di Anna Lesnevskaya
«È stata una corsa contro il tempo, ma il gioco di squadra ha dato i suoi frutti». Così il presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz, riassume, all’inaugurazione del Memoriale della Shoah di Bologna, l’anno trascorso dalla pubblicazione del bando del concorso internazionale di progettazione fortemente voluto dalla stessa Comunità e sostenuto da istituzioni, privati e cittadini. Il risultato è un’opera pura e semplice nella sua struttura, ma complessa ed estremamente efficace nel linguaggio. Perché è difficile che non si stringa il cuore passando nell’angusta strettoia tra i due muri verticali in acciaio Cor-Ten, che con l’ossessiva ripetizione delle loro ingigantite celle richiamano le baracche dei campi di concentramento, lontane un’eternità dalle “tiepide case” evocate da Primo Levi nella poesia di Se questo è un uomo dell’omonimo libro. Ad ispirare l’opera sono state proprio le testimonianze e il confronto con i figli dei deportati.
«Si tratta di una vera e propria esperienza vissuta dal visitatore – spiega uno dei progettisti, Onorato Di Manno – attirato dagli elementi di grande visibilità del Memoriale che svetta sulla piazza, formata dall’incrocio tra ponte Matteotti e via Carracci, sopra la stazione dell’Alta Velocità di Bologna».
Ed è proprio in ragione di questo forte contenuto simbolico che la giuria internazionale, presieduta da Peter Eisenman, autore del Memoriale della Shoah di Berlino, ha selezionato tra i più di 280 progetti presentati quello dei giovani architetti romani dello studio SET Architects.
Nella sua realizzazione è stata un’opera davvero corale che ha coinvolto diversi soggetti, tra i quali: il Comune di Bologna e la Regione dell’Emilia Romagna, l’Ordine degli architetti del capoluogo emiliano-romagnolo, la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, l’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) e il Museo ebraico di Bologna. Parte dei contributi sono arrivati anche da Las Vegas e in particolare dal Temple Beth Sholom e dalla Jewish Federation of Las Vegas. Il monumento è costato circa 200 mila euro, ma si stanno raccogliendo altri fondi per terminare anche la piazza. “L’idea – spiega l’architetto Andrea Tanci – è quella di continuare sul resto della piazza la pavimentazione interna del Memoriale, composta dal pietrisco tipico delle massicciate ferroviarie, richiamando così l’idea della Judenrampe, il punto di arrivo dei deportati ad Auschwitz”.
Ma intanto sorge imponente sulla piazza il Memoriale ed “è come se il suo interno ricordasse quello che è stato, un passato di un evento tragico, mentre l’esterno fosse una pagina bianca da scrivere per il nostro futuro di pace”, spiega ancora Onorato Di Manno.
Che nelle città italiane, ma anche di tutto il mondo, ci sia un grande bisogno di opere come questa ne sono convinti tutti i presenti, in un Giorno in cui si ricorda il 71esmio anniversario della liberazione di Auschwitz. Tutti sono consci del fatto che, col passare del tempo, stiamo andando incontro a quello che Corrado Augias chiama una “memoria senza testimoni”, e dipende solo da noi tenere vivo il ricordo.
Ed è per questo che il presidente De Paz ha ricordato come questa piazza sia “uno spazio per favorire il dialogo, un confronto per investire sulla pace. Dobbiamo continuare ad opporre resistenza – ha messo poi in guardia – ad ogni forma di violenza, di odio e di negazionismo sempre più crescente a soli 71 anni dalle atrocità del nazismo”. Il presidente della comunità ebraica ha sottolineato anche che il Memoriale di Bologna vuole ricordare tutte le vittime dei genocidi del 20esimo secolo: “Nei campi hanno trovato la morte oltre ai 6 milioni di ebrei, 3 milioni e 300 mila prigionieri di guerra sovietici, un milione di oppositori politici, 500 mila zingari e rom, 9 mila omosessuali, 2.250 testimoni di Geova, 270 mila morti tra disabili e malati di mente”.
Anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha insistito sull’importanza di tenere ben presente la verità storica. “Perché fatti come questo non accadano più bisogna avere il coraggio di dire che la storia ha una verità e non ci consegna ad un relativismo di dire che tutto è discutibile”. Un impegno per difendere la memoria da parte della regione dell’Emilia Romagna è stato ribadito dall’assessore alla cultura Massimo Mezzetti, che ha detto imminente l’approvazione di una legge regionale sulla memoria del Novecento, per favorire la divulgazione, la promozione e la diffusione, soprattutto fra le nuove generazioni, della storia e delle tragedie del 20esimo secolo. I fondi che andranno ad essere sbloccati dal provvedimento sono pari a 2 milioni di euro, ripartiti tra il 2016 e il 2017.
Pur accogliendo con gioia l’inaugurazione del Memoriale, le voci del mondo ebraico presenti in piazza per l’occasione hanno trasmesso un certo senso di angoscia per la situazione che stiamo vivendo. “Deve essere fermo il monito contro l’intolleranza e la paura del diverso che sembra imperversare di nuovo”, ha ribadito Giulio Disegni, vicepresidente dell’Ucei. “Dobbiamo vigilare sulla diffusione di questi fenomeni e diffondere la cultura dell’inclusione – ha sottolineato invece Rafael Erdreich, ministro consigliere dell’Ambasciata d’Israele – che è l’unico strumento per difendere la fragile democrazia”.
Ma almeno nel Giorno della Memoria, nella piazza bolognese che ora ospita il Memoriale alla Shoah, si sono riuniti armoniosamente i messaggi delle religioni e di culture diverse, trasmessi nell’intervento di Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo della Comunità ebraica di Bologna, nel messaggio dell’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, letto dal vicario generale, Giovanni Silvagni, e in alcuni versi del Corano citati da Shaykh Abd Al Wahid Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica italiana. A concludere la cerimonia di inaugurazione il Qaddish recitato dal rabbino Alberto Sermoneta.