di Davide Foa
“Nessun italiano è più conosciuto in Israele di Enzo Sereni”, si legge in un articolo del Jerusalem Post. Prova ne è che in Israele esistono strade e addirittura un kibbutz (Netzer Sereni) che portano il suo nome.
Ma non basta; il 26 aprile prossimo, settant’anni dopo la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, Tel-Aviv ricorderà Enzo Sereni in una serata organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Israele e dall’Istituto italiano di Cultura di Tel-Aviv.
Diversi gli ospiti di rilievo – giornalisti, politici, studiosi, nonché parenti di Sereni – che interverranno su questa importante figura dell’ebraismo e sionismo italiano: il giornalista Paolo Mieli, presidente di RCS libri, Lapo Pistelli, Vice Ministro degli Affari Esteri, Francesco Maria Talò, Ambasciatore d’Italia in Israele, Hilik Bar, Segretario Generale del Partito Laburista, Eitan Broshi, Segretario Generale del Movimento dei kibbutz, Alon Confino, nipote di Enzo Sereni, docente all’Universita’ della Virginia ed all’Universita’ Ben Gurion, Ada Sereni, nipote di Enzo Sereni, Muki Tsur, storico del Movimento dei kibbutz, e Sergio Minerbi, ex diplomatico israeliano e giornalista.
Tanto nota in Israele, la straordinaria vita di Enzo Sereni non gode degli stessi riflettori in Italia, forse anche perché oscurata da quella del fratello Emilio, noto politico e senatore comunista.
Nato nel 1905 da famiglia ebraica romana alto-borghese, Enzo Sereni è stato uno dei più grandi esponenti del sionismo italiano ma anche un valoroso combattente per la Brigata Ebraica. Ad appena 22 anni si trasferì in Palestina, dove, mettendo da parte la laurea appena conseguita, scelse di dedicarsi alla coltivazione dei campi di Rehovot, per poi costruire il kibbutz Givat Brenner.
Nella prima metà degli anni 30 viaggiò per l’Europa e poi anche negli Usa, diffondendo l’ideale sionista e organizzando alyot. In Germania fu anche arrestato, per breve tempo, dalla Gestapo nazista. Una volta scoppiato il conflitto decise di arruolarsi con la British Army; finì quindi in Egitto e in Iraq, dove contonuò il suo impegno anti-fascista e sionista. Il 15 maggio 1944 Enzo fu paracadutato nell’Italia settentrionale sotto il falso nome di Samuel Barda, per unirsi ad ebrei e partigiani italiani.
Fu subito catturato a Maggiano di Lucca. Fu prima portato a Verona, imprigionato e torturato nei sotterranei del palazzo INA, sede del SD, il servizio segreto delle SS.
Da Verona fu trasferito a Bolzano il 25 agosto 1944, portato nel blocco E, dove venivano rinchiusi i prigionieri politici.
Dopo un paio di mesi fu trasferito a Dachau, il sopravvissuto Raffaele Capuozzo, rilasciò una testimonianza delle sevizia subite da Sereni durante la prigionia:
“Il capo-Lager venne con un elenco e chiamò fuori Samuel Barda, capitano paracadutista inglese. Parlò in tedesco, non so cosa disse. Cominciò a sferrargli pugni sulla faccia e questo capitano, sarà stato alto un metro e 55, non si mosse, rimase sull’attenti imperterrito come se gli facessero delle carezze”.
Sereni fu fucilato il 18 novembre 1944, dopo un mese di torture, interrogatori e sevizie nel campo di concentramento Dachau.
Una vita, quella di Enzo Sereni, dedicata all’antifascismo e al sionismo laico, mantenendo sempre un approccio pacifista; non a caso, fin dal suo arrivo in Palestina, Sereni sostenne la necessità di un convivenza tra arabi ed ebrei. Una vita, in cui gli ideali trovarono un’applicazione concreta e non rimasero oggetto di pensieri né discorsi da salotto. Che Israele oggi tiene a ricordare.