di Eva Miz
Ieri, giovedì 13 maggio, è stata organizzata a Milano dai Giovani Palestinesi d’Italia e da Assopace Palestina la manifestazione (R)esistiamo in sostegno al popolo palestinese, che ha visto la partecipazione di tante persone da riempire tutta l’area di Piazza del Duomo. L’obiettivo dichiarato dagli organizzatori era quello di dare voce a un popolo di cui è diffusa la percezione che non sia sufficientemente rappresentato nei giornali e telegiornali italiani, accusati dall’Unione di lotta per il Partito comunista di essere troppo “borghesi” e di non denunciare “il regime di apartheid razzista” di Israele. Secondo un volantino distribuito da questo gruppo, infatti, lo “Stato sionista” avrebbe intensificato la violenza per impedire agli abitanti di Gerusalemme Est di partecipare alle elezioni legislative palestinesi previste per il prossimo 22 maggio (elezioni che, ad ogni modo, vengono rimandate da 15 anni da Abū Māzen, il quale – preoccupato di perdere contro Hamas – ha dittatorialmente deciso di estendere a oltranza il proprio mandato, ndr).
Ciononostante, secondo altri la manifestazione sarebbe stata in realtà una «manifestazione di tutti i giovani stranieri in Italia» e di tutti coloro che si sentono “senza terra” o oppressi, cosa che ha avvicinato i gruppi di manifestanti palestinesi ai «fratelli colombiani che oggi stanno vivendo nel loro Paese una tragedia simile».
Il gruppo “La Comune” (con sede a Roma in via di Porta Labicana) ha diffuso un volantino controverso che narra che i palestinesi «si sono mobilitati in maniera indipendente e pacifica difendendosi a mani nude dalla violenza dei coloni», dilatando l’aggettivo “pacifico” fino a utilizzarlo per descrivere il “pacifico” linciaggio avvenuto ai danni dei civili israeliani, mentre Israele veniva bombardata da una raffica di 1700 razzi. Il volantino prosegue dichiarando che Hamas «va contro la mobilitazione popolare palestinese» e che l’Anp (organismo di auto-governo della Cisgiordania) è «corrotta e complice con l’occupante israeliano». Ma nonostante gli stessi manifestanti dichiarino che il popolo palestinese viene oppresso contemporaneamente da entrambi i partiti candidati alle prossime elezioni (Hamas e Fatah), tutti gli interventi si sono indirizzati esclusivamente contro Israele.
«Gli israeliani sono entrati nella moschea di Al Aqsa, immaginate le conseguenze se fosse successo in una sinagoga!», declama una manifestante al megafono, forse ignara non solo delle munizioni ammassate dai palestinesi all’interno della succitata moschea, ma anche del fatto che a Lod due giorni fa gli ebrei hanno a fatica salvato i Sifrei Torah dalle fiamme di una sinagoga, incendiata durante un pogrom antiebraico perpetuato dagli arabi residenti nella città.
La manifestazione è poi proseguita con slogan da «l’Italia vende armi e droni made in Italy per bombardare Gaza!» e «la presenza di transgender e di abbigliamento vegano e cruelty free nell’esercito israeliano sono solo tecniche per nascondere i crimini di guerra!», a canti da stadio quali «chi non salta un israeliano è, è!»; e, per concludere, un coro di «Allah u Akbar».
Durante tutta la durata dell’evento, non sono state avanzate proposte per la soluzione del conflitto se non quella di lanciare «fino all’ultima pietra», ribadendo che «l’intifada non è terrorismo, è un’insurrezione popolare. Come quella che stanno facendo i fratelli a Gerusalemme rispondendo alle bombe con i sassi». Sulla stessa scia, un volantino di Sinistra Classe Rivoluzione recita: «per una nuova Intifada, Palestina libera, Palestina rossa!». È doveroso a tal proposito rammentare che anche la Prima Intifada (1987) si svolse con lapidazioni dei civili israeliani, mentre l’Intifada dei Coltelli (2015) fu caratterizzata dall’utilizzo di armi da taglio per brutalizzare gli ebrei in strada, così come pochi giorni fa un funzionario di Hamas durante una conferenza ha nuovamente invitato il popolo ad «affilare i coltelli da cucina e decapitare gli ebrei». Ma l’intifada, secondo i manifestanti, non è terrorismo.
Nella foto (© Mosaico) in alto, il cartello in arabo recita “Palestina libera”