di Ilaria Myr
Alla serata di presentazione dei candidati sindaco di Milano alla comunità ebraica organizzata dal Bené Berith mercoledì 15 giuno al Marriott dopo Stefano Parisi è intervenuto Giuseppe Sala, candidato del centrosinistra: a lui Paolo Foà, presidente del Bené Berith, ha posto le stesse domande fatte a Parisi (con l’ovvia modifica nella domanda sugli alleati), ribadendo la decisione del Bené Berith di donare al sindaco eletto degli alberi da piantare nella città.
«Milano è una città particolare, che ha fatto un grande progresso negli ultimi anni, ma che ha ancora problemi su cui si deve mettere mano – ha esordito Sala -. Essendo anche stato protagonista della crescita di Milano con Expo penso che vada ancora troppo a due velocità: da un lato c’è una Milano brillante, internazionale, creativa, e dall’altro una delle periferie che soffre. Ed è da qui che bisogna ripartire per evitare che non nascano tensioni sociali. Per il futuro immagino una Milano più a misura d’uomo, con un’impronta ambientale importante. E poi una città sempre più internazionale, molto attrattiva per investimenti stranieri, per gli studenti universitari e per i turisti. Se sarò eletto sindaco, completerò il percorso che ho fatto con Expo gli ultimi cinque anni e prima ancora per un anno e mezzo come direttore generale del Comune di Milano».
Di seguito gli argomenti trattati, con la domanda del presidente del Bené Berith e la risposta del candidato.
SICUREZZA RELIGIOSA
In quale modo pensa che i cittadini milanesi di religione ebraica possano praticare in piena sicurezza la propria fede?
«Il concetto di piena sicurezza è molto difficile. Sicuramente la giunta uscente ha dato un segno tangibile di vicinanza al mondo ebraico, attuando le opere di messa in sicurezza architettonica della scuola ebraica di via Sally Mayer e della Casa di Riposo. Importante è fare qualcosa di concreto, e noi continueremo in questa direzione».
IL “PERICOLO” SUMAYA ABDEL QADER
Una domanda scomoda. Se lei vincesse, la giordano-palestinese Sumaya Abdel Qader entrerebbe in consiglio comunale. Come comunità siamo però preoccupati dal fatto che Sumaya non abbia mai preso le distanze dalle posizioni sconvenienti della sua famiglia (la madre sostiene apertamente su Facebook i Jihadisti e Hamas, ndr) . Come pensa di contenere il ruolo di Sumaya soprattutto su temi che riguardano ebraismo e Israele?
«Abbiamo deciso di candidarla perché abbiamo trovato in lei una figura dialogante nella comunità musulmana, che conta ormai 80 mila persone a Milano, nella convinzione che sia necessario avere qualcuno che faccia da tramite con questa realtà sempre più rilevante nella nostra città. Personalmente condanno senza mezzi termini le cose scritte dai suoi parenti. Segnalo però che Sumaya a sua volta è stata minacciata da integralisti islamici. Non ho però trovato da parte sua dichiarazioni inappropriate. E poi starà a noi cercare di vigilare sui suoi comportamenti».
LA QUESTIONE MOSCHEA
Noi come comunità milanese siamo da sempre aperti al dialogo, ci professiamo garanti della libertà di potere professare tutte le fedi nel rispetto delle regole nel paese nel quale si vive. Per quanto riguarda la costruzione della Moschea, quali misure come sindaco adotterà per garantire la sicurezza ai milanesi e in quale modo controllare provenienza dei fondi affinché non venga finanziato da organizzazioni terroristiche e che i finanziatori riconoscano l’esistenza Dello Stato di Israele?
«Rispetto alla moschea mi sono sempre espresso in maniera favorevole perché non mi va lo status quo: oggi c’è un’illegalità diffusa, situazioni molto poco sicure e nessun controllo.
Proprio ieri ho dichiarato a un’agenzia di informazione che quel luogo di illegalità in via Cavalcanti, denunciato dai cittadini della zona, va chiuso. Questo è uno dei primi atti che mi impegnerei a fare. La moschea ha senso se ci permette di chiudere luoghi che oggi sono senza controllo. Il bando poi parla chiaramente della necessità di identificare i finanziamenti. La situazione attuale non tutela nessuno e non permette controllo. La mia proposta è di chiudere i luoghi illegali e chiedere trasparenza rispetto ai finanziamenti, alle modalità di culto e di propaganda».
IL GEMELLAGGIO CON TEL AVIV
Milano è gemellata con Tel Aviv da diverso tempo. Di fronte ad attacchi che potrebbero colpire Tel Aviv prenderebbe posizione di solidarietà piena alla cittadinanza?
«Certamente sì. Io stesso, quando nel 2014 abbiamo deciso di promuovere il 2 giugno nelle grandi ambasciate del mondo, ho scelto Tel Aviv, a dimostrazione della mia attenzione e sensibilità nei confronti di Israele. Con gioia sosterrò i rapporti con Israele: bisogna fare di più per promuovere gli scambi fra Milano e i grandi paesi del mondo, e Israele è senz’altro uno. Quindi il mio impegno sarà non solo per il gemellaggio, ma nel trovare le formule di interazione di spirito e operativa».
AMBIENTE E INQUINAMENTO
Oggi grazie alle nuove tecnologie, ai tassi di interesse alla grande disponibilità finanziaria che c’è nel mondo della finanza in senso lato, in che modo pensa di potere intervenire per ridurre l’inquinamento a Milano?
«Ci sono molti fronti su cui lavorare. Un primo ambito è quello normativo legato al governo. La tecnologia consente la defiscalizzazione in 10 anni del cambio delle caldaie. In realtà sarebbe più utile per una realtà particolare come Milano – una grande metropoli in pianura –far sì che questo finanziamento venga fatto sugli installatori che possano installare caldaie al 60% in meno. Un altro fronte è quello della mobilità: nel futuro diminuirà il numero delle auto, anche tenendo conto del fatto che la mentalità dei ragazzi è diversa: grazie al carsharing oggi avere una macchina non è rilevante. Per quanto riguarda la metropolitana, il mezzo di trasporto più ecologico, per il 2021 sarà pronta la M4, ma l’obiettivo è anche di estendere le linee fuori Milano: la M5 fino a Monza e la M4 fino alla Paullese. Infine il verde: tra gli scali ferroviari e l’area Expo abbiamo 1 milione di metri quadrati in più di verde. Credo che si debba costruire a Milano solo rigenerando le aree dove si è già stato costruito, non portando via un metro quadro di verde. L’obiettivo è avere fra 15 anni un’impronta ambientale migliore».
VOGLIO ACCOMPAGNARE MILANO NEI PROSSIMI 5 ANNI
Infine, l’appello finale. «Negli anni ho dimostrato di avere un grande attaccamento a questa città e di avere una determinazione assoluta quando si tratta di portare a a casa obiettivo. Un anno prima di expo nessuno era convinto che ci saremmo riusciti, ma ce l’abbiamo fatta. Milano sta dimostrando di essere una città che sta prendendo per mano il Paese, e io vorrei accompagnarla nei prossimi 5 o 10 anni. Poi però mi riposerò…».