di Ilaria Ester Ramazzotti
“Questo riconoscimento lo dedico a mio padre, l’uomo più importante della mia vita, ucciso per la colpa di essere nato”. Così Liliana Segre questa mattina all’Università La Sapienza di Roma, che in occasione dell’apertura dell’Anno accademico le ha conferito il dottorato honoris causa in Storia dell’Europa.
“Permettetemi di ringraziare tutti, ma in particolare gli studenti, da nonna nei loro confronti, e da loro ho ricevuto molto più di quanto abbia cercato di dare in questi trent’anni”. “Quando sono entrata in Senato l’unica cosa che potevo fare era combattere tutto quello che ha segnato per sempre la mia vita – ha detto nella sua lectio magistralis ‘La storia sulla pelle’ -. Non c’è limite all’odio né all’indurre a odiare, tantissimi possono essere i modi, le ragioni. I ragazzi sono straordinari, hanno la forza della vita e della scelta, è bello insegnare loro a non odiare”.
A dare il benvenuto nell’aula magna alla senatrice a vita è stato il rettore dell’ateneo Eugenio Gaudio, mentre alla cerimonia hanno partecipato il ministro all’Istruzione Lucia Azzolina e il ministro all’Università Gaetano Manfredi con il capo dello Stato Sergio Mattarella, la sindaca della Capitale Virginia Raggi e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
La lectio magistralis di Liliana Segre
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Citando Primo Levi, “il mio maestro”, Segre ha parlato della sua esperienza di vita, dalle leggi razziali alla prigionia ad Auschwitz, dall’importanza delle relazioni personali al valore della conoscenza e della consapevolezza. “Ricordo quando lo scorso anno fui ricevuta dal presidente della Repubblica che mi chiese cosa avessi provato a entrare in Senato, risposi: ‘dentro di me anche se sono molto vecchia, sono sempre quella ragazzina espulsa dalla scuola per la colpa di essere nata ebrea e che oggi mi vede seduta in Senato in quella mia Italia dove sono nata e cresciuta con la mia famiglia – ha spiegato la senatrice, come riporta Ansa -. È cambiato l’aspetto e la coscienza che mi hanno vista colpevole d’essere nata e punita con i perché che non avranno mai risposta, con la consapevolezza che qui nel tempio della Sapienza mi fa ricordare il mio maestro Primo Levi”.
“Qui siamo nel tempio della conoscenza. Affrontando una giornata come questa così umanamente e privatamente importante non posso che ricordare tra tanti professori incontrati nella vita, un povero professore francese prigioniero come me che faceva l’operaio schiavo e io facevo per un certo periodo la sua inserviente portandogli i bossoli di mitragliatrice – ha ricordato Liliana Segre -. Lui vedendomi mi chiese che classi avessi fatto perché lui era un docente di storia. Io facevo la seconda media, gli spiegai. Mi disse: ‘proviamo a essere io e te come eravamo, liberi’. Era un momento assoluto di libertà mentre eravamo vestiti a righe, denutriti, eppure in quegli attimi rubati parlavamo di storia, liberi. Erano momenti di libertà assoluta. Oggi non potevo non ricordarmi di lui, di cui non so assolutamente nulla, eravamo liberi come si è liberi con la conoscenza”.
“All’arrivo nei campi venivano rasati i capelli: era una privazione della femminilità, questa rasatura obbligata la aspettavo in fila – ha proseguito sempre a proposito della sua prigionia ad Auschwitz -. Passò una kapò: avevo una chioma nera selvaggia e questa donna decise che la mia chioma era troppo bella per essere tagliata, rimasi sola con i capelli, tra trentuno ragazze che non li avevano più. Naturalmente dopo pochi giorni si coprirono di pidocchi, mi fu visto passeggiare un pidocchio sul viso e fui mandata da sola nel gelo: mi venivano disinfestati i capelli e fui rapata. I soldati passavano ridendo chiedendosi come mai ero ancora al mondo. Entrò dopo poco una ragazza e si mise vicino a me accanto ad una stufetta, fonte di un po’ di calore, lei era cecoslovacca io italiana. Lei che aveva due o tre anni più di me mi chiese se sapevo qualche parola di latino; sì io lo ricordavo e fu fantastico: con quelle poche parole abbiamo parlato della nostra casa lontana, della patria, della famiglia perduta. Fu fantastico trovare una lingua tra noi due. Quella comunità di due ore non l’abbiamo mai dimenticata, ne sono certa. Lo studio fu fonte di salvezza, aiutava a riprendere il tuo posto nel mondo, affetti perduti, ricordi. Non sono mai stata una grande studentessa, ma avida di conoscenza”.
Gli interventi nel corso della cerimonia
La sindaca di Roma Virginia Raggi, scrive il Secolo XIX, ha detto: “Sono lieta di portare il saluto di Roma: è una giornata speciale per la città e l’ateneo. Alla senatrice rivolgo il nostro grazie per il coraggio, la sobrietà delle parole, perché le responsabilità non vanno dimenticate. Nuovi, troppi episodi di intolleranza colpiscono l’Europa e il nostro Paese. Oggi la sua presenza qui ha un valore ancora più forte”. “C’è nell’esperienza umana e civile della Segre un insieme di principi e valori che parlano a tutti noi. Parlano di memoria e condivisione che sono il cuore della nostra Costituzione e che vivono nello Statuto di Roma Capitale”.
Anche il ministro Gaetano Manfredi ha ringraziato la senatrice “per il contributo alla coltivazione della memoria, alla crescita democratica del paese”, riporta Sky TG24. “L’Università è luogo di creazione e formazione della coscienza critica, del senso civico, è presidio dei valori costituzionali di libertà e democrazia”.
Il governatore Nicola Zingaretti, che ha ribadito “la centralità della scienza e della formazione universitaria, di una nuova generazione promettente ed entusiasta per costruire il futuro”.