di Nathan Greppi
In tempi recenti, il Vaticano ha sempre più riconosciuto i sacrifici di quei cattolici che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sacrificarono le loro vite per aver protetto degli ebrei: dopo il caso della Famiglia Ulma in Polonia, sabato 30 settembre avverrà la beatificazione di Don Giuseppe Beotti, prete emiliano ucciso dai nazisti a soli 31 anni.
Chi era Don Beotti
Nato il 26 agosto 1912 a Campremoldo, frazione di Gragnano in provincia di Piacenza, Beotti venne ordinato sacerdote nel 1938 dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio, e nel 1940 divenne parroco a Sidolo (frazione di Bardi, sempre nel piacentino).
Negli anni della guerra, e in particolare quando iniziò la Resistenza, la sua parrocchia divenne un rifugio per ebrei, partigiani e soldati feriti. Quando, nel luglio 1944, l’esercito tedesco giunse a Sidolo, gli venne proposto di fuggire e nascondersi nei cunicoli scavati nel bosco, ma lui rifiutò dichiarando: “Finché c’è un’anima da curare, io rimango al mio posto”.
All’arrivo dei tedeschi, il parroco venne accusato di aver salvato un centinaio di ebrei fuggiti da est. Il 20 luglio 1944, venne fucilato a Sidolo assieme ad un altro prete, Don Francesco Delnevo, e al seminarista Italo Subacchi.
La beatificazione
Il processo di beatificazione era stato aperto dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio nel 2002. Il suo martirio era stato riconosciuto il 20 maggio da Papa Francesco. Il 30 settembre, il rito per rendere beato Don Beotti avverrà nel pomeriggio a Piacenza, alla presenza del cardinale Marcello Semeraro.