Giuliano Amato e la Carta dei Valori

Italia

Il contributo ebraico.

“Non vengo a raccontarvi la Carta dei Valori della Cittadinanza e dell’Integrazione, vengo a ribadire perché serve questo documento”.

Con queste parole il Ministro degli Interni Giuliano Amato si è rivolto, domenica 9 marzo a Firenze, all’Assemblea dei delegati dell’ultimo Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

“Ci troviamo”, ha sostenuto Amato rivolgendosi al presidente dell’Ucei Renzo Gattegna e all’uditorio, “a ripetere affermazioni che sono divenute ovvietà del nostro tempo. Quando parliamo di tolleranza, rispetto, accettazione, integrazione, ben difficilmente troveremmo qualcuno disposto a dirci: ‘No, non è così’. Eppure purtroppo queste ovvietà vengono permanentemente contraddette. E qualche noioso ogni anno deve ricordare cosa può accadere quando tali ovvietà vengono negate.
Il problema è quello di non sollecitare mai quello che può eccitare gli uni contro gli altri. Perché il male non è stato debellato, il male ci accompagna. E non ci vuole molto perché i ruoli del progresso e della distruzione si capovolgano.

Basti pensare che ancora oggi circola in certi ambienti della società scientifica una suddivisione degli esseri umani in razze. Un documento approvato in anni recenti dall’Associazione degli antropologici americani, per esempio, contiene ovvietà scientifiche che pure sono state approvate a maggioranza, e non all’unanimità. Vi si afferma che le razze, nel senso di raggruppamenti omogenei sotto il profilo genetico non esistono. Vi si afferma che le frequenze genetiche sono determinate da altri fattori. Vi si afferma che le variazioni fisiche non hanno alcun significato che superi quello delle variazioni culturali o di quelle ambientali.
Trovo sconvolgente che sia stato approvato solo a maggioranza. E non posso dimenticare che nelle università italiane ancora negli anni ’50 si insegnava una materia denominata Antropologia delle razze.

E’ sgradevole a dirlo, ma alla radice del problema esiste una separazione religiosa. Ma come è possibile che si sia arrivati nel XX secolo ad assimilare questa separazione religiosa ad altre?

Devo dire che alla costruzione di queste teorie fu determinante l’intervento della rivista dei gesuiti La civiltà cattolica. Su quelle pagine si affermava che il Regno di Israele era a scapito degli altri. Cito solo una frase terrificante che fu pubblicata: ‘Il Talmud prescrive, oltre alle regole di una morale esecranda, anche l’odio per tutti gli uomini. E’ per questo la Chiesa si è sempre opposta che fosse concessa agli ebrei l’eguaglianza civile’. La campagna antiebraica degli anni ’30 riprende da qui. Perché in ciascun tempo ecco che c’è un coagulo di ragioni di ostilità che cercano di formare un nemico.

L’antiebraismo quindi diventa diviene emblematico della capacità di negare l’altro in qualsiasi circostanza e il razzismo che fu definito ‘spiritualistico’ dimostra come si possa fare a pezzi l’eguaglianza a prescindere dalle diverse circostanze storiche e sociali.

Ma perché ancora oggi questi argomenti hanno bisogno di essere detti, ribaditi e ricordati? Quali fantasmi continuano ad agitare le nostre società? In definitiva esistono decine di documenti, Costituzioni, dichiarazioni internazionali e non solo la mia “Carta dei valori”.

Ricordo di quando il presidente Bill Clinton fallì la sua mediazione di Camp David e disse che forse aveva fallito perché aveva cercato di affrontare la situazione più impossibile che il mondo presentasse e questa necessità di convivenza e questo doversi accettare su uno stesso territorio di due popoli diversi rendeva il caso più impossibile di altri. Ma quel caso impossibile è il nostro caso, è il caso di tutte le nostre città ormai. E qui ci accorgiamo di quanto in realtà sia difficile affermare princìpi apparentemente tanto scontati e condivisi. Perché in presenza del male continua ad assumere un velenoso valore consolatorio poter attribuire questo male non a un individuo, ma a un nemico più largo, che è rappresentato da un etnia, da un gruppo. Vorrei citare un luogo comune, quello dei Rom, che nell’immaginario collettivo sono necessariamente tutti ladri: ‘i rom rubano i bambini’. Ma i rom ci dicono: nella nostra esperienza siete voi che rubate i bambini, venite nei campi e ce li portate via con le assistenti sociali. Solo un esempio per comprendere quale sforzo di comprensione dobbiamo realizzare.

Sono ovvietà che mi piace ribadire qui a voi a questa minoranza che in Italia e nel resto del mondo ha cercato sempre di dare in funzione del bene comune e che si è trovata più volte nella Storia messa da un canto proprio nel nome del bene comune. Il vostro è stato un contributo che forse ha pochi eguali al mondo. La capacità di recitare le proprie preghiere mantenendo testardamente la propria lingua e impegnarsi contemporaneamente testardamente per il bene comune ne costituisce una testimonianza. Lo dico qui, in questa giornata che non è il Giorno della memoria per garantire il miglior futuro al nostro Paese”.