ROMA – “Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”. È l’importante e inedita dichiarazione fatta dal neo-eletto presidente della Repubblica Sergio Mattarella martedì 3 febbraio durante il suo insediamento al Quirinale. L’intera aula ha tributato al ricordo del bambino “vittima del terrorismo” un lungo applauso.
“Mi ha commosso, non me lo aspettavo e soprattutto non mi aspettavo che fosse nelle sue priorità ricordare mio fratello come vittima del terrorismo – ha dichiarato Gadiel Taché, fratello del piccolo Stefano Gaj, rimasto ferito durante l’attentato – A tutto ciò si aggiunge il fatto che la prima visita del neo presidente Mattarella è stata alle Fosse Ardeatine”.
In occasione di quella visita, il neo-presidente Mattarella aveva dichiarato: “L’alleanza tra nazioni e popolo seppe battere l’odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso. La stessa unità in Europa e nel mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore”.
L’attentato del 1982
Erano le 11.55 di sabato 9 ottobre 1982, alla fine dello Sheminì Atzeret che chiude la festa di Sukkot, quando un commando palestinese attaccò la sinagoga di Roma e causò, oltre alla morte del piccolo Stefano, il ferimento di 37 persone. I terroristi prima lanciarono delle granate tra la folla e poi spararono con i mitra. Le famiglie uscivano dal Tempio con i bambini che avevano appena ricevuto la benedizione collegata alla particolare festività.
Degli attentatori ne fu individuato uno solo, Osama Abdel Al Zomar, che venne arrestato in Grecia il 20 novembre 1982, poiché nella sua auto, con la targa di Bari, era stato trovato un carico di esplosivo. Dopo aver scontato un periodo nelle carceri greche per una condanna legata al traffico di armi fu poi rilasciato e fuggì in Libia.