di Paolo Castellano e Nathan Greppi
Nell’era di Internet è emersa una nuova figura di personaggio pubblico che si è integrata alla perfezione con i meccanismi dell’ambiente digitale. Questi nuovi punti di riferimento per il popolo del Web sono propriamente chiamati influencer. Gli influencer sono abili comunicatori che stazionano nei social media producendo contenuti testuali, video e audio: i personaggi più popolari in Rete hanno svariati milioni di seguaci. Nel gergo internettiano quelli che seguono le star del Web vengono definiti “followers” e sono molto sensibili ai comportamenti dei loro beniamini che dettano mode e opinioni mediante strategie di comunicazione e di marketing.
L’influencer ha dunque un potenziale persuasivo di enorme portata quando riesce a raggiungere ampi bacini di utenti. Ciò può essere un bene e un male, a seconda degli interessi e degli obiettivi dei personaggi della Rete, dato che un messaggio distorto può provocare serie conseguenze e danni nella vita reale. Come accaduto al di fuori del Medioriente durante l’escalation tra Israele e il terrorismo palestinese quando si sono registrati picchi record di antisemitismo nelle società occidentali.
Il caso delle top model Bella e Gigi Hadid
Un caso esemplare è la vicenda delle sorelle/modelle Bella e Gigi Hadid che durante i combattimenti tra lo Stato d’Israele e Hamas dello scorso maggio hanno utilizzato ripetutamente i loro canali social per una campagna politica anti-israeliana. I messaggi delle Hadid contro Israele sono apparsi prevalentemente su Instagram, dove le modelle di origine palestinese sono molto attive e hanno milioni di seguaci – Gigi ne ha 67 milioni mentre Bella 43 milioni.
Il 22 maggio, le due influencer sono state accusate di aver utilizzato toni antisemiti dall’organizzazione americana World Values Network all’interno di un’inserzione apparsa sul New York Times. Le Hadid sono state criticate per aver sostenuto che Israele stia attuando “una pulizia etnica” nei confronti del popolo palestinese. «Proprio in questi momenti […] Gigi e Bella Hadid stanno utilizzando il loro vasto seguito sui social media per fare un processo a Israele e insistere sulla nostra colpa», è stato scritto nel messaggio pubblicitario.
Lo sfregio di Tasnim Ali al simbolo ebraico su TikTok
Un altro caso assimilabile a quello delle modelle Hadid – questa volta italiano – è quello della 21enne romana di famiglia egiziana, Tasnim Ali, figlia dell’Imam della moschea della Magliana nonché stella e influencer del social network cinese per giovanissimi TikTok. Su questa piattaforma Tasnim spiega con leggerezza e semplicità i principi basilari dell’Islam e oggi è seguita da più di 400mila followers. La sua popolarità è molto cresciuta nell’ultimo periodo tanto che Sky – TV8 le ha proposto un impiego da inviata, mentre Donna Moderna le ha persino dedicato una copertina. Nei suoi contenuti sui social media, la giovane musulmana italiana si prodiga nel produrre video e messaggi per contrastare i pregiudizi sulla religione islamica e per difendere i principi di libertà per le giovani musulmane.
Nonostante il suo impegno per i diritti civili, Tasnim ha attirato una pioggia di critiche per uno dei suoi ultimi video – ora rimosso – in cui la famosa influencer, che si trovava a Roma nei pressi della Basilica di San Paolo, si è fatta riprendere da un’amica mentre sfregava la suola della scarpa sull’asfalto sulla quale era stato disegnato con la penna un Magen David, simbolo sacro dell’ebraismo. «Oh, hai schiacciato una cacca?», chiede una voce fuoricampo, stimolando la curiosità di Tasnim che alza il piede ed espone il simbolo ebraico e israeliano lamentandosi con «Ah, Dio!». Un comportamento clamoroso che ricorda quelli promossi dal gruppo terroristico Hamas o dai pasdaran iraniani che invitano la popolazione a calpestare e a bruciare le bandiere israeliane in pubblica piazza.
Un gesto compiuto anche il 13 maggio a Milano, durante una manifestazione filopalestinese in Piazza Duomo, quando un gruppo di giovani dimostranti aveva calpestato e bruciato una bandiera d’Israele.
Dunque, a causa del suo messaggio antisemita il video di Tasnim non è passato inosservato. A disapprovare la condotta della influencer musulmana è stato il presidente della Comunità ebraica di Milano, Milo Hasbani, che ha parlato di “inaccettabile e vergognoso episodio”: «Non può che esserci ancora una volta la nostra più ferma condanna nei confronti di chi fomenta odio verso Israele e gli ebrei, una condanna che auspichiamo arrivi con la stessa determinazione e forza anche dalle forze politiche, dalle istituzioni e da tutti coloro che non possono tacere e sottovalutare azioni e prese di posizione che hanno come obiettivo la distruzione di un popolo».
Anche Milena Santerini, Coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo, ha criticato il contenuto del video di Tasnim con un messaggio su Twitter, e a Mosaico – Bet Magazine ha rilasciato queste parole: «La mia critica a Tasnim Ali è stata di condannare il suo gesto definendolo pieno di disprezzo e soprattutto di “alimentare odio”. Ciò significa che per la legge italiana rischia una denuncia per istigazione e propaganda dell’odio. Io credo che sia una condanna chiarissima e la più esplicita tra quelle pubblicate, anche perché dall’account Twitter di una esperta della Presidenza del Consiglio. Certo poi non vogliamo metterci sullo stesso piano dell’odio che esprime questa ragazza, perché farebbe il suo gioco, anzi dobbiamo impedire che influenzi altri giovani sensibili a questo tipo di messaggi».
Gadi Luzzatto Voghera, direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, ha invece lanciato un monito sulla vicenda: «Non stupisce per nulla la presenza di questa retorica antisemita nelle giovani generazioni di musulmani in Italia. Ad essere un po’ più allarmante invece è la dinamica della comunicazione: se un influencer decide di mettere in scena questa retorica per allargare il proprio pubblico, è perché sa di trovare molte persone che condividono questo antisemitismo».
Recentemente, un altro caso legato a posizioni anti-israeliane verificatosi sempre sui social media ha infiammato e turbato il mondo ebraico.
La scrittrice Michela Murgia appoggia Hamas su Instagram
Ha infatti suscitato forti polemiche un recente post di Michela Murgia, nota per le sue frequenti apparizioni televisive e per il suo attivismo di sinistra radicale, che gli sono valsi un forte seguito sui social (più di 300.000 follower su Facebook e oltre 110.000 su Twitter). Mercoledì 30 giugno, ha postato sul suo profilo Instagram una storia (poi rimossa, ma di cui si può trovare lo screenshot) con l’immagine di una vecchia chat su Whatsapp con un interlocutore anonimo che le chiedeva cosa ne pensasse della questione israelo-palestinese.
“So che è una domanda complicata, – scriveva il mittente – che è difficile capire dove stanno i torti e le ragioni, ma puoi anche non rispondere subito”. La Murgia rispose testualmente: “Non è affatto complicato. La penso come Hamas”. E nel post, scriveva: “Pulire le cartelle delle immagini e trovare vecchi screenshot di cui andare ancora fieri”.
La Murgia è da sempre schierata a favore di movimenti di estrema sinistra e in passato anche per i secessionisti sardi, anch’essi tra i maggiori promotori dei boicottaggi anti-Israele in Italia: alle elezioni regionali in Sardegna del 2014, si era candidata presidente per un gruppo di liste indipendentiste, non venendo eletta.
Non sono mancate prese di posizione critiche verso il suo appoggio a Hamas: la Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, ha twittato: “Pensarla come Hamas significa sostenere il terrorismo islamista, volere lo sterminio degli ebrei, la sottomissione delle donne e la lapidazione degli omosessuali. È gravissimo ed incomprensibile che Michela Murgia possa sostenere queste tesi inaccettabili e intrise di odio”. Altrettanto indignati vari personaggi della politica italiana, come il senatore forzista Lucio Malan e l’eurodeputata leghista Susanna Ceccardi. Anche il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano, sul suo profilo facebook, ha scritto: “Ci sono opinioni che non si condividono ma si rispettano. Poi ci sono opinioni che sono inaccettabili. Forse non tutti conoscono lo Statuto di #Hamas, organizzazione annoverata tra le organizzazioni terroristiche secondo l’Unione Europea. Qui posso fare solo un esempio dall’Art. 13 del loro Statuto: ‘Non c’è soluzione per il problema palestinese se non il jihad. Quanto alle iniziative e conferenze internazionali, sono perdite di tempo e giochi da bambini’. Faccio mie le parole di Ruth Dureghello”.
Allo stesso modo anche la Coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo Milena Santerini ha condannato il messaggio della scrittrice sarda: «Hamas è un’organizzazione terrorista riconfermata come tale dall’Unione Europea. Noi seguiamo le indicazioni UE della lista, riaggiornata proprio l’anno scorso. Pensarla come un’organizzazione terroristica, evidentemente si qualifica da sé. La mia condanna è totale».
Non è la prima volta che Michela Murgia esprime posizioni contro Israele: durante la crisi di Gaza a maggio, scriveva – secondo l’articolo de L’opinione delle libertà – sullo Stato Ebraico: “Il problema è un Paese guidato da una destra ultranazionalista, suprematista e razzista”. Mentre nell’agosto 2019 – come riporta il sito Italia Oggi, ha preso le difese di Chef Rubio, definendo “un’iperbole” un tweet in cui lo chef ha testualmente invitato i suoi seguaci a “eliminare fisicamente i sovranisti”, paesi specifici indicati con le bandiere di Israele, USA e Brasile. E ai primi di luglio, sempre su Instagram, Murgia posta la foto di quattro poliziotti israeliani che stanno effettuando un arresto, mentre un clown danza vicino a loro, con una didascalia:
“In questo scatto un attivista israeliano travestito da clown corre intorno alle forze dell’ordine durante l’arresto di un dimostrante nei pressi di un posto di blocco nel quartiere di Sheik Jarrah a Gerusalemme Est. Le tensioni tra Israele e Palestina hanno condotto a undici giorni di violenza militare da parte della polizia israeliana, che ha represso con forza le proteste contro il piano di espulsione delle famiglie palestinesi sfrattate per consegnare le loro case ai coloni ebrei. L’immagine è emblematica del livello di profonda ingiustizia su cui si gioca da sempre quello scontro: il manifestante arrestato si intravede appena, ghermito nel gruppo delle divise, e la corsa simbolica del clown intorno ai poliziotti evidenzia il dislivello di forza presente, dove una parte si impone armata fino ai denti e l’altra può difendersi solo con le deboli risorse dell’immaginazione e del simbolismo”.
Chissà se i missili di Hamas, finanziati con milioni di dollari da Iran e Qatar, appartengono, secondo Michela Murgia, alla categoria dell’immaginazione o del simbolismo?