Un’informazione indebolita è sintomo di una democrazia precaria e quindi di una società in pericolo, e per questo il lavoro dei giornalisti è tanto più importante. Partendo da questa premessa si è svolto il 3 maggio l’incontro organizzato da Fondazione Gariwo al Giardino dei Giusti dell’Umanità con i principali operatori dell’informazione del nostro Paese, l’Ordine dei giornalisti e una rappresentanza della Stampa estera a Milano, in occasione della Giornata mondiale della Libertà di stampa. L’obiettivo è ricordare i Giusti dell’informazione che, ieri come oggi, hanno messo a repentaglio le proprie vite per documentare, testimoniare, creare consapevolezza di fronte alle nuove atrocità di massa.
L’iniziativa ha reso omaggio a figure simbolo della battaglia per la libertà di espressione, onorate nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo nel Parco del Monte Stella: Liu Xiaobo, autore della Carta 08, premio Nobel per la pace; Raif Badawi, blogger saudita condannato a mille frustate per aver difeso il dialogo tra fedi e culture diverse; Samir Kassir, giornalista libanese, ucciso per aver difeso la libertà di espressione; Hrant Dink, assassinato per aver difeso la memoria del genocidio armeno in Turchia; Anna Politkovskaja, che ha perso la vita per aver denunciato i massacri di civili in Cecenia.
Un appello ai giornalisti
Di seguito il discorso pronunciato dal presidente di Gariwo Gabriele Nissim (nella foto) al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano in occasione della Giornata per la libertà di stampa 2021. All’evento hanno partecipato i direttori delle testate giornalistiche italiane e i rappresentanti della Associazione Stampa Estera Milano.
Vorrei ringraziare tutti i giornalisti che sono presenti oggi, perché il Giardino dei Giusti è un luogo scomodo che ricorda uomini e donne scomodi che vanno contro corrente. Senza il vostro sostegno, noi saremmo molto più deboli.
Spesso come Gariwo siamo attaccati perché non facciamo distinzioni tra gli uomini giusti, tra quelli che salvano ebrei, armeni, migranti in mare, che lottano contro il terrorismo, per la libertà in Cina, in Russia, in Turchia.
Per alcuni guardare all’universale è una colpa. Vorremmo invece che questo principio venisse salvaguardato perché lo scopo di questo Giardino e della Giornata europea dei Giusti è quello di insegnare ai giovani e ai cittadini a sentirsi responsabili del mondo. Come sottolineava Raphael Lemkin, l’artefice della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione dei genocidi, se una parte del mondo viene mutilata è tutto il mondo che perde una parte della sua ricchezza e bellezza. Ogni essere umano è meno libero se in qualsiasi luogo del mondo un uomo perde la sua dignità.
Oggi, nella Giornata della libertà di stampa, ricordiamo i giornalisti che hanno denunciato il male estremo, le dittature e i totalitarismi. Nel 2020, come ricorda Reporter senza frontiere, cinquanta giornalisti sono stati assassinati e quest’anno sono già dodici le vittime.
Perché li vogliamo ricordare in un Giardino dei Giusti? perché sono il tramite fondamentale che può spingere la società e la politica, troppo spesso sorda e distratta, a mobilitarsi contro le ingiustizie estreme nel mondo. Nel Giardino dei Giusti di Milano abbiamo, nel corso degli anni, onorato i grandi fondatori di questo pensiero che hanno cercato, senza per altro riuscirci, di allertare il mondo contro le grandi atrocità del Novecento.
Sono stati il tedesco Armin Wegner, che con le sue fotografie fu lo scrittore fotoreporter che denunciò il genocidio armeno; il polacco Jan Karski, che con il suo rapporto cercò invano di mobilitare il mondo perché fermasse la Shoah; il russo Solgenitsinm, che consegnò la più grande documentazione storica dei gulag staliniani.
Sono oggi i giornalisti coraggiosi che denunciano la pulizia etnica dei Rohingya, il genocidio culturale degli Uiguri, le atrocità di massa in Siria e nello Yemen, la persecuzione politica in Russia, in Cina e in Turchia. Hanno preso sulle spalle l’eredità morale dei loro predecessori e sono il tramite attraverso cui si può realizzare una mobilitazione mondiale per la prevenzione di ogni nuova forma di male estremo.
Per l’advisor delle Nazioni Unite incaricato dal Segretario generale di monitorare i potenziali genocidi, Alice Wairimu Nderitu, la possibilità di interromperli dipende dalla creazione di un sistema internazionale di allerta che a sua volta dipende dalla qualità dell’informazione.
Sono il silenzio e la distrazione, come è accaduto per la Shoah e il genocidio armeno, a rendere più forte i genocidari, i fondamentalisti e i dittatori, che per avere mano libera nei loro misfatti ricorrono alla disinformazione e all’occultamento delle prove. Il negazionismo di cui si servono può venire incrinato soltanto con la forza di una informazione libera e puntuale.
Per questo motivo Gariwo ritiene che il modo migliore per rendere omaggio ai giornalisti che hanno pagato con la loro vita l’impegno per denunciare il male estremo sia quello di tradurre in iniziativa politica l’esempio che ci hanno dato.
Per questo, chiediamo a tutti i giornalisti italiani di appoggiare la proposta che viene da questo Giardino dei Giusti dell’umanità di dedicare un giorno della vita del nostro Parlamento, in una commissione apposita, a rendere pubbliche le informazioni sui possibili segni di nuovi genocidi e sulle atrocità di massa in corso. Gariwo ha chiesto che sia nominato un advisor dei genocidi che, sulla base del lavoro di inchiesta dei giornalisti e degli osservatori internazionali, possa fare ogni anno un rapporto dettagliato all’opinione pubblica affinché queste informazioni dai giornali possano entrare nelle nostre istituzioni.
Il nostro sogno è che questa richiesta, in occasione della Giornata della liberà di stampa, possa diventare un proposta comune di tutti i giornalisti italiani affinché il nostro Paese possa lanciare un messaggio morale al mondo intero. E la vorremmo fare in nome di tutti i reporter che per la libertà d’informazione hanno perso la loro vita.
È questo il modo migliore per ricordare il valore morale della libertà di stampa, che ci deve spingere a difendere i valori fondamentali della dignità umana.
“Noi giornalisti combattiamo”
“Oggi è una giornata molto importante. Ogni 3 maggio dobbiamo ricordarci chi siamo, noi giornalisti, perché il nostro lavoro è importante e perché non dobbiamo mai tacere anche nei momenti più difficili”. Queste le parole della giornalista di Tatjana Dordevic Simic dell’Associazione Stampa Estera pubblicate sul sito di Gariwo in un editoriale.
“Quei momenti nei quali dobbiamo indagare, dire la verità, nei quali dovremmo opporci a ogni forma di pressione da parte di più forti, di più potenti. I giornalisti sono le persone che non devono avere paura, ma a volte è proprio la paura che salva la vita. Sono le persone coraggiose che vengono perseguitate, minacciate, spesso torturate e purtroppo anche uccise. Noi giornalisti stranieri, che siamo gli ospiti ma anche i cittadini d’Italia. Alcuni di noi provengono da Paesi dove la libertà della stampa esiste solo teoricamente. Sono i Paesi come il mio, la Serbia, dove il servizio pubblico non è pubblico, ma controllato dal governo, dove i mainstream media hanno ceduto il posto alla stampa gialla e dove i giornalisti indipendenti sono spesso minacciati, sotto ricatto, e con fatica svolgono il proprio lavoro.
Oggi, in questa occasione speciale, voglio anche ricordare i 21 giornalisti che sono stati rapiti, sono scomparsi o sono stati uccisi durante e dopo la guerra nei Balcani, in particolare quella in Kosovo, dal 1998 al 2005. Erano giornalisti serbi e albanesi per i quali tuttora non si è fatta la giustizia. Di molti di loro non ci sono tracce, i loro corpi non sono stati mai trovati e non si sa chi siano i loro assassini. Vorrei anche fare appello alle istituzioni europee e internazionali per l’accaduto, perché molti giornalisti sono stati rapiti o uccisi dopo l’arrivo delle forze NATO nel 1999, e dopo l’avvio di missioni internazionali in Kosovo (quali EULEX, UNMIK e KFOR) per ristabilire ordine, pace e legge nello Stato.
Oggi è una giornata molto importante, la Giornata di libertà della stampa, della verità, perché sono quelli valori per cui vale la pena di combattere. E noi giornalisti, combattiamo”.