L’espressione “giallorosso ebreo” ha la finalità di deridere la squadra avversaria ed è ricollegabile allo storico antagonismo» tra le due formazioni della Capitale. Con questa motivazione Alessandro Pasquazzi e Fabrizio Pomponi – due tifosi laziali sorpresi in Curva nord mentre intonavano un coro con dentro le due parole incriminate – sono stati prosciolti con la formula «perché il fatto non sussiste» dal gip di Roma Ezio Damizia: erano accusati di diffondere odio razziale.
La sentenza è stata pronunciata lo scorso 15 dicembre, ma le motivazioni sono state pubblicate in questi giorni.
I due ragazzi – difesi dagli avvocati Massimiliano Capuzi ed Emiliano Ferrazza – erano stati accusati in seguito alla diffusione delle le immagini registrate dalle telecamere a circuito chiuso durante la partita Lazio-Catania del 30 marzo del 2013. In particolare le riprese mostravano, tra le 15.38 e le 15.39, i due giovani incitare il resto dei componenti della Curva nord a cantare «Giallorosso ebreo, Roma va a caga’». Una volta osservate le immagini, la Digos aveva identificato e denunciato i tifosi. Nella perquisizione a casa di Pomponi erano saltati fuori un manganello retrattile, un manifesto del terrorista dei Nar Alessandro Alibrandi e una maglietta raffigurante il Duce. Nulla nell’abitazione dell’altro tifoso. Per entrambi, al termine delle indagini, la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio.
Il gip non ha accolto la tesi dell’accusa perché le espressioni incriminate «rimangono confinabili nell’ambito di una rivalità di tipo sportivo»: il coro, si legge nella sentenza, «si compone di un’espressione che aldilà della scurrilità esprime mera derisione sportiva». E poi secondo il giudice occorre tenere conto di una differenza: «Sebbene l’accostamento giallorosso con ebreo possa aver assunto nelle intenzioni del pronunciante valenza denigratoria, ricollegabile latamente a concetti di razza, etnia o di religione, le modalità di esternazione non costituiscono alcun concreto pericolo di diffusione di un’idea di odio razziale e di superiorità tecnica». Anche perché quel giorno non c’erano romanisti sugli spalti da provocare.
“L’assoluzione di questi due laziali è deprecabile perché sdogana il termine ebreo come attributo negativo che si può dare una persona – commenta a Mosaico il giurista Giorgio Sacerdoti -. Sicuramente è preoccupante anche dal punto di vista sociologico, in quanto dimostra quanto dare degli ebrei a qualcuno sia equivalente all’insultarlo”.
Inevitabile pensare ai rischi di questa sentenza. Le ragioni esposte dal gip potrebbero infatti indirettamente sdoganare il ricorso ad altre espressioni di questo tipo fra le diverse tifoserie.