di Paolo Castellano
In occasione della celebrazione del 25 aprile di quest’anno, la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) ha realizzato un nuovo portale intitolato Resistenti Ebrei d’Italia dedicato interamente alla resistenza ebraica italiana. L’iniziativa è frutto di un lavoro di ricerca effettuato dalla storica Liliana Picciotto. Mosaico Bet Magazine ha intervistato la responsabile per la ricerca storica della Fondazione CDEC per esplorare nel dettaglio l’inedita indagine documentaria che aggiunge una nuova prospettiva sulla condizione degli ebrei italiani durante il nazifascismo.
Come è nata questa nuova ricerca sui partigiani ebrei italiani?
Per anni e anni il CDEC è stato impegnato nella ricerca sui deportati d’Italia. Ci siamo sforzati per trovare i nomi di quelli che erano stati arrestati nel nostro paese e deportati. Queste indagini sono durate 18 anni. Non è stato per nulla facile. Poi, ci siamo adoperati per ritrovare gli ebrei che si erano salvati, investigando su un campionamento amplissimo: ricordo di aver registrato 700 interviste per raccogliere le testimonianze di chi era riuscito a scampare alla tragedia e alla persecuzione nazifascista. Da questo secondo studio, durato otto anni, è nato un libro che si intitola Salvarsi. Gli ebrei d’Italia fuggiti dalla Shoah pubblicato da Einaudi nel 2017.
Dopo di che ci siamo domandati se gli ebrei avessero partecipato a un terzo filone di possibilità di vita che era quella di unirsi alla resistenza. Verso la fine del 2019, mi era stata affidata un nuova ricerca e avevo cominciato – come avviene all’inizio di ogni indagine storica – a leggere tutto quello che gli studiosi avevano prodotto su questo argomento specifico. Tuttavia, non trovavo un filo-conduttore per il mio lavoro. Per una fortunata coincidenza sono venuta a sapere di un fondo documentario che era stato acquisito dall’Archivio Centrale dello Stato: si trattava di documenti prodotti da commissioni postbelliche che si occupavano di rilasciare le qualifiche di partigiani – in base a determinati criteri – a tutti quelli che le richiedevano.
Dunque, grazie a questi nuovi documenti si è potuto dare un nome e un cognome alla resistenza ebraica…
In buona sostanza sì perché parliamo di carte burocratiche. Era stato fatto un appello e si era chiesto a chi aveva partecipato alla resistenza di dichiararsi perché avrebbe evitato di fare il servizio militare e avrebbe ottenuto qualche vantaggio economico. Dunque, le richieste erano state gestite da commissioni regionali. Le pratiche sono poi state versate nell’Archivio Centrale dello Stato ma in maniera piuttosto disordinata. Oltretutto, ogni commissione ha lavorato in modo differente ma negli anni Cinquanta non c’era ancora la coscienza di unificare questi documenti. Ciononostante, le commissioni avevano prodotto dei cartellini che fungevano da indice dei nominativi dei fascicoli: se si doveva cercare un nome prima si risaliva al cartellino e poi si passava al fascicolo del cittadino richiedente. Le domande sono state tantissime, circa 170mila. Per questo motivo, sul momento non era stato facile dominare questo archivio. A parte ciò, i cartellini nominativi sono dei cartoncini e sono stati digitalizzati dall’ICAR, l’Istituto centrale dello Stato. Oggi sono consultabili sul sito Partigiani d’Italia e per gli storici è una fonte assolutamente preziosa. Per quanto mi riguarda, durante la mia ricerca sui partigiani ebrei d’Italia ho avuto la possibilità di consultare questi cartellini prima ancora che fossero pubblicati in Rete.
Tra un gran numero di carte burocratiche, come ha fatto a scoprire l’identità ebraica dei combattenti?
Ho analizzato tutti i cartellini man mano che venivano digitalizzati e ho estratto i nomi di quelli che sembravano potessero essere di origine ebraica, selezionando alcuni cognomi come Levi, Morpurgo, Cohen e altri. Poi, ho creato un mio database che conteneva i nomi di migliaia di persone. A questo punto avevo una lista di individui che forse potevano essere ebrei ma dovevo appurarlo. Come fare? Il CDEC ha utilizzato i censimenti fascisti che le prefetture italiane avevano prodotto nel 1938. Grazie alle precedenti indagini storiche, avevamo questo materiale in archivio e quindi ci siamo messi a controllare se gli ebrei partigiani fossero stati censiti come ebrei dal governo fascista. Dunque, questa è la prima verifica che abbiamo effettuato. Inoltre, chi compariva nei cartellini aveva sicuramente fatto la richiesta di riconoscimento partigiano portando la testimonianza del capo della formazione: era una condizione necessaria per attestare lo status di combattente. Poi, abbiamo cercato di risalire alle famiglie per reperire altra documentazione di supporto. Tale procedimento è stato fatto solamente in tre regioni in base al finanziamento che il CDEC aveva ottenuto nel 2021.
La sua ricerca è dunque un punto di partenza per uno studio più ampio sulla resistenza ebraica tra il 1943-45?
Per adesso ci siamo concentrati su tre regioni (Campania, Lazio e Toscana), compresa un’unità di persone che hanno partecipato alle Quattro giornate di Napoli: il CDEC li considera “resistenti”. Tuttavia, vorremmo continuare nel nostro lavoro ripercorrendo il tragitto degli alleati da Sud verso il Nord d’Italia. In base al nostro modus operandi abbiamo individuato 240 ebrei partigiani: se ci pensiamo è un’enormità! All’inizio non pensavamo di trovarne così tanti. Inoltre, abbiamo considerato come “resistenti” non soltanto coloro che sono stati riconosciuti dalle commissioni regionali e dagli enti pubblici, ma anche quelli che noi abbiamo considerato “resistenti”: persone che hanno dimostrato un particolare coraggio e che hanno salvato altri ebrei, rischiando la vita per il prossimo. Per questo abbiamo incluso anche quegli ebrei italiani che si trovavano fuori dai confini e che si sono arruolati nei servizi segreti o che si sono fatti paracadutare al di là delle linee. Un caso simbolo è quello di Enzo Sereni, che viveva tranquillamente in Palestina ma decise di arruolarsi da volontario, facendosi paracadutare in Italia e rimettendoci la vita. Enzo Sereni è sicuramente uno dei nostri “resistenti”.
Perché il CDEC ha deciso di creare un portale online invece che dare alla luce una pubblicazione cartacea?
Abbiamo messo online un sito che ospita 240 nomi completi con dettagliati dati anagrafici e una brevissima descrizione della storia partigiana di ognuno. Tra questi 240 ebrei abbiamo scelto il profilo di dieci persone per la loro storia di coraggio. Abbiamo creato un focus su di loro, pensando a una piccola mostra digitale e producendo dieci podcast. Chiunque può accedere a questi contenuti collegandosi al sito Resistenti ebrei d’Italia. Inizialmente, la nuova ricerca del CDEC sarebbe dovuta diventare un libro ma abbiamo scommesso sul portale per una questione di modi e tempi legati al nostro lavoro da storici. Quindi, finanziamenti permettendo, vorremmo andare avanti e coprire tutta l’Italia, individuando la totalità degli ebrei che si unirono alla resistenza italiana.