I Salmi sigillano la fratellanza spirituale tra gli ebrei e il Cardinale

Italia

di Fiona Diwan

La pioggia battente s’infila tra le parole ebraiche e tra le colonne del cortile dell’Arcivescovado e qualche raffica di vento fradicio si mescola ai versi del Salmo 124, facendo dimenticare che siamo ancora ai primi di settembre. Ai circa 200 convenuti sotto i portici di quella che per vent’anni fu la dimora del Cardinale Carlo Maria Martini, non sfugge l’eccezionalità dell’evento che si sta svolgendo in questa corte. Una vera rivoluzione, detto senza esagerazione. Perché non s’erano mai visti quattro tra i più importanti rabbini d’Italia, riuniti in preghiera per ricordare un Cardinale cattolico. Mai, prima d’ora. Poca gente, in fondo, per questi tre quarti d’ora di portata storica. Per ricordare la figura di chi un giorno disse “bisogna amare gli ebrei, bisogna amare Israele…”.

Il gesuita, il biblista, l’esegeta, il regista infine che pilotò la rivoluzione copernicana della Chiesa nella sua politica verso gli ebrei, revocando l’accusa di deicidio .

Trenta i Salmi intonati, dal 120 al 150, e il Shir haMaalot, il canto dei gradini, Salmi ascensionali, intonati dai pellegrini  che per secoli -e fin’oggi-, salivano verso Gerusalemme, canti importantissimi a livello mistico.

“L’Eterno ripaga con il bene i buoni e coloro che sono retti di cuore”, recita rav Giuseppe Laras, Salmo 125, versetto 4, “e il riferimento non è ovviamente per nulla casuale”, aggiunge.

Il Rabbino e il Cardinale. Tra i versi di re David, vibra una corda privatissima, quella che porta il sigillo non solo di trent’anni di conoscenza e frequentazione. Perché Carlo Maria e Giuseppe si volevano bene. Di più. La loro è stata una fratellanza spirituale nata sul ceppo di quell’imperscrutabile alchimia che dà origine alle amicizie, ai sodalizi, ai legami di una vita. Si erano benedetti l’un l’altro con una reciproca berachà, mani sulla testa e il pudore di uno sguardo obliquo tra le ciglia. Avevano passato interminabili pomeriggi di discussioni, tra il Rambam, Sant’Agostino, Spinoza e milioni di pagine e commenti. «Era un combattente. Amava profondamente Israele e voleva essere sepolto lì. La mia vita sarà più vuota e fragile senza di lui», dice rav Laras, con voce sommessa.

E dopo rav Laras, ancora Salmi. “Ezrenu be-shem Adonai osè shamaim va harez… Il nostro aiuto è solo nel nome dell’Eterno, colui che creò cielo e terra…”, recita il rabbino capo Alfonso Arbib. Lo insegue la voce tenorile di Rav David Schiunnach, “Samachti be-omerim li bet Adoinai melech… ho gioito quando mi hanno detto andiamo alla casa del Signore…”. E poi ecco un’altra voce, quella di rav Elia Richetti, “Habbotechim ba Adonai kehar-Zion lo-immot, leolam-yeshev… coloro che confidano nel Signore Iddio sono come il monte Zion che non vacillerà mai e che sussisterà per sempre”.

Toccante il ricordo della sorella del cardinale, Maris Martini: «Non dimenticherò mai quel viaggio in Galilea: eravamo a Tiberiade, nei primi anni Settanta, una pioggia di bombe sopra la testa e mio fratello che non voleva mollare. Stava cercando la tomba di rabbì Akivà e non si fermò fino a quando non l’ebbe trovata».

Presenti in massa gli ecclesiastici: Monsignor Delpini, vicario della diocesi di Milano; Monsignor Brugnaro, Arcivescovo di Camerino; Cardinale Cocco Palmerio, presidente del Pontificio Consiglio Testi Legislativi; Monsignor Franco Buzzi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana; Monsignor Luigi Nason della Diocesi di Milano; Monsignor Gianfranco Bottoni, dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo; il pastore Valdese Giuseppe Platone: Gioachino Pistone della Libreria Claudiana, Valdese; Zvi Lotar, dell’ufficio del turismo israeliano. Anche i rappresentati della Comunità Islamica Coreis hanno partecipato all’incontro di preghiera.

E poi tanti milanesi, i politici Stefano Boeri, Bruno Dapei, Manfredi Palmeri, Lele Fiano, ma anche Gad Lerner. E ancora i Past president della Comunità Roberto Jarach e Cobi Benatoff, il vicepresidente Daniele Cohen, David Meghnagi, Yoram Ortona e tanta gente della Comunità che ha voluto condividere questo estremo saluto.