tutto particolare: questo è il luogo in cui noi veniamo a condividere un triste ricordo e una memoria spaventosa».
La presenza di un papa tedesco nel luogo dove 67 anni fa i nazisti trucidarono 335 persone, per il rabbino Di Segni è simbolo innnzitutto della responsabilità di ciascun individuo: «L’importante – ha detto – è la responsabilità individuale, grazie o malgrado le proprie origini».
Grande commozione ha suscitato poi la lettura delle parole scritte da una delle vittime delle Fosse Ardeatine prima di morire: “Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni”. In quel nome, ‘Padrè – ha sostenuto il Papa – c`è la garanzia sicura della speranza; la possibilità di un futuro diverso, libero dall’odio e dalla vendetta, un futuro di libertà e di fraternità, per Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo”. Una speranza che oggi più che mai, tutti noi, ci sentiamo di condividere.