di Ester Moscati
I soliti sospetti. E poi le accuse basate su invenzioni e fake news tramandate da secoli: il deicidio, l’usura, la vendetta… “L’ebreo inventato” è un vademecum per “chiudere la bocca” a chi ci attacca. Come controbattere ai preconcetti, ai luoghi comuni, agli stereotipi e alle calunnie millenarie
“Voi vi considerate superiori agli altri, credete di essere il popolo eletto”. “Il vostro è un Dio di vendetta, il nostro d’amore”. “Avete ucciso Gesù”. “Avete usanze barbare, come la circoncisione”. “Gli israeliani stanno facendo ai palestinesi quello che i nazisti hanno fatto agli ebrei”. I tempi di Shylock sembrano lontani, ma quante volte ci siamo trovati a dover affrontare frasi di questo tipo, a scuola, sul lavoro, in discussioni politiche o semplicemente tra “amici”? Con quanta amarezza e stupore abbiamo dovuto rispondere, spiegare, a volte trovandoci a corto di argomenti di fronte al livore e alla violenza verbale dei nostri interlocutori, per i quali trovarsi faccia a faccia con un ebreo diventava un’occasione ghiotta per dare sfogo ai propri pregiudizi?
Soprattutto i più giovani, i ragazzi nelle scuole pubbliche, possono trovarsi in seria difficoltà: magari l’identità ebraica è coltivata in casa in modo tradizionale, ma di certi argomenti non si parla più di tanto. Magari la curiosità scatta se non si frequenta l’ora di religione, “Ah sì, sei ebreo?” E giù ad accusare, deridere, bullizzare nel peggiore dei casi. Per gli adulti, se le discussioni si approfondiscono, la situazione può non essere tanto diversa: una diatriba sulla politica mediorientale, sulla storia del sionismo, oppure la richiesta di un confronto teologico ed ecco che possiamo renderci conto di non sapere “proprio tutto” ciò che serve a ribattere.
Per questo l’Unione delle Comunità ebraiche (UCEI) e l’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) hanno pensato a un progetto di divulgazione che si è concretizzato in un libro, L’ebreo inventato, edito da Giuntina, rivolto in via prioritaria ai giovani, ma anche a insegnanti, formatori, divulgatori, operatori sociali e politici. Un gruppo di lavoro – costituito da David Bidussa, Dalia Carmi, Fiona Diwan, Elio Carmi, Raffaella Di Castro, Sira Fatucci, Davide Jona Falco, Gadi Luzzato Voghera, Saul Meghnagi, Claudio Vercelli – ha curato la progettazione dei diversi capitoli.
Il volume verrà presentato alla Camera e al Senato in febbraio, e si spera sarà adottato come libro di testo in molte scuole, proprio per spiegare come nascono stereotipi e pregiudizi. “La quasi totalità degli ebrei risiede in democrazie, come cittadini a pieno titolo che, con pari diritti e doveri, partecipano alla vita e alla costruzione del paese – scrivono nell’introduzione a L’ebreo inventato Raffaella Di Castro e Saul Meghnagi. – Contemporaneamente serpeggia tra loro, anche tra gli ebrei italiani, un senso di disagio che talvolta degenera in insicurezza e paura. Come reagire e rispondere dunque ad accuse e pregiudizi nei quali ci si imbatte nel quotidiano, in forme più o meno gravi, esplicite o implicite, in buona o cattiva fede? Vi è il rischio di balbettare o di restare ammutoliti, magari per non rompere un’amicizia o un rapporto di lavoro; si lascia implodere la rabbia, con un senso di impotenza e frustrazione, se non addirittura di auto-colpevolizzazione che finisce per mandare a segno il pregiudizio stesso. Altre volte invece si risponde, ma accade di essere accusati dagli altri di essere ‘troppo emotivi’, ‘vittimistici’, ‘suscettibili’. (…) Conoscere la cultura e la tradizione ebraiche, così come la storia è imprescindibile”.
I temi trattati nel volume
A Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC di Milano, è affidato il capitolo sull’Antisemitismo in Italia oggi: studi e dati; mentre Saul Meghnagi risponde sul tema “Siete diversi, avete le vostre tradizioni, i vostri costumi” raccontando quindi gli ebrei come popolo e religione.
L’idea di “elezione” è affrontata da Rav Roberto Della Rocca che spiega come “Nell’ebraismo, l’orgoglio che deriva dalle proprie radici non consente che si coltivino illusioni di superiorità o pretese di privilegi in grazia dell’appartenenza etnico-religiosa. Aderire all’ebraismo implica, invece, assunzioni di obblighi e di responsabilità”. Lo stesso Rav Della Rocca si è dedicato anche al nesso tra amore e giustizia nel capitolo “Il vostro è un Dio della vendetta, il nostro un Dio dell’amore”.
All’accusa di “deicidio” risponde invece Daniele Garrone: è forse il tema primigenio, l’origine di ogni altro sentimento antisemita, “uno dei più forti pregiudizi antiebraici – in ambito cristiano, ma non solo – che consiste nel ritenere gli ebrei in quanto tali, di ogni epoca e luogo, responsabili della morte di Gesù sulla croce. La colpa della morte di Gesù venne inizialmente attribuita agli ebrei a lui contemporanei – spiega Garrone -. Ma poi, nell’acuirsi della polemica antiebraica del cristianesimo in espansione e poi religione mondiale, la colpevolezza della crocifissione di Gesù venne estesa indistintamente a tutti gli ebrei e, in relazione all’affermazione della divinità di Gesù, la sua uccisione venne letta come «deicidio», omicidio di Dio. La condizione degli ebrei nella diaspora venne interpretata come castigo divino, il cui primo segno sarebbe stata la distruzione di Gerusalemme a opera dei romani. Questa visione della colpa di Israele ha fatto decretare ai cristiani la fine di Israele come popolo di Dio e attribuire alla Chiesa la qualifica di nuovo e vero Israele”.
Solo pochi anni fa, l’ambasciatore Sergio Romano accusò la religione ebraica di essere «il catechismo fossile di una delle più antiche, introverse e retrograde confessioni religiose mai praticate in Occidente. (…) È apparso, per reazione all’Illuminismo, un ebraismo arcigno, arcaico, psicologicamente impermeabile a qualsiasi forma di tolleranza e convivenza». Queste considerazioni sull’ebraismo “arcaico” si riferiscono spesso, ad esempio, al rito della circoncisione. A questa e alle regole connesse con il corpo e con la vita è dedicato il testo di Rav Riccardo Di Segni e Livia Ottolenghi.
Una delle accuse ricorrenti e degli stereotipi più radicati contro gli ebrei è quello del rapporto con il denaro, la finanza e l’usura, tema che richiede una solida ricostruzione storica ed è affrontato da David Bidussa che scrive: “Per respingere l’identificazione ebrei = denaro, è necessario smontare l’idea che la costruzione del sistema di prestito e del tasso di interesse sia una caratteristica dell’agire economico degli ebrei e che quell’agire sia l’espressione di una perversione.
“Siete chiusi, pensate solo ai vostri interessi, alle cose che vi riguardano” è un’altra vulgata diffusa e a questa risponde, nel capitolo Relazioni del popolo ebraico con gli altri, Raffaella Di Castro. E poi c’è l’antisemitismo contemporaneo e ipocrita, quello che maschera i propri pregiudizi contro gli ebrei dietro il velo della difesa dei “poveri palestinesi” contro lo Stato di Israele, che sarebbe illegittimo, imperialista e guerrafondaio. “Dichiararsi antisionisti non vuol dire essere antisemiti”; “Gli israeliani stanno facendo ai palestinesi quello che i nazisti hanno fatto agli ebrei”, proclamano costoro; e risponde qui lo storico Claudio Vercelli in Spiegare il sionismo e La “demonizzazione” al posto del giudizio politico.
“Gli ebrei, nei paesi arabi, stavano bene prima che nascesse Israele” è un’altra favoletta che dimentica i pogrom e la condizione subalterna di dhimmitudine, che rese per secoli gli ebrei sottomessi ai musulmani, in balia degli umori del potente di turno e delle violenze di massa. A questo tema è dedicato il capitolo La totale scomparsa degli ebrei dal mondo islamico di Fiona Diwan.
E infine, un’accusa che tutti ci siamo sentiti rivolgere almeno una volta nella vita: “Vi sentite più ebrei che italiani”. Cittadinanza, nazionalità e identità nella Costituzione italiana è il tema che affronta, in conclusione, Davide Jona Falco.
Come si vede, dunque, L’ebreo inventato affronta, con un apparato di note e una corposa bibliografia per gli approfondimenti, tutti i temi, i luoghi comuni, i pregiudizi e gli stereotipi che sono giunti alla nostra contemporaneità attraverso i secoli; pregiudizi che nel tempo si sono adattati alle mutate circostanze della storia, conservando pervicacemente un nucleo di sospetto, antipatia, disprezzo e odio nei confronti degli ebrei e anche, dal 1948 in poi, verso l’ebreo tra gli Stati: Israele.
Foto in alto: Al Pacino è Shylock nel film Il mercante di Venezia